L'AVVENTURA POLITICA CHE HA MINACCIATO LA PACE DEL MONDO

L'AVVENTURA POLITICA CHE HA MINACCIATO LA PACE DEL MONDO L'AVVENTURA POLITICA CHE HA MINACCIATO LA PACE DEL MONDO Nemmeno Kruscev è riuscito a orientarsi nella rivoluzione cubana, romantica e folle Castro non è un comunila coscienza della realtàtumultuoso disordine - (Dal nostro inviato speciale) New York, novembre. « Fidel — dice Matthews — non è un uomo normale. E' un anarchico'spagnolo, non sarà facile nemmeno ai russi controllarlo e non potrà finire bene per lui ». Herbert Mattheivs, editorialista del New York Times per l'America Latina e autore del « best-seller » The Cuban story, è il cittadino degli Stati Uniti che conosce Castro piti da vicino: lo scoprì nella Sierra Maestra quando tutti, compreso il dittatore Batista, assicuravano che era morto, e ne fece un mito dell'emisfero, un Robin Hood latinoamericano. Castro gliene è ancora grato, anche se oggi Matthews lo considera finito. Arthur Schlessinger, lo storico assistente di Kennedy e studioso dell'America lattina, mi ha espresso opinioni analoghe. Tutti gli americani che ho interrogato, avendo cura di scegliere coloro che 11 llllll 111 II 1111 ) 11 rll 1111111 Mllllllll ista, ma un anarchico spagnolo privo di equilibrio nervoso - E' un irrazionale ; gli mancano il senso dello Stato, una dottrina coerente, à - Poteva costruire un paese nuovo, dopo la coraggiosa guerriglia contro Batista; sta precipitando, invece, verso il disastro in un Egli stesso sa di essere isolato e detestato; cambia ogni notte rifugio; continua ad affermare: «Sarò assassinato, prima o poi» llllMIIIIIIMriMtIMIIIIlllllllIIIIIIIItlllllll Ili 11 Hparlano senza rancore, e anzi con un fondo di simpatia umana, di comprensione almeno per alcuni aspetti della tragedia cubana, prevedono per Castro un epilogo folle e doloroso: si è messo e continua a mettersi fra gli ingranaggi della guerra fredda. Non diversa pare che sia l'inclinazione dei russi, anche se con un forte senso di colpa: hanno sbagliato a spese di Castro, eppure, fin dall'inizio, i rischi insiti nel fenomeno castrista erano stati esattamente valutati in Russia, almeno quando Cuba era solo uno spettacolo di folklore rivoluzionario. « Somos socialistas, ay que risa, ay que risa»; cosi cantavano i primi giovani fidelisti che nel '60 giunsero ospiti a Mosca, con le loro barbe e chitarre. Gli stil laghi russi non persero l'occasione per farsi crescere la barba e ballare anch'essi il « cha cha chat rivoluzionario. I comunisti sovietici erano imbarazzati. «Ay que risa»: non capivano di che ridessero quei piccoli cubani. La guerriglia di Castro contro Batista, beninteso, era stata seria. Ma come il comportamento dei suoi accoliti e di lui appariva anarchico, allo stesso modo la riforma agraria cubana, insieme con la nazionalizzazione del commercio, era stata precipitosa, romantica. Niente di simile alla lunga tenacia sovietica prima e dopo la Nep. Verso gli Stati Uniti, i cubani erano solo ostili, non anche rispettosi, mentre i russi rispettano la potenza. Si dice che Kruscev, durante l'incontro con Kennedy a Vienna, nel '61, definì Castro « un romantico inattendibile ». E' facile capire che Mosca utilizzasse Cuba come leva politica nell'emisfero americano e l'aiutasse anche, comprando zucchero e vendendo petrolio. Ma come Kruscev sia giunto poi a dislocare missili in quella focosa jff^a, di jreQQfgljfa dentcsca e di populismo contadino, è tuttora oscuro. Cuba sembrava un padiglione provvisorio, domenicale, di socialismo a buon mercato. Forse i russi furono confusi quando videro poi che Castro sopravviveva, minacciato solo da modesti sbarchi di fuorusciti, mentre l'America limitava la propria ostilità ad equipaggiare i commandos. / cinesi furono i primi a mandare aiuti militari. Forse fu quel clima di facilità, di leggerezza, a inebriare i russi a poco a poco trascinandoli alla ventura. E fra tante risa, forse pensarono di approfittare di Castro per mettere in rispetto gli estremisti cinesi e opporre all'America un deferrent ravvicinato, negoziabile poi nelle future dispute su Berlino. Vi è nel fidelismo una sorta di ansia del tumulto. Ogni questione appare solubile con l'audacia, sfidando magari una bella morte: «Vamos a la calle, y que nos maten ». ENNE INAUG ill M111 11 11 11111111 II t II 11 II 11 111111111H1M1111111 Castro fu contagioso per i russi: diversamente non si spiega come Kruscev abbia creduto che l'America, sofferente ancora per lo choc di Pearl Harbor, avrebbe sopportato i missiK a Cuba, e che un ripiegamento russo sarebbe stato facile, sotto gli occhi di fidelisti e cinesi. Nessun dubbio che Castro fosse al di là del razionale. Bastava osservarlo sui teleschermi, che egli usava lenza parsimonia come strumento di governo, al par: lei « Grande fratello » nel romanzo di Orwell. Nell'interrogatorio televisivo dei fuorusciti catturati dopo lo sbarco del '61, offri numerosi tests del suo modo di argomentare. Per esempio, disse Fidel: « Avete sentito che ora in Cuba tutti, compresi i ministri, dobbiamo ondare