L'ostetrica che uccise il prete a rivoltellate narra le fasi della tormentata relazione

L'ostetrica che uccise il prete a rivoltellate narra le fasi della tormentata relazione Una tragica vicenda rievocata alle Assise di Parma L'ostetrica che uccise il prete a rivoltellate narra le fasi della tormentata relazione «Mi ero innamorata e lui mi promise di lasciare la tonaca per sposarmi» - Il sacerdote aveva 58 anni, la donna ne ha 49 - Era vedova e madre d'una ragazza quando conobbe il parroco - Rinunciò al matrimonio con un ingegnere per le insistenze del religioso - L'ultimo incontro nella casa dell'imputata - «Lo minacciai con una pistola ed egli rise. Premetti il grilletto e sparai quattro colpi» - Oggi forse la sentenza (Dal nostro corrispondente) Parma, 5 luglio. Il processo in Corte d'Assise a carico di Caterina Forcella ved. Viveros, l'ostetrica di 4!) anni che il 2>i maggio dello scorso anno uccise con quattro colpi di rivoltella, il sacerdote don Giovanni Lupina, di 58 anni, rettore della, parrocchia di Faviano di Lesionano Bagni, ha messo in luce fin dalle prime battute i retroscena di una vicenda che tanto colpì l'opinione pubblica. Caterina Forcella, detenuta dallo stesso giorno del delitto, è anparsa in aula pallida, invecchiata, agitatissima. Vestiva un tailleur nuoto di buon taglio, con un foulard chiaro e guanti pure chiari. Portava occhiali neri. Quando il presidente l'ha invitata nell'emiciclo per l'interrogatorio, Caterina Forcella ha cominciato a narrare con voce fioca, poi via via rinfrancandosi, le fasi della relazione con il parroco dt Faviano. E' stata una descrizione miyiuta, sconcertante, durata quasi tre ore. € Tutto è cominciato — ha detto l'imputata — nella primavera del '56. Avevo bisogno di una persona che s'interessasse della pratica di pensione di mio marito, deceduto qualche tempo prima a Messina. Da un dottore mio amico mi fu presentato don Lapina. Il sacerdote si mostrò subito gentilissimo e diventammo ottimi amici: lui veniva spesso in casa mia, in via Cavallotti a Parma, e io mi recavo sovente da lui, a Faviano. Verso la fine dell'estate di quello stesso anno la nostra divenne una relazione vera e propria: IMIIIIIIlllIIIflItllllillilllllllIIIIItllllllIlflIIIIIIflI mi accorsi subito che non era una cosa regolare, ma mi ero innamorata e lui mi aveva formalmente promesso di voler lasciare la tonaca per sposarmi. Io ci credetti, ma dopo qualche mese la relazione si interruppe a causa dei reiterati tentennamenti di don Lapina e anche per l'insorgere di una situazione nuova». A questo punto Caterina IIIIlllIllillIIIIIIIIIlriIlfMflMIIIIIIIIItlllMIIIIIIIK» a r o i e a Forcella racconta di una relazione con un ingegnere, certo Longhi, di Piacenza, un suo spasimante di 25 anni prima, con i! quale si era rivista e con il quale si era « ufficialmente'fidanzata». Verso la fine del '58 il matrimonio con l'ingegnere parve sicuro: due avevano già fatto approcci per l'acquisto dei mobili e sulla targa dell'ostetrica, sul portone di casa, la Forcella fece correggere il proprio no me in « Caterina Forcella Longhi ». Don. Lapina però non si rassegnò a perdere la sua donna e cominciò a tempestarla di telefonate, alcune delle quali intercettate dallo stesso ing. Longhi. Presidente — Una volta, quando la vostra relazione con l'ingegnere ero, ancora in atto, don Lapina fu visto entrare nel vostro appartamento. Co me mai consentivate una co sa del genere t Imputata — Non ricordo. Se ciò avvenne, don Lapina lo fece senza la mia autorizzazione Ad ogni buon conto, dopo quest'episodio Ving. Longhi ruppe ogni rapporto con Ir donnea, che riprese automati pamente la relazione con il sa cerdote. cMi aveva nuovamente pro-messo — prosegue Vimputataa a o r a — che mi avrebbe sposata, e che ci saremmo trasferiti a Milano. Io l'amavo e gli prestavo fede. Ma presto dovetti convincermi che erano bugie, che don Lapina non voleva arrivare