E' un seguito di mirabili tentazioni la 11 mostra dell'antiquariato a Milano di Marziano Bernardi

E' un seguito di mirabili tentazioni la 11 mostra dell'antiquariato a Milano PALAZZO REALE GRAN FOLLA (E NON TUTTA D'ACQUIRENTI) A E' un seguito di mirabili tentazioni la 11 mostra dell'antiquariato a Milano Oltre mille «pezzi» preziosi, per tutti i gusti: armi, tappeti, orologi, quadri antichi - Si nota un rilancio del mobile del Rinascimento: va di moda, ma forse è ingombrante nella casa moderna - Tra gli splendenti gioielli, non vanno dimenticati i raffinati libri antichi (Dal nostro inviato speciale) Milano, 22 ottobre. Basta un giro di mezz'ora lungo le settanta singole < mostre » che occupano tutte le sale al piano nobile, compreso l'immenso < Salone delle Cariatidi », del Palazzo Reale di Milano, per convincersi ancora una volta del fascino che l'oggetto antico — sia esso una pittura, una scultura, un mobile, una ceramica, una stoffa, un'oreficeria — esercita sul pubblico. La grande esposizione organizzata per la seconda volta nella metropoli lombarda dalla Federazione Italiana Mercanti d'Arte è aperta da appena due giorni, e già si rinnova l'afflusso di visitatori d'ogni categoria sociale — anche di coloro per i quali l'acquisto del più modesto di codesti oggetti resterà per sempre allo stato di sogno — che fece il successo di quella del 1960. Gli è che - come ha scritto Leonardo Borgese nella presentazione dello splendido catalogo illustrato, stampato con duecentocinquanta tavole anche a colori dal Pizzi, ch'è guida indispensabile della mostra — < l'arte antica è; e quella dei contemporanei può essere. E domani può non essere >. Il visitatore si trova dunque in una condizione di tutto riposo. Sa che quanto è offerto alla sua vista è il frutto di una lunga selezione operata dal tempo, dall'assidua, spesso accanita ricerca di uomini esperti, quasi sempre dal lungo passaggio dell'opera dall'una all'altra raccolta. Per il suo godimento estetico egli non ha più che da < scegliere » (idealmente, s'intende), secondo i propri gusti. Ed è appunto questa disinteressata scelta che costituisce l'interesse ed il piacere — diversi da quelli del museo, perché più vari e ancor legati ad una specie di < caccia al tesoro > — di una mostra d'antiquariato. Mostra soltanto, e non mercato, questa di Milano. S'intende che se, senza parere, si domanda con discrezione all'espositore non un < prezzo > ma un < valore >, la risposta sarà data con qualche reticenza, ma indicativa. E chi rammenta che quest'anno in un'asta da Christie a Londra un secrétaire Luigi XV salì a 33 milioni, non si sorprenderà che di una tavola del Quattrocento toscano si chiedano 4 milioni, e 14 (ciò che ci lusinga come piemontesi) di due quadri di fiori dipinti nella seconda metà del Settecento dal torinese Michele Rapous, detto anche Raposo. Lasciando da parte ogni questione venale, diremo che uno dei lati più interessanti della mostra ci sembra il forte rilancio del mobile rinascimentale. Basti in proposito la segnalazione della monumentale libreria cinquecentesca che si indica come scolpita ed intagliata nel gusto dell'Ammannati. e delle numerole savonarole e persino di un faldistorio in bronzo e ferro battuto quattrocentesco. Per il suo carattere prevalentemente architettonico, opposto alle qualità più propriamente decorative e pittoriche del mobile settecentesco (si pensi alla fortuna strepitosa del Settecento veneziano e del «Luigi XV > in questi ultimi tempi), avrà tale rilancio probabilità di successo? Data la difficoltà di inserire mobili di solito di vaste dimensioni, ed in genere assai scomodi, nei limitati spazi delle case moderne — tolti i collezionisti di severissime esigenze — è lecito dubitarne Ma la storia del gusto è fatta di azioni e reazioni, soffre anch'essa della labilità delle mode; ed è quindi possibile un prossimo prevalere di squa¬ drate credenze sui leggiadri stipi e stipetti, sulle consoles deliziose, sugli squisiti piccoli secrétaires che con le loro marqueteries à la Reine, occhieggiano perfidamente tentatori in ogni angolo dell'affascinante mostra. Altra caratteristica di questa mirabile rassegna, l'alto livello dei dipinti: a cominciare dal contributo del Comune di Milano con 1 piacevoli affreschi di Ambrogio De Predis che narrano la « Vita del Cavaliere >, provenienti dal Castello di Asso ed ora appartenenti al Castello Sforzesco. Antiquari specializzati in pittura espongono pezzi insigni provvisti di autenticazioni della maggiore autorità: da Filippo Lippi a Giandomenico Tiepolo, dal Magnasco al Fontebasso, da Marco Ricci a Francesco Guardi, da Rosalba Carriera allo Zuccarelli. V'è una Vergine col Bambino, forse del Quattrocento ferrarese, che eccita fortemente l'indagine critica; e non manca una grande Crocifissione del Montorfano, affresco staccato che rammenta quello delle Grazie. Qui, forzatamente, ci si attiene soltanto a qualche citazione fra i più che mille oggetti esposti. Se dovessimo procedere ad un esame particolareggiato, occorrerebbero colonne soltanto per accennare alla ricchezza delle oreficerie, degli straordinari monili, tipo la favolosa collana di diamanti composta a Londra nel Settecento per il Maharajah del Nepal, o l'orologio in smalto verde e diamanti firmato a Parigi nel 1778 dal Du Quinteaux. Il collezionista d'orologi antichi trova poi in sette od otto vetrine delle tentazioni irresistibili: dall'orologio settecentesco in forma di mandolino all'altro, tedesco del Cinquecento, con sveglia, suoneria, giorni e fasi lunari. Argenti dai punzoni illustri ed arazzi fiamminghi, italiani, francesi; tappeti addirittura regali e bronzetti del Rinascimento; serene sculture lignee senesi e Sèvres superbi che stettero sulla tavola di Luigi Filippo; ageminate armi afgane e Capodimonte e Nimphembourg incantevoli, smalti russi e specchiere Reggenza: il panorama si dilata in un crescendo di raffinatezze persino eccessive. E sia concesso allora chiudere la breve nota con un elogio all'antiquariato milanese e torinese del libro e delle stampe. Il desiderio si aguzza su due acqueforti di Rembrandt, meravigliose, e su un minuscolo Dante aldino stampato nel 1502 e miniato a Venezia. Marziano Bernardi