Il delegato cubano ha deluso l'attesa degli inviati dì Pechino di Vittorio Gorresio

Il delegato cubano ha deluso l'attesa degli inviati dì Pechino Il delegato cubano ha deluso l'attesa degli inviati dì Pechino (Dal nostro corrispondente) Roma, 5 dicembre. L'on. Giancarlo Pajetta, membro della segreteria del pei, ha stamattina polemizzato vivacemente con i cinesi riaffermando la fedeltà dei comunisti italiani alla politica dell'Unione Sovietica. Era previsto che la sua risposta avrebbe avuto esattamente questo senso, come del pari si prevedeva che i delegati di altri partiti comunisti che hanno parlato oggi — il cecoslovacco, l'olandese e il romeno — si sarebbero anch'essi allineati con il pcus. La vera novità della giornata è stata invece la professione di lealismo verso i sovietici fatta dal segretario generale del partito comunista cubano, Blas Roca. C'era qualche incertezza sull'atteggiamento che avrebbe preso il rappresentante di Castro, e nel suo discorso di ieri il cinese Chao YiMing aveva infatti compiuto un tentativo di annettere i cubani alla propria parte, esaltandoli come i soli rivoluzionari capaci di eroiche azioni di guerra, al pari dei cinesi, e quasi tratteggiandoli come vittime dell'universale opportunismo dei revisionisti contemporanei. Era quindi evidente la speculazione sulle possibili delusioni dei cubani in conseguenza del trattamento avuto da Kruscev nel corso della crisi per i missili. Ha risposto Blas Roca, deludendo il cinese: «Dico qui quel che disse il compagno Fidel Castro: siamo grati all'Unione Sovietica per l'aiuto che ci ha prestato e ci presta. Abbiamo fiducia nell'Urss e nel suo popolo, nel suo partito e nel suo governo, nel suo dirigente compagno Kruscev». Era già detto tutto, nella sostanza, ma Blas Roca ha tenuto a puntualizzare il problema anche sotto l'aspetto politico specifico: «L'Urss — egli ha aggiunto — guidata dal suo ardente desiderio di conservare la pace e di evitare nel medesimo tempo l'invasione di Cuba da parte degli Stati Uniti, ritirò le armi atomiche installate a Cuba e i medi bombardieri, dopo che il presidente nordamericano ebbe fatto una dichiarazione impegnandosi a non invadere Cuba ». Mulatto per sangue, già calzolaio di mestiere, militante comunista per ventisei anni, Blas Roca è considerato il « Moscow's man in Havana», il vero uomo di Mosca all'Avanai longa manus del Cremlino a Cuba, strumento per la penetrazione dell'ortodossia marxista tra le messianiche vaghezze del castrismo. Ebbe il suo primo contatto con Mosca in occasione del settimo congresso del Comintern, negli anni 30, e il più recente come osservatore al XXII congresso del pcus. E' sempre stato un comunista di indefettibile obbedienza sovietica e dalla tribuna del pei ha stamattina disilluso i cinesi circa la possibilità di un allontanamento dei cubani da Mosca. Egli ha difatti nominato la Cina soltanto di sfuggita, elencandola nella serie dei Paesi, come la Cecoslovacchia e la Germania Orientale, ai quali Cuba deve qualche gratitudine per gli aiuti commerciali ricevuti nei momenti più duri della sua crisi economica. Sullo stesso terreno si è tenuto Pajetta nel parlare di Cuba, rinfacciando ai cinesi che «quel popolo è stato difeso dall'Urss che ha salvato la pace». Su questo punto è unanime la valutazione dei comunisti italiani, concordi con i cubani, ed i cinesi faranno bene a non nutrire al riguardo la minima illusione: « Da noi non vi sono frazioni — ha detto Pajetta, come per respingere possibili tentativi cinesi, di provocare scissioni nel pei — e voi non dovete fraintendere l'applauso che vi ha rivolto ieri il congresso. Esso si rivolgeva alla vostra rivoluzione e al vostro grande partito, ma tutto il congresso è unanime nel respingere il vostro attacco inaccettabile e nel condannare le vostre posizioni ingiuste ». Pajetta parlava tenendo il braccio e puntando il dito verso sinistra, in direzione della tribuna dove siedono al congresso le delegazioni straniere. I cinesi sono al centro come ospiti d'onore fra i più ragguardevoli, e stamane seguivano impassibili l'attacco di Pajetta, ricevendone in cuffia la traduzione. Agli applausi finali di tutta l'assemblea non si sono associati, come era logico, e per di più, in contrasto con le usanze di correttezza e cortesia, sono rimasti dimostrativamente a sedere mentre tutti si alzavano. Vittorio Gorresio