Giudice di bellezza di Paolo Monelli

Giudice di bellezza Giudice di bellezza Salsomaggiore, settembre. bVenni a Salsomaggiore, lo scor- Sso anno, comandato dal mio di- prettore a far servizio sull'elezione ddi Miss Italia. M'ero tenuto fino a quel giorno lontano il più possibile da questi ludi di cui avevo sempre criticato l'esistenza; ma non seppi ribellarmi agli ordini-, e cercai di vedere le cose com'erano e non come le avevo giudicate di lontano; e questa competizione come una commovente battaglia per la vita di fanciulle non d'altro ricche che della loro modesta bellezza, e aspiranti ad evadere dalla loro condizione e cor.quistarsi « una ragionevole porzione di orpello e di illusione ». Ma quest'anno è peggio. Sono venuto a Salsomaggiore in qualità di giudice. L'anno scorso, considerando le concorrenti in attesa nell'anticamera della sala destinata ai giudici, avvilite, senza sorriso, nel cerchio dei famigliari accigliati, scrissi nei miei appunti, « atmosfera lugubre, come se di là ci fosse un morto ». Ebbene, quest'anno mi sono lasciato mettere nella stanza del morto. Viaggiando nella notte in automobile pensavo naturalmente a Paride figlio di Priamo re di Troia, chiamato a giudicare chi fra Venere Pallade e Giunone meritasse il titolo di miss Olimpo, per dirla alla moderna. Ma Paride era solo a riucUcare, ed io membro di una commissione di sei persone; Paride aveva a che fare con tre sole belle, noi della giuria con quarantacinque ragazze; le tre dee offersero a Paride, che alle dee è lecita un'aperta corruzione, doni preziosi per averne il favore, Giunone un regno, e Pallade la gloria delle armi, e Venere la più bella donna mortale per moglie; a noi nulla, solo il rischio di essere assaliti dalle Eumenidi, madri furiose, padri vendicativi. (Abbiamo letto nei dati biografici delle concorrenti che una di esse è figlia d'un campione europeo di pugilato, della categoria mediomassimi. Si che ad ogni buon conto l'abbiamo eletta Miss Italia). Infine dice Ovidio delle tre Iddie che « Vin cere erant omnes dignae », ma a me nessuna delle quarantacinque • è ' apparsa meritevole del titolo massimo. Né c'è intorno a noi giudici, come a Paride, una solitaria vai le selvosa, chiusa da elei e da pini, silenziosa; ma uno stanzone burocratico, con una tavola da consiglio d'amministrazione, e dietro ad essa vaste poltrone ove la nostra solennità si adagia; dal l'altra parte della sala un usciere in uniforme vigila una porta chiusa; e ogni tanto la apre ad un nostro cenno facendo entrare gruppetti di spaurite concorrenti. Con i panni di tutti i giorni o imbacuccate entro fasulli costumi regionali, o nella spaesata nudità del bikini, le fanciulle che nella fantasia dei cronisti più giovani verrebbero innanzi a noi risolute ad avvolgerci nei loro vezzi, a stordirci con sorrisi lampi d'occhi, a manovrare con sapienza curve e sporgenze, ce cole invece davanti alla tavola come vittime rassegnate. L'oc chio è spento, la bocca ha una piega amara. « Sorrida », dice ad ognuna di esse la signora Marucelli. E la bocca si stira in un sorriso che è una smorfia, o che si spegne in una smorfia. « Si volti, cammini un poco, ritorni qui alla tavola ». Pare che marcino su ciottoli aguzzi, che le spalle le gravino come cappe di piombo Quelle che sono modelle della moda si muovono con rigidezza professionale, l'un piede portato avanti sulla stessa linea dell'altro il che — dicono — serve a dare un vago ondoleggiamento ai fianchi; e si sanno almeno arrestare davanti alla tavola con una cerw meccanica grazia; le altre poverette, no, camminano come avessero perduto l'istinto del passo, si fermano a gambe larghe o turte piegate su un ginocchio come il discobolo di Mirone. Dalle braccia che chissà quanto gli pesano pendono sconsolatamente le mani nervose, dita contratte come stringessero un invisibile fazzoletto. Ho l'impressione che un corto sollievo venga loro dal fatto che due membri della giuria sono donne, le celebri sarte Biki e Germana Marucelli; per cui evitando lo sguardo severo di noialtri uomini ricercano un po' di disinvoltura nel loro sorriso materno. E non sanno, le poverette, che le due signore sono le più spietate, nulla sfugge loro di ciò che noi nemmeno vediamo indugiando in un esame generico; le smagliature della pelle del viso o del corpo, le macchie, la sproporzione fra le membra: e quanto soccorso venga alle forme dalla corazzatura della veste e del reggipetto. Nei paesi stranieri, dove queste gare corrispor.