De Gaulle tornato da Bonn parla di «incontro storico» di Sandro Volta

De Gaulle tornato da Bonn parla di «incontro storico» II capo dello Stato convoca, il ggow&s*sao De Gaulle tornato da Bonn parla di «incontro storico» Il successo della visita in Germania è innegabile - Ma l'opinione pubblica è perplessa sul significato dell'intesa franco-tedesca, che si teme rivolta a far fallire l'unità politica dell'Europa (Dal nostro corrispondente) Parigi, 10 settembre. Appena ritornato a Parigi, fi generale De Gaulle ha riunito i ministri per un rendiconto del suo viaggio nella Germania Occidentale, e le sue impressioni possono essere riassunte in questa frase: «E' un avvenimento di importanza storica >. Certo, se si considera come contributo alla riconciliazione fra ì due paesi, come suggello definitivo all'antica vertenza franco-tedesca, il successo personale che De Gaulle ha ottenuto nella Repubblica Federale ha veramente una portata storica, e tutti i popoli europei devono rallegrarsene perché elimina una delle maggiori minacce alla pace del continente. In questo senso, non si può fare a meno di essere d'accordo con Le Monde, che afferma stasera: < Bisogna avere lo spirito pessimista per non rallegrarsi del successo popolare del gen. De Gaulle in Germania >. Una parte tutt'altro che trascurabile dell'opinione pubblica francese, probabilmente la più sensibile, non nasconde pe rò una certa inquietudine a proposito dei mezzi coi quali questo successo è stato ottenuto, e lo stesso editoriale di Le Monde non manca di chiedere: «Bisognava veramente ricordare all'esercito tedesco che niente di grande si può fare senza che i militari vi partecipino, e alla gioventù tedesca che dovrà vincere, se necessario, combattendo? >. Il giornale osserva che De Gaulle non ha tenuto conto del «vecchio fondo,tedesco e delle speranze male assopite, ossia d'un certo militarismo al servizio d'un irredentismo manifesto >. L'inquietudine, suscitata dalle manifestazioni cui danno luogo alcune affermazioni di De Gaulle, è rinforzata dal carattere di «asse ParigiBonn», che il capo dello Stato francese sembra aver voluto conferire alla riconciliazione fra i due paesi. A questo proposito, un'interpretazione precisa delle parole che De Gaulle ha pronunciato nelle diverse occasioni del suo viaggio oltre il Reno, risulta quan to mai difficile, se non addirittura impossibile, perché, come scrive Le Monde, «anche prese alla lettera, le allocuzioni del presidente della Repubblica presentano delle formule equivoche, troppo gravi di promesse per non esserlo anche di senso. Gli avvertimenti ufficiosi e le messe a punto ufficiali non hanno servito a nulla, perché ogni nuovo intervento del gen. De Gaulle, confermava gli esegeti professionali nei loro sospetti». In queste condizioni, non ci si può stupire se la stampa di sinistra afferma che «secondo numerosi indizi, un accordo è stato realizzato su una cooperazione segreta franco-tedesca, nella produzione d'armi nucleari ». E' una supposizione che manca di qualsiasi conferma, ma ciò non toglie che l'atteggiamento del generale può avere incoraggiato quelle folle che andavano ad acclamarlo con enormi cartelli su c(Pddramlsocadn cui era scritto «nach Berlin» (per Berlino). L'impostazione di un asse Parigi-Berlino, se veramente dovesse essere questo il senso da dare alle parole del generale De Gaulle, troppo spesso ambigue, distruggerebbe comunque i benefici risultati della riconciliazione franco-tedesca, perché creerebbe seri ostacoli alla politica germanica del Dipartimento di Stato americano, e alimenterebbe gravi dissensi nel mondo occidentale. L'Alleanza atlantica ne sarebbe fatalmente com promessa. Consapevole della realtà di questi pericoli, il ministro degli Esteri francese, che aveva accompagnato il Presidente della Repubblica nella Germania Occidentale, ha cercato di correre ai ripari, in un'intervista che ha concesso stasera alla televisione: «Credo che tutti siano sempre stati d'accordo — ha dichiarato Couve de Murville — nel pensare che la riconciliazione franco-tede sca in ogni campo, è la condizione necessaria d'una vera costruzione europea ». L'affermazione del ministro potrebbe sembrare ovvia, se egli non avesse poi aggiunto: « Non c'è stato niente in ciò che è avvenuto, che fosse diretto contro i nostri associati. Se, finora, l'accordo fra i Sei in quanto all'unione poli tica non si è potuto realizzare, è perché i Sei non erano d'accordo; non i francesi e i tedeschi, ma alcuni dei Sei, e ciò che è accaduto non può, a mio parere, non lavorare nel senso dello sviluppo della politica europea ». Sono parole che non bastano certamente a dissipare i sospetti, ma rinforzano anzi la opinione di coloro che ritengono, al punto in cui sono arrivate le cose, la partecipazione britannica indispensabile ad ogni ulteriore progresso della costruzione europea. Couve de Murville ne ha accennato in termini generici, per concludere: < Se gli inglesi, come si dice e come io credo, presentando la loro candidatura al Mercato comune, hanno mani¬ fppuèanFgmiiiHiiiiiiiiiiiittMiiiuiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiMiiin festato di optare per l'Europa, di voler entrare in Europa, di voler praticare con noi una politica europea, ebbene: è naturale che si rallegrino anche di questa riconciliazione, e di questo accordo fra la Francia e la Germania, che '1 gen. De Gaulle ha definitivamente confermato ». Sandro Volta