Da «Cuore» al socialismo

Da «Cuore» al socialismo Una bella biografia di Edmondo He Amicis Da «Cuore» al socialismo Giunse alla questione sociale attraverso la pietà; ma il suo socialismo non fu «roseo» - L'incontro con il Manzoni lo indusse a scrivere; vecchio, conobbe e non amò Gabriele D'Annunzio - La sua opera ha un posto importante nella storia dell'Italia « umbertina », onesta e liberale Nella collana « La vita sociale della nuova Italia » della Utet esce De Amicis di Lorenzo Gigli, un grosso volume di quasi 600 pagine con 20 tavole fuori testo, che è la prima biograna degna, di questo nome (intendeva scriverla Dino Mantovani ma ne fu Impedito dalla morte) dello scrittore tuttavia popolarissimo anche nell'uso denigratorio del suo aggettivo, e un cui libro, Cuore, è ancora oggi « uno dei più letti sotto la volta del cielo ». La generosa fatica del Gigli, che ha tenuto conto di tutte le fonti bibliografiche e ha potuto esplorare molto materiale Inedito, non ci dà un De Amicis criticamente irrigidito e tanto meno «riabi- litato», ma il ritratto cordiale di uno scrittore interamente trasfuso nel suo tempo storico: appunto un «carattere >, onesto e chiaro, della nuova Italia. L'aver così simpaticamente trattato un soggetto simpatico è il primo' merito di questa biografia che si legge come un capitolo dì storia patria, e che pur scopre, alla fine, un De Amicis meglio criticamente determinato, cioè tino scrittore che nella misura letteraria In cui lo scrivere è un portato della volontà, scrisse benissimo, anzi scrisse come si dovrebbe. Ma l'autore non stringe: rappresenta, narra, colorisce. E con un colpo da romanziere impianta il ritratto sulla religiosa visita che Edmondo, ufficialetto del 3" fanteria, reduce dal fuoco di Custoza, fece al Manzoni nella villa di Brusuglio il 9 ottobre del 1866, data che anche segna il suo ingresso ideale nella letteratura. Era così impacciato e dalla reverenza e dalla sciabola, dalla voglia di piangere e di baciare, che don Alessandro finì col confondersi peggio di lui; memorabile scenetta, poi accomodata dallo stesso scrittore, in cui è già tutto De Amicis nelle sue voluttà di estroverso. / Inculcatagli dall'ottima madre Teresa Busseti, la venerazione manzoniana — esclusane la religione — fu il ventricolo più sensibile di quel cuore così capace (anche per gli oggetti: «Ti amo, o tavolino!» scriverà nel forte dei suoi successi), in diretta comunicazione con quelle per la lingua e per Firenze. Un troppo di effusione è anche ciò che impedisce di veder chiaro nel De Amicis amoroso, specie nella sua relazione con la Ninfa Egeria del periodo fiorentino, quella venerata Emilia Peruzzi che viceversa riuscì tanto ostica a Ferdinando Martini. Ma le diligenti ricerche epistolari del Gigli confortano a credere che si trattasse di un amore casto, sebbene con quei caldi movimenti che anche le donne brutte, qual era la sora Emilia, con la perseverante presenza riescono a suscitare negli uomini gentili. Gli rivide la lingua della Vita militare, e quel boz¬ zetto « La Sentinella », che comincia « Era una delle ultime notti di gennaio, nevicava.... » (uno dei grandi attacchi deamicisiani), gli era stato proposto da lei. « Non può credere di qual disperato affetto io ami La Sentinella, prima e unica fonte di tutte le soavi emozioni che io ebbi dappoi! Sento che quando sarò vecchio leggerò e rileggerò e bacerò quello scritto con tenerezza infinita.... » E anche gli scappò di chiamarla «mamma», con qualche stizza della madre vera. Ma con quell'onda di sentimento che batte ancriè nel forte scrittore di Alle porte d'Italia e Sull'Oceano, era poi un uomo finemente padrone di sé, e soprattutto ricettivo dei casi d'Italia che s'andava costituendo a nazione. Qui cadono le maggiori novità di questa biografia, che oltre al portare nuovi e gustosi documenti sul De Amicis sociale — da Porta Pia all'alba del nostro secolo — ne riesamina, con la scorta di carte private, della lettura del romanzo inedito Primo Maggio e del ricco carteggio con Filippo Turati, la tanto discussa conversione al socialismo. Ch'esso fosse roseo, è uno dei molti luoghi comuni deamicisiani che la mano leggera ma ferma del biografo raschia via per sempre. Lo stesso Turati ebbe per falso che il De Amicis fosse soltanto un sentimentale e un letterato del socialismo: « pochi furono anche fra 1 militanti più noti, che insistessero quanto lui sui libri e sui documenti che della verità socialista danno la prova economica, la formula scientìfica schematizzata.» Quanto del romanzo inedito è passato in Lotte civili, è sufficiente per concludere, con l'autore, che il De Amicis « aderì agl'ideali di giustizia sociale, mosso, com'egli dice, dalla pietà; ma che entrò nel socialismo per Ja strada maestra delle idee sottoposte a vaglio critico. » E il severo Graf lo introdusse alla lettura dei testi sacri del marxismo. Le disgrazie ritirarono l'uomo dalla vita pubblica. Se n'ebbe un ultimo sprazzo nell'Incontro col D'Annunzio, nel 1902, all'albergo Europa di Torino; incontro, coi divertenti particolari che si leggeranno, « quasi simbolico fra l'Italia borghese, la modesta e saggia Italia dell'età liberale (" la democrazia in cammino", come disse Salvemini) e l'Italia delle stravaganze estetiche e delle ambizioni nazionalistiche. » L'aver francamente restituito 11 De Amicis alla prima, è II forte risultato del libro. Leo Pestelli