Le quattro donne rimasero tra i binari stritolate paralizzate dal terrore

Le quattro donne rimasero tra i binari stritolate paralizzate dal terrore L'agghiacciante sciagura ai passaggio a livello di Borgio Le quattro donne rimasero tra i binari stritolate paralizzate dal terrore Due delle vittime sono madre e figlia - Si incontrarono casualmente con le altre due signore davanti alle sbarre abbassate Poi attraversarono la linea ferroviaria - Erano quasi fuori dal fascio delle rotaie quando il « Trans-Europ Express » piombò su di loro a cento chilometri all'ora - Già troppe le vittime per la mancanza d'un cavalcavia o di un comodo sottopassaggio (Dal nostro inviato speciale) Borgio Verezzi, 10 settembre. Stamane, alle prime luci dell'alba, anime pietose hanno ripercorso la linea ferroviaria — per 500 metri, dal tragico passaggio a livello di Borgio Verezzi — alla ricerca di qualche resto delle quattro vittime, sfuggito . all' allucinante operazione di ieri sera, alla luce dei riflettori. Ogni frammento è stato portato al cimitero e deposto nelle bare. Dalla Via Aurelia e dalla scarpata, gruppi di operai silenziosi e commossi seguivano quella màcabra spigolatura. Le quattro automotrici del « Trans-Europ Express 595 » che a 1S0 chilometri all'ora collega Marsiglia con Milano avevano straziato le vittime in modo tale da renderne difficile l'identificazione agli stessi familiari. Qualcuna è stata riconosciuta attraverso una <fcde* matrimoniale, un lembo di stoffa, una ciocca di capelli. A tarda notte, dopo un affannoso susseguirsi di telefonate, si poteva finalmente dare un nome ai poveri resti, che un generoso medico — il dott. Franco Rossi, dell'ospedale di Santa Corona — aveva composto allo spettrale lume di candela, nella camera mortua ria del camposanto. Maria Cattaneo, 59 anni, re sìdente a Ceriano Laghetto in provincia di Milano; Francesca Gatti in liberti, sessanten ne, nativa di Vailate ma doi Aciliata a Milano in via Venirti 90; Eva Sala ved. Galbiati, 59 anni, abitante ad Arcare, nel Milanese; la figlia Andreina, diciannovenne, ope raia. Quattro donne lombarde, di condizioni poco più che mo deste: erano venute a trascor rere in Riviera un breve perio do di vacanza, di riposo. La morte le ha stroncate in un attimo, quando la loro paren tesi di serenità stava per con eludersi. Il dramma trova prò fonda eco nell'ospitale popola ione di Borgio Verezzi e nei villeggianti, che questo assolato scorcio di settembre trattie ne ancora numerosi lungo il litorale. Come è avvenuta la sciagli ra, è noto ai nostri lettori at traverso le edizioni di « Stam pa Sera ». C'è un solo portico lare che differisce dalle prime| versioni. Le quattro donne non stavano rientrando dalla passeggiata serale, si accingevano invece ad avviarsi dall'abitato verso la Via Aurelia. Erano uscite pochi minuti prima dalle pensioni in cui alloggiavano: la Cattaneo e la Gatti erano scese qualche giorno addietro alla pensione « De Maria », nei pressi della stazione. La signorina Galbiati era da una decina di giorni al mare, a pigione da una famiglia in via Mantello 2, verso la collina. La madre l'aveva raggiunta alla fine della settimana, sarebbero ripartite insieme per Arcore. La signora Cattaneo e la si¬ gnora Gatti si erano conosciute nella pensione, si tenevano compagnia, si ripromettevano di rinsaldare l'amicizia dopo la villeggiatura. Nella stessa pensióne alloggiava anche un cugino della Cattaneo, che ieri sera aveva deciso di recarsi in macchina nella vicina Finale Ligure, offrendo alle due donile di accompagnarle Avevano preferito fare due passi a piedi, sul lungomare. La Galbiati e la figlia erano uscite per conto loro, si incontrarono casualmente con le altre due vittime davanti alle sbarre del passaggio a livello. Erano circa le 21. Dalla stazione, situata ad un centinaio di metri, il guardia- blocchi di turno, Claudio Lan feri di 36 anni, da Porto Maurizio, aveva avuto poco prima la richiesta di « via libera » per il