John Charles racconta la sua avventura italiana

John Charles racconta la sua avventura italiana John Charles racconta la sua avventura italiana Perché è tornato al Leeds - Cinque «anni meravigliosi» nella penisola, turbati soltanto nel finale dalle difficoltà frapposte al rimpatrio e da discussioni economiche • II primo contatto con Gigi Peronace e la firma del contratto con la Juventus - Il manager delle stelle della televisione ha curato gli interessi di Charles 11 calciatore della Juventus John Charles, rientrato definitivamente a Leeds, ha iniziato la pubblicazione delle sue memorie di cinque anni di vita italiana. A differenza di altri professionisti inglesi del foot-ball, Charles ha conservato un sereno ricordo delle sue esperienze mediterranee, Edi mette in evidenza con spirito obiettivo pregi e difetti dei due differenti ambienti sportivi, l'ìtRllano ed il britannico. Da oggi «La Stampa» pubblica In esclusiva il racconto di quello che è stato senza dubbio uno dei più forti e popolari assi stranieri del. nostro campionato. Londra, 13 agosto. / miei due figli più grandi parlano l'inglese e l'italiano e cosi anche il più- piocolo, Peter, di cinque anni. Egli però non si rende ben conto ohe quando parla italiano fa un misto divertente di entrambe le lingue. II motivo per il quale ho posto fine ad una piacevole permanemna di cinque anni in Italia non ha niente di sensazionale. Mia moglie Peggy ' ed io amiamo l'Italia, ma siamo inglesi e desideriamo ohe anche i nostri figli crescano come tali.- Pertanto, non vi è nessuna storia segreta sulla nostra partenza, nessun mistero. Non è stata nemmeno una decisione improvvisa. Ci abbiamo pensato su per cinque anni e cioè fin da quando lasciammo l'Inghilterra. Tuttavia, non mi ero reso conto che partire fosse cosi difficile o che le mie ultime settimane di permanenza sarebbero degenerate in una discussione ài denaro. Il punto di verteniea con la mia società riguardava il J2 per cento sul prezzo di trasferimento versato dal Leeds per n'avermi, oltre ad un premio di un milione e mezzo per il comportamento nell'ultimo campionato in totale 7860 sterline (poco più di 13 milioni). Una parte della somma mi era stata promessa soltanto verbalmente dal dott. Umberto Agnelli ed il mio ultimo contratto in Italia si riduceva ad un'estensione verbale degli accordi stipu"lari "in precedenza per iscritto. Dopo una serie di spiegazioni e di trattative la questione è stata risolta e ne sono ben lieto. Questa discussione era sta- ta una nota negativa nei miei ultimi rapporti con il calcio italiano. Forse si volevano fare ulteriori pressioni per trattenermi in Italia e non vi era sfitta jnoip per convincere i dirigenti bianconeri che intendevo ritornare al mio paese. Già- in precedenza il rifiuto di accettare i fatti mi aveva messo in crisi, crisi che durò fino al mese scorso, quando il presidente della Juventus in due minuti mi liberò dal peso che era gravato su di me per due mesi. In quei due minuti — dopo che ero venuto a Torino in seguito ad una convocazione urgente da parte del club bianconero — il signor Agnelli mi disse che potevo tornarmene in Inghilterra. A pochi passi di distanza, un vecchio tifoso della Juventus stava piangendo come un bambino perche io me ne andavo. Naturalmente, ne fui commosso, ma. non ho certo cambiato idea. Mi sarebbe soltanto spiaciuto andarmene in modo brusco e chiudere malo una meravigliosa permanenza di cinque anni in Italia. Una meravigliosa avventura cominciata molto tempo fa. All'inizio del 195B, due anni prima òhe mi trasferissi in Italia, uno straniero giunse inatteso sul campo del Leeds United. Fu ricevuto nell'ufficio della segreteria e gli venne offerta una tazza di tè. Ad un tratto, alzatosi in piedi lo sconosciuto si accostò alla piccola finestra che dava sul campo, dove i giocatori stavano allenandosi. « Dove è Charles t » chiese. Gli fu indicato. «Ah, s\ — disse lo straniero — la Juventus vorrebbe acquistarlo ». Educatamente, ma con fermezza, venne invitato a finire il tè e ad andarsene. Quello fu il primo contatto di Gigi Peronace con il « foot-ball ■» inglese. Gli italiani non sono famosi per la loro pazienza. Ma se sono decisi ad avere un calciatore, sono pronti ad aspettare quanto è necessario, pur.di assicurarsi il loro uomo. Comunque, per quanto ne potevo sapere io allora, un mio trasferimento in Italia era fuori discussione. Soltanto due anni dopo il mio passaggio al club torinese si sviluppò come un'avventura di spionaggio. Ecco la successione dei fatti. 