Sedici commercianti a giudizio per l'«anonima usurai» di Cuneo

Sedici commercianti a giudizio per l'«anonima usurai» di Cuneo S.?$fìmJlPMLfr? a™ìi^ncjari^sfa deifamagistratociL.| Sedici commercianti a giudizio per l'«anonima usurai» di Cuneo Fra gli accusati, il mediatore di Borgo S. Dalmazio, che sarebbe il principale procacciatore d'affari dell'organizzazione - Avrebbe riscosso interessi del 221 % Uno degli incriminati ha prestato a tassi elevati 700 milioni di lire • Il giro d'affari dell'« anonima » supera di molto il miliardo - Il processo a primavera (Dal nostro corrispondente) Cuneo, 27 agosto. L'« anonima usurai » finirà in tribunale. A questa conclusione è arrivato il giudice istruttore presso il tribunale di Cuneo, dott Spirolazzl che ha depositato nei giorni scorsi gli atti istruttori della delicatissima vicenda. La storia dell'* anonima usurai », venuta alla luce nel 1959, aveva suscitato scalpore anche fuori » del Cuneese, per le sue evidenti analogie con il clamoroso «affare Gìuffrè». Sedici persone incriminate — quattro di esse sono figure marginali; — altre tre prosciolte; oltre cinquanta testimoni citati dalla Pubblica Accusa e almeno altrettanti dalla Difesa; parecchi volumi di atti e documenti processuali: questo il risultato di un'inchiesta durata tre anni. Il processo dovrebbe essere celebrato entro 7-8 mesi, e si preannuncia sin d'ora drammatico e spettacolare. Il magistrato ha ordinato il rinvio a giudizio del mediatore Armando Pascale, di 42 anni, da Borgo S. Dalmazzo: non solo l'inchiesta, ma anche la voce popolare lo ha sempre indicato come principale procacciatore d'affari dell'* anonima». Il Pascale dovrà rispondere di truffa, falso, emissione di assegni a vuoto, minacce, calunnia ed usura, in proprio e in concorso con altre undici persone. L'accusa di truffa riguarda una cifra superiore ai 65 milioni ed interessa diciotto persone. Da costoro, il Pascale si sarebbe fatto rilasciare assegni e cambiali con la promessa di scontarli e di consegnare loro l'equivalente in contanti. Secondo l'accusa, il mediatore non dava mai alle sue vittime il denaro pattuito o ne consegnava soltanto una minima parte. Egli immetteva i titoli nella catena delle girate e degli sconti, trattenendosi il denaro destinato ai beneficiari del prestito. Alla fine i titoli tornavano agii emittenti che qualche volta, per evi elcaniditotrnrimopmtocotifoe riglobi50fistglsosochreradcoesgP« gcol'ribbalatelonrifepcusinpvdstsisteaitì'!"piclt(it>W, maBu còsfxettf tochmda privarsi di proprietà loro 0 delle .mogli, che avevano avallato gli effetti. Non di rado, ppj, le vittime si rìpresentavano al Pascale per un ulteriore prestito, a più pesanti condizioni. Il mediatore riusciva quasi sempre a convincerle che la mancata riscossione del mutuo precedente doveva attribuirsi a circostanze eccezionali e imprevedibili. Per sua ammissione, il Pascale riceveva forti somme da persone che concedevano prestiti ad elevatissimi interessi dietro rilascio di assegni e cambiali, come garanzia. Per tali operazioni egli si tratteneva una percentuale. Ad un certo punto, però, il mediatore non si è accontentò più e, secondo l'accusa, cominciò a compiere le truffe. Il Pascale avrebbe emesso prestiti ad interessi da usura a una decina di persone, per complessivi 7 milioni: su tale cifra egli realizzò un profitto di due milioni. E' stato accertato che in un caso l'interesse percepito dal Pascale fu del 221 per cento. I prestiti erano a scadenza molto breve e la consegna del denaro veniva tirata per le lunghe; spesso questa era subordinata al rilascio di altre cambiali. Il p.m. dott. Ernesto