a tagliare canna da zuccherai ». Prigioniero: <No, signore ». Fidel: « E voi siete venuti per rovesciare un governo, i cui ministri vanno a tagliare canna da zucchero ». Il segreto per capire le rtvoluzioni sta nel tener conto che ad attuarle sono piccole minoranze di fanatici. Ma Castro era sempre al di là. Sullo Stato, sebbene avesse studiato giurisprudenza, le sue idee non urtavano solo i principi anglosassoni; preoccupavano anche i russi, che dopo Stalin avevano appreso almeno la necessità di una « legalità socialista ». Quando il Tribunale di Santiago de Cuba mandò assolti 48 aviatori, che avevano appartenuto all'esercito batistiano. Castro s'improvvisò giudice, annullò la sentenza dicendola « un grosso errore », li fece processare di nuovo e condannare. Castro non ha neppure un minimo di coerente dottrina politica, che ne regoli gli atti. Theodore Draper lo defini « uno dei più grandi pseudo-messia del secolo ». Agli occhi dei russi, potréb.b'essere nato da un mqtrimonio fra Trotzki) ed Evita Perón: non sarebbe diverso. Non fu mai comunista, se non nelle sorde semplificazioni di coloro che, in America, ragionavano come Nixon, in base al sillogismo: « I comunisti sono rivoluzionari, Castro è rivoluzionario, dunque Castro è comunista ». Nessuno stupore che oggi respinga gli accordi fra Kruscev e Kennedy, non sappia prendere atto delle necessità. « Se non sei capace di adattarti — dice Lenin —, se non sei pronto a strisciare con la pancia sul fango, allora non sei un bolscevico, ma una scatola di chiacchiere». All'origine, Castro era un nazionalista di sinistra, un prodotto del dopoguerra e della sua società. Posto che le scosse violente sono inevitabili in quelle che Walt Whitman Rostow, lo studioso consigliere di Kennedy, definisce « società di transizione », occorre non dimenticare che se prima del '^5 tali sussulti erano stati na¬ URAZIONE si, detestato dagli americani, aizzato dai cinesi, circondato dai nemici e dagli amici delle sue vittime. Anche se al confronto di Batista pare non abbia seminato troppi lutti, solo nel '."9 fece fucilare 550 cubani. Erano batistiani. è vero, e spesso autentici criminali. Ma oggi lo stillicidio delle esecuzioni continua fra gli stessi suoi vecchi amici. Ha messo in carcere il giudice Manuel Urrutia Leo, primo capo dello Stato rivoluzionario, e pensino Huber Matos, già suo luogotenente nella guerriglia della Sierra Maestra. La New Republic, rivista della "sinistra liberale a. ericana, ospita quasi ogni settimana lettere di radicali appena fuggiti da Cuba. Certo, come si dice in simili casi, « una rivoluzione non è un trattenimento mondano » Ma ve n'è abbastanza perché Castro viva col presentimento della fine, dormendo ogni notte in un luogo diverso. Ha confidato a Francisco Juliao, capolega dei contadini brasiliani: « Sarò assassinato, prima o poi, per una via dell'Avana». zionalisti e d% destra, sconfitto il fascismo sono stati sempre nazionalisti e di sinistri. In alcuni casi la differenza è stata minima: appena quindici anni prima, Nasser sarebbe stato un alleato dell'asse. Soekarno, che fu già collaboratore dei giapponesi, ebbe appena il tempo di rovesciare l propri emblemi; Perón, già filonazista, ottiene il voto dei comunisti argentini. In altri casi, come l'Algeria e Cuba, il divario era ben maggiore. In particolare Castro era indotto a distinguersi dal nazionalismo incidentale degli uZfimi caudillos militari dell'America Latina, in verità puri e semplici malversatori e forcaioli: Batista, Somoza, Trujillo, Perez Jiménez. Ma ciò non bastava a farne un comunista, e nemmeno un socialista. Verso il comunismo fu spinto, sebbene a suo modo, dalla pressione delle forze avverse, facendo di Cuba un satellite sovietico, che oggi non vuole stare in orbita, attirato dal vuoto. Questa è, per l'appunto, la cattiva sorte di Fidel: incompreso dai comunisti rus¬ Alberto Ronchey l|||l||||l|ni!!IIM!Mllllllli!»illlMHIIMIIi|IIIUIIIII!IIM!llliiMi!i!ii|lll|iiill!lll!M!IIIIIIMIIIIIIIIIIM Si terrà a Milana il congre Il Comitato mondiale dei giuristi condanna la dittatura castrista Ginevra, 20 novembre. La Commissione internazionale dei giuristi, una organizzazione formata da giudici, avvocati e professori di diritto di 190 Paesi, in una relazione di 267 pagine denuncia oggi il regime cubano di Fidel Castro definendolo una «dittatura che ha tradito la fiducia del popolo ». La Commissione condanna aspramente la totale abolizione del diritto nella Repubblica dei Caraibi e afferma che il regime di Castro è sceso al livello di quello del suo predecessore Fulgencio Batista; < l'infausto cerchio della oppressione alla libertà è stato nuovamente chiuso», afferma il segretario generale della Commissione, air Leslie Munro della Nuova Zelanda, nella prefazione dell'inchiesta condotta sulle dichiarazioni del governo cubano. Il rapporto ricorda che la Commissione, che si oppose per lungo tempo « al crudele, autocratico e corrotto » regime di Batista si congratulò con Castro quando questi, nel gennaio Idei 1959, salì al potere. sso nazionale