Piani regionali per gli immigrati

Piani regionali per gli immigrati La 'Igyolo rotonda, sulla programmazione Piani regionali per gli immigrati Sottolineata al convegno economico romano la necessità di attribuire particolari facoltà di pianificazione ai grandi centri del Nord - Torino He novantamila nuovi arrivati all'anno accogli Roma, lunedì mattina. Zia < tavola rotonda > dedicata alla programmazione ha concluso stamane i suoi lavori a Palazzetto Venezia. In questa seconda ed ultima giornata del convegno la maggiore attenzione e stata dedicata ai problemi della piantflcaziona regionale e a quelli della strumentazione amministrativa e legislativa del Piano generale. Vari studiosi hanno sottolineato il pericolo della attribuzione di poteri specifici alle regioni in materia di programmazione economica. A giudizio del Novacco, ad esempio, bisogna, evitare che le regioni più ricche possano svilupparsi anche in avvenire più rapidamente delle altre, approfittando del fatto che già posseggono centri di studi e di ricerche in materia di programmazione (l'Ires a Torino, l'Ilses a Milano). Le regioni meridionali, più povere, rimarrebbero in tal caso sacrificate. Gli ha risposto il prof. Porte dell'Università di Torino, sostenendo che gli studi di economia regionale compiuti in Piemonte e in Lombardia recano contributi decisivi alla conoscenza di certi settori dell'economia nazionale, oggi concentrati in tutto o in parte in quelle due regioni. D'altra parte anche in tali regioni si pongono gravi problemi che esigono interventi immediati e programmati delle autorità locali: è il caso di Torino, con i suoi 90 mila immigrati all'anno e con le relative imponenti spese d'insediamento. Si può deplorare che l'esodo rurale del Mezzogiorno faccia affluire nel grandi centri del « triangolo industriale > masse così grandi, ma, in attesa che l'industrializzazione del Sud faccia sentire i suoi effetti, si deve riconoscere che le autorità locali non possono non preoccuparsi di fornire ai nuovi arrivati i servizi pubblici indispensabili (scuole, ospedali, trasporti, case, ecc.). Il prof. Compagna ha invece espresso la. preoccupazione che la politica, irl ccrso nel Mezzogiorno concentri popolazione e risorse tung© il perimetro costiero! svuotando le zone interne collinari 6 montuose. Bisogna, perciò individuare anche degli assi di sviluppo interni, lungo 1 quali creare un certo numero di poli di sviluppo; a suo avviso que sti assi non possono essere che le grandi autostrade: la Napoli-Bari; la Salerno-Reggio Calabria, secondo di tracciato prescelto che abbandona per lungo tratto la costa tirreni ca; la Basentana. Per un altro relatore, il dott. Carbonetti, condizione pregiudiziale per una politica di piano è la riforma dell'amministrazione dello Stato, sia per quanto riguarda le strutture che il trattamento economico dei pubblici dipendenti; nella impossibilità di procedere ad una riforma generale, occorre provvedere senza indugi alle carriere tecniche, nelle quali le carenze quantitative e qua litative sono più gravi. Un costituzionalista, il prof Predieri, ha chiarito come al lo stato attuale il Piano gene rale debba essere approvato dal Parlamento e come le regioni, salvo forse la Sicilia non abbiano competenza le gislativa in materia di prò grammazione. Nella sua replica Anale il relatore prof. Meynaud ha fornito alcuni interessanti giudi zi. Tutte le grandi categorie economiche' ■ debbono essere consultate, ma il potere politico non deve essere vincolato dai -pareri raccolti; ai sindacati non si può chiedere di rinunciare alla loro funzione rivendicativa, perché ciò potrebbe dar luogo a forme di anarchia sindacale. Circa le imprese pubbliche ha convenuto sulla necessità di un riordinamento sia in Italia che in Francia, per adeguarle alle necessità della politica di piano. Per le ragioni si è dichiarato favorevole ad una politica di sviluppo selettiva, ossia non indiscriminata. In linea generale il successo di una seria programmazione è affidata ad un accresciuto prestigio del Parlamento e ad una informazione sempre più nutrita e capillare dell'opinione pubblica. Ar. b.

Persone citate: Carbonetti, Compagna, Novacco, Predieri