Oltre 700 mila meridionali in sei anni nel Nord Italia

Oltre 700 mila meridionali in sei anni nel Nord Italia Le "migrazioni interne" alla luce delle statistiche Oltre 700 mila meridionali in sei anni nel Nord Italia La cifra si riferisce soltanto agli iscritti nelle liste anagrafiche, senza i clandestini e i non residenti - A Torino gli immigrati, dal '56 al '61, sono stati 275 mila : l'offerta di lavoro è ancora superiore alla domanda (Nostro servizio particolare) Roma, 4 luglio. Secondo le statistiche, dal 1956 al 1961 ben 8.987.156 cittadini sono stati iscritti nelle liste anagrafiche dei vari comuni della Repubblica; 9 milioni 147.387 sono stati cancellati; le regioni meridionali presentano un saldo migratorio negativo di 851.084 unità, le regioni del Nord un saldo positivo di 730.893 unità. Tn sei anni, dunque, quasi 000.000 italiani del Mezzogiorno hanno lasciato i loro paesi per zone del Nord o per l'estero. Queste cifre riguardano soltanto la migrazione ufficiale tralasciando 1 < clandestini » e i < non residenti > che hanno popolato a decine di migliaia le periferie della città prima dell'abrogazione della legge sull'urbanesimo. Le cifre forniscono anche le direttrici di questa marcia verso il benessere: Milano ha un saldo migratorio attivo di 385.700 unità: Torino di 275 000; Genova di 68.000; Varese di 60.600. Le popolazioni di Reggio Calabria, dell'Aquila, di Campobasso, e di altri centri meridionali Invece si assottigliano. Tn questi giorni sono stati esaminati dal ministro Bertinelli i risultati delle indagini condotte sulle migrazioni interne nella provincia di Torino e sui problemi del collocamento e dell'assistenza. Si tratta di un documento che presenta elementi dì particolare interesse. Prendendo le mosse dalla constatazione che la popolazione della provincia di Torino, in un decennio, dal novembre '51 al novembre '61, è salita da 1.427.089 a 1.811.891 abitanti, pone in evidenza come l'incremento demografico abbia interessato soprattutto il capoluogo che, nello stesso periodo, ha avuto uno sviluppo da 712.596 a 1.017.318 abitanti. La popolazione degli altri comuni è Invece aumentata da 714.493 a 794.573. Il rapporto esaminato dal ministro Bertinelli precisa poi che la popolazione di Torino, il 31 marzo '62, era aumentata a 1.0-11.000 abitanti. Le immigrazioni hanno dato un contributo determinante all'incremento demografico della città Da una media di 47.000 all'anno nel quadriennio 1956-'59, gli immigrati hanno raggiunto nel 1960 la cifra di 64.745 e nel 1961 quella di 84.426 con un saldo in tale anno tra immigrati ed emigrati (24.610) pari a 59.816 unità. Nel primo trimestre del '62, gli immigrati a Torino sono stati esattamente 14.779 e gli emigrati 4.408. C'è stata una proporzione costanto di circa il 55% di maschi e il 45^ di femmine. Gli immigrati dell'Italia meridionale e insulare sono passati da una percentuale del 33',r sul totale nel quadriennio 56-59 a quella del 47,7^ (30.865) nel 1960 e al 54,9 (46.331) nel 1961. In un decennio il reddito prodotto dalla provincia di Torino, ..secondo il rapporto^ è stato maggiore del 100%, mentre l'aumento della popolazione ha raggiunto il 25% e quello delle forze di lavoro quasi il 30%. Se rapportati alla sola città di Torino, la cui attività produttiva è preminentemente industriale, tali incrementi risultano ancora maggiori. La popolazione attiva di Torino ha raggiunto nel 1961 le 480.000 unità pari al 47,18% del totale. Al 31 marzo '62 i disoccupati delle liste di collocamento di Torino erano 16.450 e quelli dell'intera provincia 31.840. Senonché il comune di Torino afferma che i disoccupati sempre al 31 marzo '62, erano solo 6.000 e rappresentano lo 0,80% della popolazione attiva. Il rapporto conclusivo della indagine condotta in provincia di Torino rileva, poi, che la situazione del mercato del lavoro 6 caratterizzata da un'offerta di occupazione superiore alla domanda. Alcune industrie sono state costrette a mandare loro incaricati in Svizzera par offrire ai lavoratori emigrati il rientro in Italia con un salario superiore a quello percepito. Le carenze riguardano, in parte, anche gli operai comuni, la manovalanza specializzata e quella comune. Un grande complesso industriale torinese ha in corso il reclutamento di due mila generici selezionati in Sardegna. Con spregiudicatezza non comune nei rapporti burocratici non si esita a dimostrare in quello esaminato da Bertinelli che le difficoltà che ostacolano il collocamento dei lavoratori da una provincia all'altra derivano dalla inefficienza degli uffici e del personale addetto. E' per questo che risulta esiguo il numero dei lavoratori avviati finora a Torino da altre regioni per tramite degli uffici di collocamento. Dopo aver tracciato un quadro dell'assistenza alle unità demografiche installatesi In provincia di Torino e provenienti dal Sud o dalle Isole, il rapporto si sofferma sul problema degli alloggi, rileva che è un problema grave, < perché gli immigrati sono costretti a forme di coabitazione e di superaffollamento che contrastano con le norme igieniche e sanitarie», e propone: 1) di svolgere una efficace propaganda nelle zone di provenienza degli immigrati affinché essi rinuncino a partire con i familiari; 2) si persuadano della opportunità che i loro familiari si trasferiscano solo dopo aver trovato lavoro e un adeguato alloggio. In questa parte del documento si accenna al comitato costituito presso la prefettura di Torino, ai primi stanziamenti per avviare a soluzione il problema, tra cui quello di 100 milioni del ministero dell'Interno, alla creazione di un villaggio prefabbricato ecc. Il rapporto conclude: «Al più rilevante problema degli alloggi si aggiungo quello della assistenza all'* infanzia », rivolta a fanciulli sposso denutriti e comunque inadatti ad inserirsi nelle comunità scolastiche normali senza l'ausilio di colonie permanenti integrafi dalla scuola. Altra difficoltà è quella dell'< analfabetismo », « semi¬ iMiiiiiniit irmi iiMiiiiMiii firiin analfabetismo » delle nuove forze di lavoro e della toualiflcazione professionale >. Vittorio Staterà

Persone citate: Bertinelli