al passo decisivo, cioè ad abbandonare la tonaca». In questo clima di rapporti piuttosto tesi si arriva alla tragica notte fra il 23 e il 24 maggio. E' la stessa Caterina Forcella a descriverla: € Per tutto il giorno SS avevo invano cercato dì mettermi in contatto con don Lapina. Questi arrivò improvvisamente a casa mia, a.bordo della sua "utilitaria", verso le 22. In salotto c'era mia figlia che stava studiando insieme con alcune compagne: per evitare che ci vedessero, uscii, salii in macchina con il sacerdote e facemmo un giro alla periferia, ritornando in via Cavallotti verso le 2S,S0. Presidente — Vostra madre e vostra fini a sapevano della relazione con don Lapina? Imputata — SI e mi avevano sollecitata ad interromperla. Mi dicevano che un fatto del genere non avrebbe potuto finir bene. Caterina Forcella riprende poi il suo racconto: < Io non 1111 ! M11111i1111111MI ri 111i 1 ! 111H11111 ! 11 ! [f 11 11JIEI» \nèhn 'stanza di mia madre e \preiii da un cassetto una pic- volevo che don Lapina salisse ma dovetti cedere ed entrambi dormimmo nella mia ca mera. Presidente — Come è possi bile che don Lapina abbia po tuta salire nel vostro appartamento se voi non volevatef Imputata — Mi raggiunse di sorpresa mentre aprivo la porta e non potei allontanarlo, anche perché non volevo svegliare mia madre e mia figlia che dormivano in una stanza accanto. Verso le 4,S0 del mattina — prosegue l'imputata — mi svegliai e si svegliò anche il sacerdote: temevo che mia madre si fosse accorta della sua presenza e lo invitai ad andarsene. Ci alzammo e ci sedemmo nel salotto, riprendendo l'argomento di sempre cioè il matrimonio. Mi trovai purtroppo di fronte a nuove manovre dilatorie. Presidente — Quali scuse ad duceva don Lapina per riman dare le nozze? Imputata — Affermava che aveva pendenze finanziarie da sistemare e che era implicato in situazioni diffìcili dalle qua li sperava di uscire, col tempo. Ad un certo momento — prò segue la donna — mentre il i , sacerdote si stava lavando nel \bagno, io entrai furtiv,amentccola rivoltella calibro 6,35, che avevo acquistata tre anni prima per difesa personale, e la deposi sul tavolo del salotto. Quando don Lapina tornò, lo minacciai ma egli mi rispose schernendomi che se lo avessi ucciso gli avrei fatto un piacere perché in tal modo avrebbe finito di tribolare. Ero esasperata: afferrai l'arma e premetti il grilletto, mi pare quattro volte. Don Lapina stramazzò al suolo, morto. Subito mi recai nella camera dove si trovavano mia figlia e mia madre e le informai dell'accaduto. Poi tornai nel salotto e ripresi l'arma, decisa a suicidarmi. Ma arrivò mia figlia e me la tolse. Mi vestii, telefonai alla Squadra mobile che in via Cavallotti c'era un cadavere. Pregai l'inquilino- del piano di sopra di occuparsi di mia madre e mi recai in questura, a costituirmi. Queste le dichiarazioni che Caterina Forcella ha reso in circa tre ore d'interrogatorio. L'udienza si era aperta con alcune pregiudiziali ed istanze: da ricordare fra l'altro che il. difensore, avv. GHidini, ha chiesto alla Corte di citare l'avvocato Roberti di Parma, per sapere se risponda a verità che una persona di sesso femminile, attraverso lo stesso avv. Roberti, ebbe più volte a sollecitare il reverendo don Lapina per ir pagamento della pensione alimentare a favore della figlia minore. La Corte si è riservata di decidere. Nel pomeriggio l'udienza è proseguita con l'escussione di alcuni testi che non hanno portato elementi importanti. Domani il processo dovrebbe concludersi: parleranno dapprima i patroni di parte civile (per i due fratelli e la, sorella del Lapina), avv. De Giorgi e avv. Frati; poi prenderà la parola il p. m. dott. Moi e infine ci sarà l'arringa del difensore, prof. Ghidini. La sentenza, è attesa in serata. a. c. L'imputata Rina Forcella in Corte d'Assise. A destra, la vittima don Lapina

Luoghi citati: Messina, Milano, Parma, Piacenza