Roma in confidenza

Roma in confidenza Roma in confidenza Baldini ritrattista mondano nel fulgore della Belle epoque Nell'anno commemorativo dell poeta diffìcile, cioè colto e rimezzo secolo dalla morte diI flesso; e a gustarlo si richie- Giovanni Pascoli, ben a proposito esce presso le < Edizioni scolastiche Mondadori », primo volume della collana «L'Airone», VAntologia lirica (con una scelta di prose), dedicata al poeta di San Mauro da uno dei maggiori e più solerti pasroliani, Augusto Vicinelli. E' un grosso volume di 480 pagine che, ad un'ampia Premessa dell'autore, fa seguire l'iter vitae del poeta romagnolo e una Nota bibliografica, prima di presentare l'Antologia vera-e propria, che distribuisce la materia dai preludi della formazione poetica alle liriche latine (testo e traduzione) Viene poi una breve scelta di prose, una cinquantina di pagine soltanto, ma tra le più significative. Il contenuto è ricchissimo, risalendo a componimenti del 1889 — mentre le prime «Myricae» sono del '91 — e portandosi fino a quei < Poemi del Risorgimento» che furono raccolti postumi nel 1913 dalla sorella Maria (è riportato il poco conosciuto < Napoleone » che, pur nella gonfiezza, non tradisce qua e là il poeta). Il Vicinelli inquadra le scel te in discorsi introduttivi e commenti riassuntivi; è ricco di note, e molta cura dedica alla metrica facendone risaltare la finezza e la ricchezza: spicca cosi una musicalità insospettata, dalla maggior parte dei lettori. Anche questo riesce utile, perché il Pascoli, nonostante le apparenze, è un de, oltre a cultura e attenzione, una particolare sensibilità. Troppi, arroccatisi sul giudizio limitativo del Croce (che del resto non disconobbe mai l'artefice e dal conguaglio con altri e ben peggiori decadenti s'indusse a quasi amare il Pascoli, in cui ravvisava « un onest'uomo della vecchia Italia») ancora insistono sulle onomatopèe, sulle fanciullaggini, sui lezi onde prese forza quel giudizio, e dimenticano il poeta coamico e il poeta dei miti. Il quale non si dice sia il Pascoli migliore: ma anche quando oscilla tra il pasticcio e il capolavoro, riguardato con l'amorosa lente del Vicinelli, rivela tratti di schietta poesia, tali da invogliare i giovani a ricercarlo tutto. Egli merita di essere studiato anche perché, vivente ancora, fu riconosciuto come il nostro poeta più ricco di futuro; e il tempo gli ha dato ragione. Sarebbe interessante cercare quanta parte della poesia contemporanea discenda dalla poesia pa.^oliana nel bene e nel male: nel fulgore lirico come nella corruzione ed esagerazione di incontestabili difetti. Speriamo che qualcuno s'accinga anche a questo studio ora che il Pascoli, a cinquant'anni dalla morte, anche per merito di questa succosa antologia, mette fra tante fioche la sua voce di poeta vero. Di Silvio Negro, immaturamente mancato, or sono quasi tre anni, al giornalismo e alle lettere, un libro postumo acuisce il ricordo e il rimpianto: Roma, non basta una vita (editore Neri Pozza). Impareggiabile per riguardo all'umiltà con cui egli andava ogni giorno, con occhi nuovi, alla scoperta della città che pur conosceva così bene; per il sentimento che non lo abbandonava mai, e che vivifica queste pagine, di pellegrino in patria. Come ogni giornalista di razza, il Negro seppe convertire lo spunto effimero, l'occasione esterni:, in quadro e meditazione; niente è in lui della frettolosità dei coloristi e degli impressionisti cui possono bastare tre giorni per sbrigarsi di Roma; il suo è un andare riposato, un documentato vedere, in cui la freschezza dell'osservazione si sposa al rigore della scienza, al senso vigilante della storia. A questo viaggiatore di casa tutto fa prò: l'interno della Colonna traiana; 1 segreti dell'immenso Quirinale; il grande cimitero degli Ippopotami sulla via Aurelia; i tesori d'arte e di memorie sepolti nelle acque del Tevere, insospettato museo; cimeli preistorici, vecchie fotografie. E la Messa del sordomuti a Ripagrande, i battezzati di San Pietro, il primo cinematografo romano,, e -cento escursioni e avventure culturali, tutte inedite, precise e saporose. |, p. Benché fino a ieri, si può dire, Giovanni Boldini sia stato fra i pochissimi (col De Nittis, lo Zandomeneghi, e chi altri?) pittori italiani della seconda metà dell'Ottocento noti e pregiati anche all'estero, la sua bibliografia era rimasta scarsa ed incompleta. Perciò il libro fresco di stampa (Torino, Utet, 1962) Giovanni Boldini, più di 300 pagine scritte con attraente vivacità e raro garbo da Dario Cecchi, un giovane che fra l'altro già ci ha dato un piacevole Tiziano, biografia < narrata », è destinato a un sicuro successo presso i lettori che diffidano delle vite « romanzate » e viceversa non desiderano impegnarsi nell'esame strettamente critico di un artista. Fra questi opposti Dario Cecchi ha scelto e felicemente seguito la strada giusta. Quello straordinario personaggio che fu il ferrarese Boldini (1842-1931), maestro di suprema eleganza pittorica, ritrattista dei maggiori che abbia avuto l'Europa dopo Frans Hals (che fu uno dei suoi idoli), ambizioso conquistatore di celebrità in una Parigi che pullulava di geni, oltre che amatore fortunatissimo malgrado la bruttezza e la statura qua¬ si nana, è rivissuto passo passo dalla nascita alla morte con una informazione minuta degli ambienti — da Ferrara a Firenze, da Londra a Parigi — in cui visse e lavorò, e proiettato sul pittoresco ed affollato sfondo, società, costume, intelligenza, cultura, dei luoghi dove con eccezionale fertilità compì la sua opera. Il tono, !o stile, è da narratore agile, sciolto, immediatamente comunicativo. Ma nel racconto non c'è una sola battuta che non nasca dalla conoscenza perfetta- della situazione artistica del tempo boldiniano in Italia, in Francia o in Inghilterra: una documentazione che da sola darebbe materia a dieci volumi. Basti notare come il pittore viene inserito fra il gran mondo parigino che gli spalanca le porte della fama, che se ne disputa la presenza nei più intellettuali salotti, e l'ambiente degli Impressionisti ch'egli frequenta da amico. Ed il capitolo dell'incontro con Verdi, da cui scaturisce in un rapimento ispirato il celebre ritratto, uno dei suoi capolavori, è un brano che" non sarà dimenticato dal lettore più esigente. Leo Pestelli mar. ber.