Nell'uso del "dittongo mobile" l'orecchio vale più delle regole

Nell'uso del "dittongo mobile" l'orecchio vale più delle regole DIFESA DELLA LINGUA Nell'uso del "dittongo mobile" l'orecchio vale più delle regole In genere il dittongo rimane se vi cade l'accento («piede»), scompare in caso contrario (« pedata ») - Ormai si preferisce la forma più semplice, purché non generi ambiguità - C'è una bella differenza fra « notare » e « nuotare », fra « pedone » e « piedone » Quando una regola grammaticale è come mangiata dalle sue troppe eccezioni, è umano, non diciamo giusto, che non ci se ne dia più pensiero. E' il caso della regola del < dittongo mobile », famosa ormai soltanto di nome, e surrogata, nel fatto, o dalla grammatica del giudizio (la migliore di tutte) o dalla grammatica della spensieratezza (la più diffusa e fortunata). Che cosa dice quella regola? Che i dittonghi ie e uo rimangono dittonghi finché premuti dall'accento: piede, suòno; ma scompaiono, riducendosi alle semplici vocali e e o, quando l'accento cade altrove: pedata, sonata. I vecchi grammatici e qualcuno anche dei moderni sono molto severi in proposito, e hanno per errori gravi, rispetto al dittongo uo: suonò suonare, buonissimo cuoceva percuotiamo muovendo tuonerà; rispetto al dittongo ie: intieramente tiepidézza diecina ecc. Le ragioni di questa regola secondo cui la mamma veramente italiana deve dire: cstai bonino >, sono tutte di pronunzia e di suono; e col solito acume le indagò Luigi Fornaciari « In alcune .parole l'i e l'u si accoppiano ad altra vocale, non per altra ragione che per ottenere miglior suono; talché tutte le volte che il miglior suono venga meno, la vocale aggiunta si toglie via Cosi, mentre si dice siedo e siedono, muoio e muoiono ed altre simili che hanno l'accento sui dittonghi ie e uo, non si dice siederà, muoriva e altre simili, nelle quali l'accento è più qua del dittongo, e dove perciò la voce dovrebbe far forza in due luo- cmsdgnv. «sto* su\ wwvng», e buiua sillaba accentuata; il che tor- nerebbe disagevole e malgra- dito » i Ma quando non torna disa-j gevole? quando il dittongo non dà, noia? Sono molti che dicono buonissimo (non ingannì il femminile bonissima che per 10 più cresce dal positivo romanesco «bona») senza guastarsi la bocca; oppure nuovissimo, lasciando ai dizionari, com'è loro dovere, di essere sempre e soltanto «novissimi». Il grammatico lucchese, che fu anche magistrato, è per la tolleranza. Anzi nota che dal conservare il dittongo talvolta il vocabolo prende più forza, come, nel canto d'Ugolino, il « dentro impietrai » ha più efficacia che non avrebbe 11 regolare impetrai. Si ha poi il dovere di uscire dalla regola quando in caso contrario si scamblerebbero quei vocaboli con altri: nuotare, notare; vuotare, votare; piedone, pedone; barbieria, barberia. Se ne esce nelle voci composte, perché veramente non sono una parola sola, ma più, benché unite: Buonaparte, luogotenente, fuoruscito. Dieci, che getta 1" i in decina, e l'e in diciotro, conserva però il dittongo in diecimila, forse perché prima fu scritto dieci mila; come lo conserva lieto in lietissimo (non però in letizia). E siccome gli avverbi in -mente si hanno per voci composte, così questi conservano le più volte il dittongo come si vede in nuovamente intieramente leggiermente. Anche quando il dittongo non sia per effetto di pronuncia ma per ragione intrinseca della parola, non getta così facilmente una delle due vocali. Non attecchì il dantesco Agusto per Augusto, né agurio, figurato e lor derivati che piacquero al Davanzati e al Salvini, in luogo di Augurio e Augumo. HQivmm«VQ Agosto, nome di mese, Agostino, nome di uomo, hanno gettato l'u; tanto che arrivati a questo j punto non si sa più distin¬ guere la regola dall'eccezione, e si vede la lingua per quello che veramente è, un corpo di eccezioni. Le forme: mietevo lievitare risiedette fienile fuorché e molte altre, attestano il trionfo dell'uso sulla regola del dittongo mobile, ridotta proprio a un cantuccio dove peraltro ha da essere ancora rispettata (bonario, sedile). Ma non è un cantuccio la Toscana, dove non soltanto quella regola riafferma tutti i suoi diritti, ma usurpa anche le ragioni del dittongo uo accentuato, dicendosi, com'è noto: vole foco coco bono cocere e così via. Il Petrocchi si fece banditore di quest'odio al dittongo uò nel suo glorioso dizionario, dove Uomo, con qualche fastidio per i suoi stessi fedeli, rimanda a Omo. Il monottongo fu la debolezza teorica e pratica del grande lessicografo, scesa nella tomba con lui. Del resto, anche per il povero Policarpo, qualche consolazione. Cuopre e ricuopre sono in regola, ma non sulla bocca di chi voglia parlare senza sospetto di affettazione. Oriolo, piolo, torlo, si fanno preferire anche dai non fiorentini, come più snelli di oriuolo, piuolo e tuorlo; e sempre il suffisso tuoZo (col trittongo) getta ormai 1' u nell'uso generale: armaiolo, giag giolo, tovagliolo. Prendono vigore anche le forme contratte Figliolo fagiolo aiolà, e per analogia Spagnolo e pignolo. Dopodiché, soltanto un pi gnolo, anzi un pignuolo, po trebbe chiedere un costrutto chiaro circa la regola del dittongo mobile, così mobile essa i.\aaesm.a « av.guitieata- vìiudizio e orecchio, chi li possiede, somministrano l'aiuto migliore. Leo Pestelli LIBRI RICEVUTI MAX FRISCH: Il teatro - Giangiacomo Feltrinelli, Editore, Milano - L. 2500. EURIALO DE MICHELIS Poesie a ritroso - Gian iacomo Feltrinelli, Editore - Milano li. 900. GIUSEPPE DESSI': San Silvano - Giangiacomo Feltrinelli, Editore - Milano - L. 1200. S. G. KURZENKOV: Sotto di noi la terra e il mare - Longanesi e C. - Milano - L. 1700. BRUCE MARSHALL: La ragazza di Lubecca - Longanesi e C. Milano - L. 1400. UlllllIIIIIIIIIHIIIIlllllIIIflIIIIIlllllItlllllItllIllEll

Luoghi citati: Milano, Toscana