6 aprile 1957 - Il Leeds aveva giocato contro l'Arscnal, a Highbury. Mentre lasciavo lo stadio dopo la partita, fui chiamato da un giornalista mio amico. Vo¬ leva farmi incontrare un uomo che, secondo lui, poteva fare molte buone cose per me. Accettai e salimmo su un tassì. Sul sedile posteriore c'era, fjt attesa, Gigi^P.cronace. Ci stringemmo la mano e dopo un lungo guo di parole apparve chiaro quello che Gigi voleva e quel che era disposto ad offrirmi. Io ero in una posizione dedicata: ero sempre un giocatore del Leeds. Egli lo riconobbe. 10 aprile - La nazionale del Galles giocava una partita internazionale contro l'Irlanda, a Belfast. Fu per me una giornata memorabile: la mia prima partita come capitano della squadra del mio Paese. Fu ancor più memorabile perche nella tribuna del Windsor Park stava il presidente della Juventus, 13 aprile - / giornali riferirono che Itcal Madrid, Lazio o Inter si interessavano a iuq, L'atmosfera cominciò a scaldarsi. Tifosi sconosciuti mi scrivevano, mi telefonavano o mi fermavano per strada. Tutu volevano sapere se era vero oppure no che avrei lasciato il Leeds United. Nulla di ufficiale era stato detto a me dai miei dirigenti. Quella stessa sera, al Leeds United arrivò un telegramma da Agnelli. Confermava che egli era in viaggio per Lccàs, per fare un'offerta, ed invitava il Leeds a non accettare altre proposte, prima d'aver sentito la Juventus. 18 aprile - Giornata fati dica. Il Leeds era in agita zione. Mia moglie Peggy era a casa in attesa del nostro terzo figlio e la nostra abitazione sembrava una fortezza assediata. Molti giornalisti tentavano di sapere qualche cosa sulla questione e ne parlavano non tra scurando, naturalmente, mia moglie « il nascituro. Un grosso industriale mise a disposizione la somma di 10 mila sterline, la stessa che mi sarebbe stata offerta dalla Juventus, se fossi rimasto con il Leeds United, ma tale offerta era illegale e non fu presa in considerazione. I giornali non pubblicarono, quel piorno, un'altra notizia importante, e Cioè che John Charles sarebbe stato il primo giocatore di calcio ad essere rappresentato dal proprio agente durante le trattativa per il trasferimento. Iò avevo infatti ricevuto pooo prima un telegramma da Londra. Esso diceva: « Parto stamane da Londra con Kenneth TVolstenholme. Non fare nulla fino al nostro arrivo, (firmato) Teddy Sommerfield ». Sommerfield è il dirigente di un'organizzazione londinese che si interessa dei contratti delle nostre stelle più in vista della televisione, fra cui Eammonn Andrews. Per qualche tempo egli era stato il mio agente al di fuori dell'attività calcistica ed eravamo ottimi amici. Nel Queen's Hotel di Leeds io discussi in tutta segretezza, al secondo piano, camera SS, dalle 15,30 a oltre le SS prèndendo in esame i vari dettagli. L'organizzazione di Sommerfield aveva lavorato in stretto contatto con legali » contabili. Pertanto sapeva quale era il costo della vita in Italia, era stata anche messa al corrente sullo stipendio corrisposto ai calciatori in quel paese; conosceva inoltre i ruoli completi della Federazione italiana calcio e della Lega e informazioni sui loro contatti con i giocatori e sui contratti di ingaggio e di rinnovo. Così quando concordai l'incontro con i dirigenti della Juventus ero perfettamente al corrente delle condizioni che si facevano ai calciatori in Italia. Nel frattempo i rappresentanti delle due squadre si erano riuniti in segreto in una località alla periferia della città. In serata ci fu una seconda riunione. Questa volta nella stanza n. £33. Le discussioni ebbero inizio alle muti e un'ora dopo i colloqui erano ancora in corso anche se nessuno riusciva a rendersi conto dèi perché di tanto parlare. Finalmente la seduca /u» *oWa*f ragpre- . sentanti del Leeds scesero nella « hall ». Io fui invitato a incontrarmi con il signor Agnelli. Appena lo vidi gli feci presente che avrei desiderato avere Sommerfield al mio fianco. Non c'è dubbio che gli Italiani siano rimasti sorpresi nel rendersi conto che noi eravamo bene informati sulla situazione calcistica nel loro paese. H nostro colloquio durò oltre due ore e fu soltanto dopo mezzanotte che il signor Agnelli diede ai giornalisti che l'attendevano la fatidica notizia: « E' stato raggiunto un accordo di princìpio ». Finalmente anc?i'io potei andare a letto. Sommerfield e Wolstenholme si incontrarono nuovamente nella stanza sse e vi rimasero fino alle prime ore del mattino per rivedere i termini dell'accordo. Era un lavoro lungo e impegnativo, ma ne valeva la pena. Sono convinto che se la mia esistenza in Italia è stata felice lo devo in particolar modo alla cura con la quale venne trattata la questione prima della firma per l'ingaggio. John Charles Copyright Associated Kewpapers Limited 1662 John Charles durante una intervista concessa a Londra al suo rientro in Inghilterra