Triste destino della Pro Vercelli la squadra del calcio romantico di Giorgio Lunt

Triste destino della Pro Vercelli la squadra del calcio romantico JB' caduta in IV serie a saettani' anni dalla Mandi azioni Triste destino della Pro Vercelli la squadra del calcio romantico I «pionieri» ricordano la nascita della gloriosa società piemontese sette volte campione d'Italia - Andavano a giocare nelle città vicine in bicicletta con una pagnotta e una fetta di salame per il pranzo I dirigenti non disarmano: le «bianche casacche» devono risorgere (Dal nostro inviato speciale) Vercelli, 11 giugno. Gli sportivi vercellesi sono profondamente rammaricati per la beffarda sconfitta della loro gloriosa < Pro > ad opera del Saronno, nell'incontro decisivo per la permanenza in serie C. La retrocessione è una doccia fredda sul commovente entusiasmo dei sostenitori delle « bianche casacche >, ma non provoca isterismi: è il destino che tutte le squadre cosiddette < di provincia > hanno nel loro bilancio preventivo, da quando il gioco del calcio ha cominciato a contare più sui quattrini che sulla passione che l'aveva tenuto a battesimo. Non è la prima volta, del resto, che la Pro Vercelli scivola in fondo alla scala della graduatoria: aveva già conosciuto l'amarezza della « quarta serie > nel campionato '53'54, tre anni dopo aveva risalito la china, l'anno successivo stava per compiere un altro passo verso la vetta, invece iniziò il declino. <Non ci resta che ricominciare da capo, non mollare — ci diceva oggi Franco Fornara, uno dei dirigenti più attivi e sinceri, al quale la sconfitta di domenica ha tolto il sonno e fatto versare lacrime cocenti. — E' una questione molale, un dovere verso una città che alla sua squadra è legata dal ricordo di un passato illustre. Abbiamo circa 70 milioni di deficit, ma in qualche modo li copriremo. < Cinque o sei del nostri atleti migliori sono richiesti da società importanti, non possiamo bloccare la loro carriera, ma speriamo di sostituirli senza eccessivo danno. Alla serie C abbiamo detto arrivederci, non addio >. Il capitombolo è tanto più sentito, in quanto proprio queBt'anno la Pro Vercelli festeggia il 70° anniversario della fondazione. Sorta nel 1892 come società di ginnastica artistica — per merito del prof. Domenico Luppi — nel 1904 si arricchì della sezione calcio. Valeva la pena di andare alla ricerca dei < pionieri > della squadra che dominò, per lunghi- periodi, gli stadi italiani. Il'primo nome segriatò stil nostro taccuino era quello del gen. medico Marcello Bertinettl, il valoroso campione olimpionico di scherma. Lo abbiamo trovato nel giardino della sua villa, mentre curava il frutteto. La € nascita > della «Pro Vercelli » ' acquista, nella sua rievocazione, il sapore di una favola. «Nel 1904 ero studente di medicina all'Università di Torino. Una sera tornai a Vercelli con un pallone: insie me ad alcuni compagni di corso alternammo la scherma e la ginnastica con il nuovo sport. Fondammo la squadra senza dirigenti, senza allenatori, senza massaggiatori, senza fondi. «Nel 1908 vincemmo il campionato di seconda categoria la federazione ci iscrisse d'autorità a quello superiore. Vincemmo anche questo, per due anni consecutivi. Nel 1910, le due finaliste erano la Pro Vercelli e l'Inter. Nel giorno fissato dalla federazione per l'incontro, si disputava anche il campionato militare. La no Etra sq\iadra aveva quattro giocatori sotto le armi, chiedemmo di poter rinviare la partita. Di fronte al rifiuto, decidemmo dì schierare con tro l'Inter la squadra dei ra gazzi. Perdemmo 5 a 2, ma per un'ora e mezzo 1 milanesi dovettero lottare a denti stretti, tra le frecciate del pub bllco. «All'inizio della partita uno dei nostri, Rampini II, porse al belga Van Hege — un fuo rlclasse dell'Inter, una lavagna e un gessetto: perché potesse gli spiegò serio serio, tenere meglio la contabilità dei goals ». La burla costò ai vercellesi un anno di squalifica, più tardi revocata. Nel 1911, nel '12 e nel '13 1 «bianchi» continuarono a spadroneggiare, poi venne la guerra. Nel 1921 e nel '22 vinsero altri due campionati, poi fu l'inizio del len to declino. Le squadre delle grandi cit tà cominciarono a « pescare » liei vivaio, se ne andarono Rosetta (la Juventus lo ot tenne per 50 mila lire), Cali garis, più tardi Piola e altri atleti famosi. « E pensare conclude il gen. Bertinetti — che ai nostri tempi andavamo in bicicletta a giocare nelle città vicine, con una pagnotta e una fetta di salame per pranzo ». Uno degli attaccanti più ap plauditi, nell'epoca d'oro della «Pro Vercelli», era Rampi ni I, al secolo geom. Carlo Rampini, cavaliere. E' il capo stìpite di una dinastia di cai datori vercellesi: erano cinque fratelli, tutti indossarono la bianca casacca. Lui cominciò a giocare a 15 anni, rei 1906 Fu anche l'« inventore » della divisa della squadra. «La società non era in gra do di comprarci le scarpe, calzoncini, la maglia. Lanciai un'idea: le acarpe potevamo ottenerle con un piccolo ricat¬ to ai genitori: quelle da football sarebbero durate almeno un anno, quelle da passeggio si sarebbero consumate in quindici giorni, di smettere di tirar calci al pallone non c'era neppure da pensarci. Capitolarono ». « Ognuno di noi possedeva un paio di pantaloni neri, allora erano di moda. Bastava tagliarli sopra al ginocchio. An-t che una camicia bianca, avevamo nel cassetto per la domenica: perché non adoperare quella, rimboccando le maniche? ». Carlo Rampini giocava da mezz'ala sinistra, era 11 « tiratore scelto». Per ogni goal, 11 presidente avv. Bozino regalava un pacchetto di sigarette (popolari) agli undici atleti. Siccome le « reti » piovevano, la federazione cominciò ad allarmarsi. Ordinò una severa inchiesta, accusando di « professionismo » la squadra. I cui finanziatori versavano ad ogni giocatore — quando dovevano trasferirsi a Genova — poco più di 13 lire per il viaggio di andata e ritorno in seconda classe, e per il pranzo. SI partiva al sabato sera, si arrivava a Genova di notte. Il biglietto costava circa 12 lire: bisognava dormire nella stazione o saltare il pasto il giorno dopo, se si preferiva andare all'albergo. Ecco perché i campioni del passato remoto e anche abbastanza recente — da Mario Ardissone a Giuseppe Milano, dai prestigiosi Piero Ferraris e Silvio Piola a Baldo Depetrini, Matueja, Binaschl, eccetera — quando sentono parlare di milioni, di stimolanti, di favolosi ingaggi, di fughe, di corruzione si rabbuiano e si estraniano dagli stadi. Per essi, la squadra era una specie di carroccio, una bandiera, un onore. Undici vercellesi, uno per tutti, tutti per uno. Hanno dato una lezione di costume, che purtroppo è rimasta un ricordo e un rimpianto negli sportivi autentici. Giorgio Lunt Il generale Bertinetti, l'ex-calciatore che fondò la squadra della «Pro Vercelli»

Luoghi citati: Genova, Italia, Saronno, Vercelli