Che cos'è l'Eni di Arturo Barone

Che cos'è l'Eni Che cos'è l'Eni E' un gigantesco complesso nel pieno di un tumultuoso sviluppo - In un decennio è diventato uno dei gruppi industriali più forti d'Europa - Dopo gli impianti nell'Italia settentrionale, sono in corso iniziative per centinaia di miliardi nel Mezzogiorno e in Sicilia (Nostro servizio particolare) Roma, 29 ottobre. Per chi non abbia seguito attentamente le cronache dell'economia italiana di questo dopoguerra è difficile farsi una idea adeguata dell'Eni. Le difficoltà sono di due ordini: da un lato, si tratta di un impero industriale creato dall'audacia e dalla tenacia di una sola persona; d'altro lato, si tratta di un gruppo ancora in fase di crescita tumultuosa, i cui progetti già realizzati sono di gran lunga meno numerosi di quelli in fase di realizzazione o di studio. Una fotografia della situazione attuale rischia pertanto di risultare troppo poco significativa per chi abbia una visione, staremmo per dire cinematografica, di quello che l'Eni era pochi anni or sono e avrebbe dovuto diventare nel giro di pochi anni. Non è del resto un caso che il suo creatore Enrico Mattei, sia caduto nel corso di un viaggio di trasferimento dalla Sicilia, dove si era impegnato a nuove iniziative per lo sfruttamento del metano scoperto in provincia di Enna, alla Lombardia, dove il giorno dopo avrebbe dovuto inaugurare una nuova raffineria a San Nazzaro dei Burgundi (Pavia). Un rapido cenno storico appare quindi necessario per offrire un'idea più concreta del dinamico sviluppo dell'Eni. Istituito con legge dell'aprile 1953, l'Ente nazionale idrocarburi nacque come società finanziaria (holding) per il controllo e il coordinamento delle attività di quattro aziende capogruppo con responsabilità distinta — grosso modo — per i seguenti settori: 1) Agip Mineraria, per la ricerca e la produzione di idrocarburi; 3) Snam, per il trasporto e la distribuzione di metano; 3) Agip, per il trasporto e la distribuzione di petrolio e suoi derivati; 4) Anic, per il trattamento chimico sia del metano che del petrolio. Alcune delle aziende citate preesistevano all'Eni da parecchi anni: l'Agip, ad esempio, era stata fondata ancora nel 1926 con il compito di affrancare l'Italia dalla dipendenza straniera in fatto di approvvigionamenti petroliferi. Fallite però le ricerche nel sottosuolo italiano, l'Agip era stata costretta negli « anni trenta» a stringere rapporti finanziari o commerciali con compagnie che estraevano grezzo in altri paesi, soprattutto in Romania. La sua attività era comunque assai modesta come modesto, a quel tempo, era il nostro consumo di prodotti petroliferi. L'insuccesso dell'Agip di allora va attribuito in parte alla tecnica di ricerca, ancora piuttosto primitiva, in parte alle limitate disponibilità finanziarie, conseguenza questa delle guerre piccole e grandi che impegnarono il nostro paese a partire dal 1935. Che in realtà i tecnici dell'Agip sapessero il loro mestiere ò dimostrato dal fatto ch'essi riuscirono a scoprire ingenti riserve di metano nella Valle Padana sul finire del secondo conflitto mondiale. Gli agiografi di Mattei hanno per molto tempo insistito sulla tesi die i primi giacimenti di gas naturale furono individuati solo nel 1946, quando ormai l'ex-capo partigiano de era divenuto vicecommissario dell'Agip. Pare invece storicamente dimostrato che i primi pozzi perforati con successo risalgano al 1944: non se ne era parlato subito non solo perché in periodo di occupazione nazista, ma anche perché in Italia — anzi in Europa — nessuno era in grado di apprezzare l'importanza del gas naturale. Grande, indiscutibile merito di Mattei fu proprio quello di avvertire l'utilità economica dell'impiego del metano e di avviarne lo sfruttamento mediante la costruzione di una rete di metanodotti di circa 5000 chilometri, messa in ope¬ ra