Forse fra non molto sarà svelato il mistero sull'orribile delitto di Roserio

Forse fra non molto sarà svelato il mistero sull'orribile delitto di Roserio Forse fra non molto sarà svelato il mistero sull'orribile delitto di Roserio Poche ore prima d'essere ucciso e bruciato Arturo Santato litigò con il figlio Egidio Una famiglia disgrDopo l'allucinante I figli di Arturo Santato, l aziata e squallida - La v dramma di Terrazzano, 'uomo ucciso e bruciato a Ro ittima girava per le fie vivevano in una bara serio: i fratelli Flavia, Otello e ere di paese vendendo qacca : eppure, pochi giorni d Egidio Santato (Telefoto) quadri infantili che lui fa, avevano depositato e n a o e e e (Nostro servizio particolare) Milano, 19 novembre. Quasi ogni giorno le periferie delle grandi metropoli sono teatro di torbidi drammi che talora si concludono tragicamente. E Milano non fa eccezione alla regola. Quasi sempre queste tragedie hanno per protagonisti la miseria, la passione amorosa, le difficoltà di ambientamento, la solitudine, la disperazione. Il dramma della famiglia Santato è diverso. Esce da tutti gli schemi, o per lo meno ne è uscito definitivamente il 10 ottobre del 1956, il giorno della tragedia di Terrazzano. Prima di allora anche la storia dei Santato rientrava — per lo meno in apparenza — in un triste alveo di « normalità »: un padre ormai anziano, una madre e tre figli che decidono di abbandonare il Polesine per venire a Milano in cerca di miglior sorte, lasciando in un ospizio la nonna quasi novantenne. Se non fosse stato per certi trascorsi del padre, incline al bere, e soprattutto per un altro figlio (il primogenito, Arturo, ricoverato da qualche anno al manicomio criminale di Aversa, dove dicono passasse il tempo su libri di ipnotismo e di dottrina yoga), la loro vicenda sarebbe stata simile a quella di decine di altre famiglie che quotidianamente scendono dai convogli provenienti da Est e da Sud e si raggruppano, scure e intimidite, sulle banchine della stazione di Milano. Come gli altri, infatti, trovarono un modestissimo alloggio fuori delta città, come gli altri si arrangiarono in occasioni di ripiego per racimolare qualche soldo. Poi il ritorno di Arturo dal manicomio criminale di Aversa, la nuova esplosione di pazzia, la tragedia. Quello di Terrazzano è stato senza dubbio il dramma più agghiacciante di questo dopoguerra. Agghiacciante non tanto per il sangue versato (vi perse la vita il giovane operaio Sante Zennaro), quanto per la sua assoluta irrazionalità, per la sua lucida e spaventosa follia. La piazza inondata di sole, il cielo terso come raramente succede nei dintorni di Milano, la folla ammassata come in un giorno di mercato. E invece del suono delle campane o dei rumori festosi di una sagra, un silenzio tragico, assoluto. Lassù, al balcone delle scuole comunali, il folle che facendosi schermo delle bambine terrorizzate, punta la rivoltella verso la piazza, annuncia che farà saltare un tubo di tritolo, minaccia di sfregiare le piccole nelle sue mani. Chiede duecento milioni, parla di depositi in banca, di fuga in America. Vuole dei polli, e glieli danno, pretende una radio, e gliela fanno arrivare, vuole parlamentare con le autorità, e le autorità accorrono. Tutto perché la strage non si compia. Sembra che un ingranaggio abbia cessato di funzionare non soltanto nella mente del folle, ma nel meccanismo dell'intero universo. Anche la tragica soluzione — con l'uccisione di Sante lzts stesso dipingeva 2 milioni in banca e Zennaro non da parte dei due mentecatti, come sarebbe stato in un certo senso < naturale >, ma da parte della polizia per un tragico involontario errore — sembra uno strascico della misteriosa irrazionalità che quel giorno dominava l'atmosfera del paesino lombardo. Poi, come sempre succede, Terrazzano e il mondo ripresero il loro regolare ritmo di vita. Non così la famiglia Santolo. Per essa, pur riaffiorando nel grigiore dell'anonimato, ha continuato a funzionare il < metro » folle di quel giorno, la < misura > irrazionale di Terrazzano. Non alludiamo tanto al primogenito Arturo, rinchiuso di nuovo nel manicomio criminale di Aversa, dove avrà ripreso a farneticare sulla dottrina yoga e sui misteri dell'ipnotismo; e neppure al secondo protagonista della vicenda, Egidio, il balbuziente, completamente succubo del fratello, che ha passato sei anni in carcere. Alludiamo a loro, ai due vecchi, che dopo a tragedia del 1956 erano andati a vivere con l'ultimogenito diciassettenne in una miserabile baracca, o meglio in un deposito di attrezzi senza luce elettrica, sperso fra i campi, pur avendo un paio di milioni in banca. Lei, la madre, vittima di due incidenti stradali, era costretta all'immobilità, e per esercitare il suo modestissimo commercio di stringhe si serviva di una carrozzella dalla quale ostentava la sua disgrazia. Per il padre, Arturo Manlio Santato, il < metro > di Terrazzano aveva preso la forma di una bonaria mania. Invece di dedicarsi attivamente ad un qualsiasi lavoro, si era messo a dipingere quadri che riusciva a vendere per poche centinaia di lire nelle osterie di paese. Dipinti modestissi mi, elementari, quasi infanti li; e tuttavia più vicini alle opere di certi pittori aprimi tivi> che alle odalische o alle t onde trasparenti > delle aste di terz'ordine. Si credeva un vero pittore e passava ore e ore a scrivere lettere a mercanti d'arte, a prò prietari di gallerie e ad addetti culturali per ottenere la realizzazione del suo unico sogno, una mostra personale. Era una follia, evidentemente; ma una follia mite, meno grave certo di altri suoi vizi. E il « metro > di Terrazzano, la « misura » di quel 10 ottobre 1956 mal si concordano con bonarietà e mitezza. Hanno bisogno di qtialcosa di più, di tragedie maggiori. Così, giovedì scorso, Arturo Manlio Santato — il vecchio polesano amante del vino, l'uomo dal nome che sa di pianura veneta e di immagini sacre — è finito nel più tragico dei modi. E' stato tramortito a martellate, poi è stato legato, cosparso di benzina, bruciato vivo. Questo in una marcita deserta che sta esattamente al centro di un quadrato delimitato da un lato dal cimitero di Musocco, dall'altro dal sanato rio di Vialba, da un terzo dall'allucinante fabbrica chimica di Pero che inonda il cielo di nuvole giallastre, e dall'ultimo lato da un paese: Terrazzano. stln Gaetano Tumiati

Persone citate: Arturo Manlio Santato, Arturo Santato, Gaetano Tumiati, Zennaro

Luoghi citati: America, Aversa, Milano