-ijno ad enormi interessi turistici e commerciali, le aspiranti ad un simile titolo escono da scelte preliminari ispirate a criteri molto rigidi, e giungono al saggio finale levigate da lezioni di atteggiamento e di trucco. Da noi arri vano grezze o poco meno, da elezioni alla buona su qualche spiaggia o nelle sale di. un circolo rionale, portate su dai voti d'una maggioranza di giovani timidi ed eccitati ai quali in fondo, come nel detto popolare, chl'mbddchdsusigpdvcmnnsozsectepedtostrisodrimrccvqtacrmcvbItsnocsgmlibtcssncvnGsgeldddgcmlripmmcgeldglllsgIcdcèptslgsnvsgèe belle o brutte piacciono tutte. Si presentano mal truccate, so pratutto mal pettinate, forse dal parrucchiere dell'albergo che non ha altra ispirazione che l'acconciatura della diva più alla moda, e accumula loro sul capo barbariche cupole, sì che il viso delle più di esse, non attenuato dalla mobilità di morbide ciocche, appare spietatamente denudato di ombre benefiche. Nessuno ha insegnato loro a vestirsi, a muoversi con le gonne lunghe, a gestire. Ciò rende ancora più arduo il giudizio di chi deve decidere, in fondo, del loro avvenire. Sappiamo bene che non c'è ragazza ventenne discretamente costruita e con un viso non del tutto sgradevole, che non possa divenire bellissima se sottoposta a cure estetiche e lezioni di contegno, sopratutto se le sue doti fisiche siano accompagnate da una pronta intelligenza. Le belle naturali, che piacciano ancora a certi poeti e pittori di campagna, non sodisfanno al nostro gusto sofisticato. Collochiamo ai più alti fastigi della bellezza le dive americane ben sapendo che esse sono per l'ottanta per cento produzione artificiale di parrucchieri, di truccatori, di sarte, di maestri del contegno. Forse la ragazza che bocciamo perché ci appare cheap con lineamenti comuni, con pregi modesti, l'avessimo premiata ed imposta a qualche produttore, sarebbe stata fra due anni una splendida creatura, universalmente ammirata. Dicevo l'altro giorno dei premi letterari, che se si vogliono conservare bisognerebbe farli diversi. Nello stesso modo, se debba perpetuarsi l'elezione a Miss Italia per fornire ogni anno più scelta materia ai concorsi internazionali e non, come fino ad oggi, sodisfare i nostri gusti casalinghi (come in fondo pen sa il mio illustre collega di re già, Remigio Paone : « Scegliamoci 'na bella guagliona all'italiana, che piaccia agli italiani, bbona, con tante belle robe attorno, e non preoccupiamoci che debba piacere anche agli stranieri ») bisognerà prepararcisi meglio. L'elezione delle reginette regionali destinate a con correre al premio massimo do vrebbe farsi fra l'ottobre ed il novembre dell'anno precedente. Gli enti che preparano queste scelte preliminari, con l'appoggio e il concorso degli altri enti e delle persone interessate a dar lustro alla città e alla regione, dovrebbero profittare dei dieci dodici mesi che hanno a loro disposizione per preparare de gnamente la candidata nel modo come ho detto, affidandola alla migliore sarta cittadina perché la provveda delle vesti necessarie e le mostri come si portano, provvedendo a insegnarle a muoversi e ad acconciarsi, ammaestrandola che non le giova copiare alla peggio le bellezze già celebri. Infine, trovo ingiusto caricare le tre elette con premi sontuosi per un valore di milioni, e non offrire nemmeno -n mazzo di fiori alle escluse. Erodoto racconta di un paese d.ll'Asia dove ogni anno le ragazze da marito erano messe all'incanto; la più bella andava naturalmente a chi sborsava per essa la somma più alta; seguivano le altre in ordine decrescente finché non si trovava più nessun giovane che volesse spendere per una delle rimaste. Le quali a loro volta erano messe in palio col sistema opposto, alla più brutta andava ih dote la somma che aveva servito ad acquistare la più bella, e così via; e tutte erano contente, le belle e le brutte, e i mariti delle belle e quelli delle brutte. A Salsomaggiore proporrei di fare qualcosa del genere, ma naturalmente con più riguardo per le concorrenti che come è noto si credono tutte bellissime. Nulla sia dato alle elette Miss Italia Miss Cinema Miss Sorriso a cui è premio sufficiente e fruttifero la segnalazione; ma un dono sia fatto a tutte le escluse, una villeggiatura in una spiaggia alla moda, una veste regalata dalle grandi sarte partecipanti alla giuria, un viaggio a Parigi o a Londra; un degno regalo, ma tale che non possa turbare l'equilibrio e la mediocrità della loro vita quotidiana. Paolo Monelli

Persone citate: Germana Marucelli, Mirone, Miss Cinema, Remigio Paone

Luoghi citati: Italia, Londra, Parigi