Ignazio Silone, socialista senza partito crede solo nella libera volontà dell'uomo

Ignazio Silone, socialista senza partito crede solo nella libera volontà dell'uomo UNO SCRITTORE INSIGNE CHE NON FA PARLARE DI SE' Ignazio Silone, socialista senza partito crede solo nella libera volontà dell'uomo A trent'annì dalla rottura con i comunisti, non si è consolato delle speranze e delle illusioni perdute - Il Pei gli sembra, oggi, una « grossa amministrazione », efficiente per raccogliere voti ma povera di slancio interno - Egli sottopone a implacabile esame critico tutti i miti, anche quello del proletariato come strumento fatale del progresso - E non crede nei letterati che si sforzano di dimostrarsi « impegnati »: il solo impegno che merita. rispetto nasce da una vocazione morale (Nostro servizio particolare) Roma, novembre. Nel presente clima di < industria culturale » vi sono scrittori di cui si parla ogni cinque minuti. Formano un gruppo soleggiato, in vista, sono sempre gli stessi. E vi sono scrittori, al contrario, che preferiscono l'ombra, ed il riserbo dignitoso. Ma non per questo \:algono meno degli altri. Di essi, uno dei più appartati è certo Ignazio Bilone. Ci troviamo uno di fronte all'altro, in un modesto salottino di casa sua. Parliamo à bàtons rompus, ma tutto ciò che esce dalla sua bocca porta il segno di una lunga, tormentata riflessione. Non c'è problema, sembra, che il cervello di Silone non abbia cercato di mettere al vaglio del suo forte senso critico, demolitore: e ben poco è rimasto in piedi. In realtà, il centro del¬ l'esperienza, di Silone è un crollo delle sue più ambiziose speranze. Giovanissimo, aveva scommesso tutta la sua vita su una carta: la rigenerazione della società, ad opera, del partito comunista, del quale parve destinato a diventare uno dei massimi leaders. Dall'epe. 1. delle leggi speciali che affermarono la dittatura fascista al '28, egli fu il capo dell'organizzazione clandestina del partito in Italia. Se non ne fosse uscito, oggi Silone sarebbe uno dei primissimi dirigenti del pei; godrebbe di un prestigio non inferiore a quello di Togliatti. La rottura col partito (1931), come lo scrittore confessa in Uscita di sicurezza fu un lutto. « Ed io vengo da una contrada in cui il lutto si porta a lungo >. In un certo senso, ho l'impressione che Ignazio Silone il lutto lo porti ancor oggi, a trent'annì di distanza. E non perché egli covi un qualsiasi pentimento o nostalgia — che anzi, col' passar del tempo, i motivi della sua rottura col comunismo si sono fatti sempre più profondi e consapevoli. Ma chi nasce idealista e credente, non vede infrangersi il mito, il sogno in cui s'è riposta tutta la fede, senza soffrirne come di una diminuzione della vita, e per sempre. Le ragioni di questo choc permanente, Silone le descrive molto bene. < Com'è monotona la stupidità umana. Il meccanismi mortifero è sempre lo stesso: ogni gruppo o istituzione sorge in difesa di un ideale, ma strada facendo si identifica con esso, e poi vi si sostituisce, ponendo al vertice di tutti i valori i propri interessi. Chi nuoce al partito — dicono — nuoce alla storia >. La conversazione con l'autore di Fontamara è un viaggio in mezzo a molte rovine. Il suo ripudio dell'ottimismo a sfondo positivistico e ottocentesco, della fede nel movimento fatale del progresso, è netto: « Il mondo potrebbe rovinare in un baratro: il pericolo della distruzione atomica è nelle possibilità reali. Nulla è deciso in anticipo ». Una volta, dice Silone, dal perìodo della Prima Internazionale alla prima guerra mondiale, si poteva essere sicuri che ogni moto operaio avesse un contenuto progressivo. Oggi non più. I sindacati peronisti, fascisti, salazariani che abbiamo visto sorgere dopo il '14, sono lì a dimostrare che la. classe operaia non è fatalmente predestinata al bene. La cosóienza di classe non è più un prodotto naturale della classe. In parole più