Santucci, che ha pronunciato la requisitoria, ha definito tale sistema « la tecnica del singhiozzo e dello strozzamento complessivo a circolo chiuso » Da chi provenivano i fondi per i prestiti? Il giudice Istrut' tore ha fatto i nomi di undici persone, che figurano imputate di concorso in usura con il Pa scale per aver percepito interessi usurari su una somma complessiva molto superiore al miliardo di lire. Si tratta di Francesco Aquila, da Bra, che avrebbe concesso in prestito, a interessi elevati, la somma di 7 milioni e mezzo ; Cesare Barroero, residente a Cuneo, via Bersezio 61, che ha prestato 2.500.000 lire; Alfredo Cristina, abitante a Cuneo, in via Armando Diaz 7 (350 milioni); Giovanni Eula, residente a Cuneo in corso Nizza 37 ( 700 mi lioni); Riccardo Frivoli, residente in via Cavallotti 11 (3 mi lioni); Rosario La Barbera, via Grandis 2, morto due mesi fa (4 milioni); Cesare Pellegrino, residente in via Quintino Sella 10 (27 milioni); Francesco Rosso, residente a S. Rocco Castagnaretta (40 milioni); Giù seppe Rovere, via Grandis I (4 milioni e 500 mila); Giove naie Serale, Madonna dell'Ol ino 49 (7 milioni); Salvatore Vallarelli, via Carlo Emanile le 25 (5 milioni). Sono tutti commercianti, in genere mo bilie ri. Nella sentenza di rinvio a giudizio non si trovano i nomi di altre persone che da tempo la voce popolare indica come 1 veri « finanziatori » della « anonima usurai ». E' evidente che l'inchiesta non è riuscita a provare nulla di concreto nei loro confronti. Imputati minori sono Francesco Bernardi e Romano Bianco, da Cuneo; Antonio Polvere, residente a Torino in via Gorizia 24 e Candido Cavallo, di Alba, in- EptrdplogticdcmtvglMcgrgCdcgtFamcscdmu eliminati 11 primo di falso in cambiale e gli altri di emissioni di assegni a vuoto. Si tratta di clienti e vittime del mediatore, i quali, dopo essere stati truffati, furono addirittura denunciati dal Pascale all'autorità giudiziaria. Il mediatore aveva dapprima cercato di occultare le sue operazioni come fornitore di mobili e altre merci. In seguito, quando i sospetti sul suo conto cominciarono ad infittirsi, 11 Pascale non esitò a fornire alla magistratura cifre e nomi. Un cronista di un periodico cuneese riusci a fotografare, con la complicità dello stesso mediatore, 186 cambiali e 68 assegni — per circa 50 milioni di lire, recanti le firme di girata di Alfredo Cristina, di Giovanni Etile e degli altri che gli fornivano le somme per i prestiti. I finanziatori del Pascale si sono sempre difesi sostenendo che si limitavano a consegnare il denaro al mediatore, Ignorando chi fossero i beneficiari dei prestiti e tanto meno le condizioni di bisogno in cui essi si trovavano. A tale riguardo, nella requisitoria del P. M. dott. Santucci, si legge: « Il concetto dell'usura va adeguato alle strutture economico-sociali e commerciali dell'epoca attuale in cui sarebbe ridicolo individuare lo stato dì bisogno nell'indigenza. Sarebbe parimenti ridicolo ricercare, attraverso la norma giuridica, la figura tramandata dalla letteratura sette-ottocentesca dello strozzino Intabarrato, che nella soffitta conta il denaro ricavato da sordidi prestiti effettuati a chi deve comprare pane e medicine per i figli. Il commerciante che si trova in una situazione finanziaria malsicura, il professionista che non ha denaro da anticipare per condurre a termine un lavoro e che, non trovando credito presso le banche,-sono costretti a rivolgersi a privati, si trovano indubbiamente in stato di bisogno. Perciò colo- to* ette' ner*" aJspróTfttarn^peTpchiedere interessi eccessivamente elevati devono rispondere di usura». n. m.