a tempo dì primato fra il 1949 e il 1953. Fu proprio il clamoroso successo ottenuto in questo campo a garantirgli — con l'appoggio della classe politica dirigente di quegli anni, e in primo luogo di Ezio Vanoni — l'investitura a presidente dell'Eni, ente concepito e creato perché egli ne assumesse la responsabilità e per di più fornito di una ricca dote: il monopolio della ricerca e dello sfruttamento degli idrocarburi nella intera Valle Padana. Grazie ai profitti del metano, al credito quasi illimitato di cui godeva presso governo e banche statali, ma soprattutto grazie al prodigioso attivismo del suo presidente, l'Eni è diventato in meno di un decennio uno dei gruppi industriali più potenti e temuti d'Europa. Se nella Valle Padana le ricerche hanno dato in complesso risultati inferiori a quanto si poteva sperare nel 1953, l'Eni non ha però esitato — appena se ne presentò l'occasione — a costruire a Ravenna un gigantesco complesso petrolchimico per la produzione di fertilizzanti azotati e di gomma sintetica. Iniziative di analoghe dimensioni, che comportano cioè investimenti nell'ordine di centinaia di miliardi per volta, l'Eni ha assunto negli ultimi anni nell'Italia Meridionale, nel quadro della politica di industrializzazione del Sud. Presso Latina, è sorta una grande centrale elettronucleare, la cui entrata in servizio è solo questio ne di mesi. Prossimo all'inaugurazione è anche il complesso petrolchimico di Gela, mentre sono ormai avviati da mesi i lavori nella zona di Ferrandina, per la costruzione di uno stabilimento di fibre sintetiche e di un metanodotto destinato ad alimentare la regione industriale di Bari. Appartengono all'Eni o a società miste collegate con l'Eni nuovi stabilimenti metallurgici, meccanici e petrari, già in funzione o prossimi ad esserlo in Puglia, in Calabria e in Abruzzo. L'intraprendenza di Mattei non sembrava conoscere limiti Da alcuni anni era entrato nel settore alberghiero con i numerosi motels abbinati alle stazioni di servizio; da qualche mese, con l'acquisto del controllo sulle Lane Rossi, operava anche nel settore tessile. Né l'attività dell'Eni si restringeva all'Italia. Mattei era stato uno dei primi a ritenere che i rapporti fra paesi consumatori e paesi produttori di petrolio, dovessero porsi su basi di effettiva compartecipazione come logica conseguenza della fine del colonialismo. Per questa sua politica egli si scontrò duramente con gli interessi delle grandi compagnie petrolifere internazionali: la lotta era diventata ancor più aspra negli ultimi anni allorché l'Eni prese ad acquistare grossi quantitativi di petrolio sovietico. Questa lotta procurò all'Eni fastidi, ma anche la possibilità di concludere accordi tecnici o commerciali con Paesi del Terzo Mondo, animati da vivaci risentimenti anticolonialisti. Mattei era popolarissimo nel mondo arabo ed amico personale di Nasser come dello scià di Persia, di Maometto V come di Burghiba. Chi scorre l'elenco delle società del gruppo ne incontrerà una trentina il cui scopo sociale è appunto quello di operare in altri Paesi: dell'Europa, dell'Africa e dell'Asia. (In società con Charles Forte, un oriundo italiano proprietario di numerosi alberghi e ristoranti, l'Eni si appresta persino a penetrare nel mercato inglese per costruirvi una catena di stazioni di servizio e di motels). La scomparsa di Mattei imporrà quasi certamente un ridimensionamento dei progetti di sviluppo più lontani dagli obiettivi della politica di piano perseguita dalla coalizione di centro-sinistra. Forse, anche se Mattei fosse vissuto, l'Eni avrebbe dovuto piegarsi ai li miti di una espansione prò grammata. Lui morto, il successore si troverà di fronte a un compito enorme per conti nuare la sua politica su tanti fronti. Arturo Barone

Persone citate: Anic, Burghiba, Charles Forte, Enrico Mattei, Ezio Vanoni, Mattei, Nasser