semplici, i calli alle< mani non sono un segno automatico di democrazia e di progresso: occorre guardare nelle coscienze, negli occhi. Parliamo della Russia. SiIone è convinto che Kruscev è portatore di aspirazioni che provengono dal basso; ma occorre precisare che le aspirazioni distensive del popolo russo scappano avanti allo stesso premier sovietico. Egli tenta di salvare lo Stato adattandolo meglio alla pressione popolare. Una specie di riformismo alla rovescia. Non è detto che ci riesca. Per giudicare degli avvenimenti politici occorre molto tempo. Tocqueville scrisse che le dittature entrano in crisi non quando infieriscono, ma quando allentano i freni. Parliamo del comunismo italiano. Il partito, dice il mio interlocutore, è diventato una grossa, amministrazione. I comunisti continuano a votarlo, ma ne seguono fiaccamente le direttive. Gli stessi iscritti frequentano pochissimo le assemblee. Il pei, dunque, è una forza elettorale, non una forza d'urto. Non bisogna dimenticare, del resto, che Stalin tolse al partito italiano ogni prospettiva, rivoluzionaria con gli accordi di Potsdam e di Yalta. Per i comunisti, il frontismo è essenziale. Perciò, se il processo di differenziazione dei socialisti continuerà ad accentuarsi, essi accuseranno sempre più quello di cui temono più di ogni altra cosa: l'isolamento. Se è vero che l'esperienza centrale di Silone è il crollo di un XValhalla in cui aveva cecamente creduto, non vuol dire che il suo animo inclini, per contraccolpo, allo scetticismo. E' venuta meno la fede nella « immancabile > palingenesi del mondo; ma ad essa non si è sostituita la. certezza della rovina. Il suo pensiero è problematico. Il mondo può elevarsi o precipitare: ciò dipende dagli uomini. E' rimasto socialista, ma non è iscritto ad alcun partito. Dice: « Sono un socialista senza partito e un cristiano senza chiesa >. Dal naufragio giovanile e dai travagli che l'hanno portato ii alla, maturità (ha 62 anni) ha salvato alcune certezze, cui ama. aggiungere l'aggettivo di «cristiane». Non in senso confessionale. Quale libero pensatore, Silone non ha nulla da chiedere al cielo. Ma nel senso di un'adesione ad alcuni principi fondamentali che costituiscono la grande eredità del cristianesimo, e che gli vennero inculcati dalla religione dei padri: il rifiuto di ogni determinismo, il sentimento della libertà dell'uomo, per il bene e per il male. Nulla è prestabilito in anticipo; è la volontà dell'uomo che decìde. Una convinzione, come si vede, che accenta il problema della responsabilità. < Questo è troppo poco per costituire una professione di fede — dice — ma abbastanza per una dichiarazione di fiducia >. Ignnzio SiIone, dunque, non è approdato allo scetticismo. Devo dire, anzi, che raramente ho sentito un uomo parlare con accento più accorato, quasi religioso, dei « valori » che egli oggi sembra porre in cima a qualsia¬ si altra cosa: l'onestà, la rettitudine, la passione morale. Se l'uomo è libero, più serie, più gravi sono le responsabilità delle sue scelte; ecco la lezione di fondo, che esce dall'ombra raccolta di questa, stanza. Ma ci si sbaglierebbe nel vedere in Silone un bigotto del moralismo; che anzi egli rivela un animo dei più tolleranti. Quando, avvicinandoci dai pensatore allo scrittore, gli chiedo se ritiene che gli uomini di penna debbano essere engagés, egli sorride. c L'impegno è valido solo ee è volontario — dice —; non credo agli scrittori che affrontano i problemi sociali per ordine dei partiti. Il solo impegno desno di rispetto è quello che corrisponde ad una vocazione personale. Ciò significa che riconosco il diritto di un artista di non essere impegnato. Quando sento il bisogno di buona poesia leggo Leopardi, e non ricerco in lui l'uomo impegnato; e quando ho voglia di buona musica non mi metto mica ad ascoltare l'inno di Mameli ». Alfredo Todisco

Luoghi citati: Italia, Potsdam, Roma, Russia, Yalta