TEE 595, che da Ventimiglia non ferma più fino a Genova. Il guardia-blocchi si era affrettato ad azionare le leve che non consentono ai convogli di entrare in stazione se non dopo la chiusura delle sbarre. Il TEE era il sessantaduesimo treno che da ieri mattina transitava da Borgio Verezzi. Ogni giorno ne passano un centinaio, ciascuno interrompe per .4-5 minuti l'unica strada di accesso al paese. Le continue, snervanti attese fanno sì che quasi nessuno si renda conto del pericolo: si chinano, oltrepassano la sbarra, si avventurano in mezzo ai binari. Così hanno fatto, ieri sera, le quattro sventurate. Un'imprudenza che sconcerta, trattandosi di persone anziane. Superarono il « binario morto », poi quello centrale riservato alle manovre di scambio. Mentre si accingevano a valicare l'ultimo ostacolo — cioè il binario di transito, che fiancheggia la Via Aurelia — comparve il « Trans-Europ Express ». Marciava a circa 100 all'ora. Forse, da lontano, le quattro donne avevano confuso i fari del convoglio con quelli delle macchine sfrecciantì sulla statale. Quando si accorsero del tragico errore, il loro destino era ormai segnato. Istintivamente, per infondersi coraggio, si presero per mano, paralizzate dal terroreli bolide piombò loro addosso fithuin^o, le falciò una dopo l'altra, trascinandole davanti a sé, sulle rotaie. Su quello che avvenne lungo i successivi 500 metri è doveroso stendere un velo di cristiana pietà. Il macchinista Luciano Becarelli di 36 anni, di Genova, dice di aver visto all'improvviso quat tro sagome davanti al convo glio, ad un centinaio di metri. Azionò la « rapida », ma quasi contemporaneamente sentì un urto pauroso, l'automotrice sobbalzò, percorse ancora quasi mezzo chilometro. Questa, nelle sue allucinanti fasi, la tragedia. I successivi sviluppi riguardano le formalità burocratiche, l'arida prosa dei verbali, l'inchiesta facile e sbrigativa, perche i congegni hanno funzionato, il macchinista è immune da colpe, non si può neppure parlare di fatalità ma solo imprudenza da parte delle vittime. I loro parenti sono giunti, in lacrime, per riportare a casa una bara e pochi oggetti insanguinati e contorti. Resta il problema di fondo, angoscioso da sempre: quello dei passaggi a livello, che troppe vite hanno già mietuto, in ogni regione Qui, lungo la Riviera di ponente, la situazione è ancora più grave. Borgio Verezzi è prigioniera della ferrovia, per parecchie ore al giorno i veicoli non possono entrarvi od uscire, a causa di quelle sbarre abbassate. I pe doni e i ciclisti rischiano la pelle, molto sangue ha già bagnato queste rotaie. Negli ul timi cinque anni si sono avuti otto morti e nove feriti, comprese le vittime di ieri sera. Lo sdegno della popolazione si esprime in commenti severi verso chi è ritenuto respon sablle di questo stato di cose. Fin dai 1957 il Comune aveva denunciato al Ministero dei Lavori Pubblici e agli altri enti interessati il mortale pericolo del passaggio a livello chiedendo un contributo dello Stato per la costruzione di un cavalcavia o di un sottopassaggio. Aveva ribadito la richiesta l'anno scorso, con lo stesso risultato. Oltre all'incolumità delle persone, le « sbarre maledette » mettono in pericolo l'economia della citta dina, che dall'agricoltura i passata con successo al turismo. Si invoca anche lo spo stamento della ferrovia amon te, per agevolare il traffico sull'Aurelia e sottrarre il paese alla schiavitù del passaggio a livello. Questi altri quattro morti serviranno a smuovere gli organi interessatif E' l'unica speranza che si affaccia all'opinione pubblica dopo ogni sciagura: finora, purtroppo, al subitaneo cordoglio subentrata l'indifferenza. Giorgio Lunt Il passaggio a livello di Borgio Verezzi, fra le stazioni d Tré delle quattro vittime: la sessantenne Francesca Gatti in Uberti, di Milano, la cinquantanovenne Eva Sala in Galbiati, di Arcore, e la figlia Andreina, di 19 anni i Pietraligure e Finale Ligure, dove è avvenuta la sciagura