I ciechi non hanno alcun sesto senso ma possono raggiungere una vita "piena"
I ciechi non hanno alcun sesto senso ma possono raggiungere una vita "piena" L'ESISTENZA SEGRETA 1)1 QUELLI CHE "CAMMINANO NELLA NOTTE,, I ciechi non hanno alcun sesto senso ma possono raggiungere una vita "piena" Corrono ancora molte leggende infondate sulla cecità - Non sono infelici o isolati, non sono « compensati»-da capacità fisiche eccezionali - Il pietismo non li aiuta; occorre invece che la società li aiuti inserirsi tra gli uomini comuni - Ed allora un cieco può diventare artigiano di precisione, scultore, chirurg (Nostro servizio particolare) Roma, ottobre. L'esperienza della cecità, ciò ch'essa coinvolge per la vita dello spirito e per quella di relazione, sono ancora per molta gente « terra incognita » Nel rapporto di chi vede ccn coloro che non vedono prevale tuttora, spesso, un conglomerato di sentimenti irrazionali: pena, noia, compassione, vago timore, senso di colpevolezza... Prevalgono sovente, inoltre, vari pregiudizi o idee ricevute — come quella della c solitudine » del cieco, della ,sna totale infelicità; oppure di un * sesto senso » che sostituirebbe quello che gli manca, o dell'estensione iperbolica della sua sensibilità percettiva. Persino autori e pubblicazioni responsabili hanno alimentato simili infondate credenze: il vecchio psicologo Binet riteneva che la cecità portasse con sé una degenerescenza cerebrale; e non molti anni fa un'importante rivista francese ripeteva la leggenda — già molte volte smentita — secondo cui i ciechi potrebbero < sentire > i colori a mezzo del tatto. Eppure una ormai vasta letteratura permette a chiunque d'informarsi ampiamente e precisamente sui ciechi e sul loro particolare modo di esistere. In Francia, è apparsa quest'anno la terza edizione dell'eccellente manuale La rie des aveugles, del prof. Pierre Henri (< Presses Universitaires de France >, Paris). E ai vari libri italiani sull'argomento si è aggiunta da poco l'opera di un autore già notissimo, Nino Salvaneschi, che, cieco ormai da molti anni, ha al suo attivo trenta e più volumi tra romanzi, biografie e saggi II libro, che poeticamente s'intitola A'oi che camminiamo nella notte, è stato pubblicato in splendida veste dall'editore milanese Dall'Oglio. La copiosa informazione ch'esso contiene, e lo spirito dcoeeenccbsillsqtmemdnlmsaos che lo anima, lo rendono importante e attraente anche a prescindere da quanto, in esso, si riferisce propriamente e direttamente ai ciechi, ed alla loro specifica vicenda. L'autore percorre con sicurezza, e senza mai far pesare la sua notevolissima erudizione, un territorio immenso, partendo dalla considerazione della cecità nelle epoche più antiche, o addirittura nella preistoria, e terminando con un sereno esame dell'attuale situazione, e delle prospettive future. Anche se sono ormai lontani i tempi in cui i neonati ciechi venivano soppressi, o in cui i ciechi adulti erano obbrobriosamente segregati, tutti sappiamo che il riscatto e la inserzione attiva dei ciechi nella vita comune sono cose relativamente recenti. L'azione sociale di Valentino Haiiy, quella concretamente redentrice di Luigi Braille — insieme con le vite e le opere di eccezionali personalità che malgrado il loro grave handicap si resero benemerite nelle arti, nelle scienze o nelle lettere — vengono efllcacemente ricordate dal Salvaneschi; e così pure alcuni mirabili casi «li ciechi giunti addirittura ad eccellere in campi apparentemente fra i meno accessibili per loro: il grande ostetrico Albert André Nast, rottimi) scultore Ernesto Masuelli, il ricercatissimo armaiolo Ernesto Sabatini. Naturalmente la meraviglia aumenta quando si tratti d'individui in cui alla condizione «iella cecità si aggiunge quella «lell'esser nati sordomuti. Noto in tutto il mondo è il caso di Elena Keller: ma che dire della nostra dotta e intelligentissima Pinuccia Manenti, della scienziata russa Julia Vinogradova, o dell'altro nostro connazionale cieco, l'abilissimo meccanico di precisione Eugenio Malossi? Una serie di acute notazioni letterarie, filosofiche e psico¬ logiche, rende il libro del Salvaneschi degno d'essere considerato con molta attenzione da chiunque abbia a cuore il progresso morale e spirituale dell'uomo. L'autore insiste soprattutto sulla possibilità, per il cieco, di raggiungere una interiore, « funzionale » armonia, che gli permette in molti casi di vivere in serenità, e di respingere come oltremodo sgradito ogni facile e non richiesto pietismo. E aderisce alla seguente definizione dello psicologo americano Cutsforth: t II cieco non è un'automobile a sei cilindri che può funzionare anche con cinque in seguito a un incidente, ma pro¬ pntndpmppsalpssnov1111 ii 1111 unii niitiiii iiiiiiiiiiiMMiiii iiiiiiiiiii prio una cinque cilindri orga nizzata come tale e funzionan te secondo i piani previsti »! La qual cosa naturalmente non esclude che, sulla scorta di questo libro illuminante e per certi aspetti rivelatore, in molti di coloro che vedono possa e debba sentirsi sempre più precisa l'opportunità di stendere una mano più amica a! fratello cieco — specie al lorché questi ci appare, come può accadere e come Salvane scili idealisticamente ci fa sperare, una fra < le scolte notturne che annunciano .a ogni uomo l'aurora di un nuo vo giorno >. Emilio Servatilo iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii i 11111 If 111 il ■ li 11 ■
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