«Porci, geishe e marinai» nouvelle vague giapponese

«Porci, geishe e marinai» nouvelle vague giapponese Sullo soher m o «Porci, geishe e marinai» nouvelle vague giapponese Altre prime : « Malesia magica », « Sexy al neon » « La vendetta dei moschettieri », « Centomila leghe nello spazio », « Il ritorno di Texas John » (Corso) — Anche in Giappone esiste una< nouvelle vague >, ma essa si esercita più sui contenuti che sulle forme. La compongono giovani registi il cui denominatore comune non è una rivolta al tradizionalismo narrativo, ma semplicemente un'audacia di argomenti, una spregiudicatezza di accenti che i maestri non osavano o non volevano perseguire. Interessante esempio di codesta scuola, detta del «nakanai> o realismo senza lagrime, è appunto Bitta to gunkan, involgarito dal titolo italiano Porci, geishe e marinai, del regista Shohei Imamura, un film che si pone nettamente fuori dalle tradizioni poetiche o arcaiche del cinema giapponese per affrontare lo scottante tema dell'occupazione americana in Giappone subito dopo la guerra e denunciarne con forza realistica gli aspetti sociali più preoccupanti. Imamura, posta l'avvertenza che i fatti narrati risalgono agli anni della guerra e sono irripetibili, ci rappresenta a forti tinte l'attività d'una banda di sfruttatori di donne, borsari neri e spacciatori di droghe che si dedicano all'allevamento dei suini coi rifiuti forniti loro dalla base navale americana di Yokosuka a un'ora di treno da Tokyo. La crudezza della vicenda cui fa da sfondo una vivida pittura di bassifondi che ricorda, ma con meno stile, quella di Mizoguchi ne «La strada della vergogna», è temperata da una gentile storia d'amore fra una ragazza che la famiglia spinge alla prostituzione e un giovane guardiano di porci che per sete di guadagno si è affiliato a una banda di malviventi e finisce stritolato dal solito gioco delle rivalità. La bravura dei due interpreti, Jitsuko Yoshimura e Yuji Nag-Lto, infor.I all'episodio quelli! morbidezza di cui il film manca in troppe altre parti. La forza vi è spesso truculenza, e la denuncia sociale tanto scapita di sincerità quanto più si ammanta di convenzioni e reminiscenze del cinema euro peo. Ma pur così ineguale e scomposto il film ha r*i fervore di idee e un vigore di immagi ni che \o rendono degno d'es sere visto come documento del più recente e impegnato cine ma del Sol levante. ]. p. (.Daria) — Un documentario soprattutto geografico è Malesia magica, ripreso in cinemascope a colori e firmato, con altri suoi collaboratori, da Lionello Fabbri. La formula che' fece, anni addietro, la for tuna di Continente perduto è qui ripresa a proposito di una panoramica su di una contrada che presenta motivi di interesse diversi, non solo turistici o « di varietà >, ma anche sociologici e di costume. Nell'insieme esso dà un quadro vivo, e non troppo scolastico, della Malesia, sia per quello che riguarda la dura vita e sacrificata dei, diciamo così, rurali, sia per quanto si riferisce ai centri urbani. A scanso di equivoci, e nonostante qualche ardito « campo lungo », va detto che i richiami erotici sono pressoché inesistenti, anche la dova vi sono riferimenti alla vita notturna. Sobriamente detto dalla voce di Emilio Cigoli il commento illustrativo. * * (Ambrosio) — Piuttosto audace, anche se certo tenuto d'occhio dalla censura, è invece Sexy al neon, diretto dal giornalista Ettore Fecchi e proiettato a colori sul grande schermo. E' un puro e semplice campionario di « numeri » da night-club, compresi in un arco spettacolare che inizia, a Parigi, con il cancan e termina, a Roma, con la visione di esagitati ballerini e ballerine di twist. Per chi dei locali notturni internazionali ha una conoscenza o approssimativa o circoscritta, è una buona occasione, questa, per approfondire le proprie cognizioni in materia. Ai < numeri », ormai risaputi e monotoni (nonostante gli accorgimenti registici, utili anche a neutralizzare le severità censorie), di strip-tease, se ne alternano altri acrobatici o buffi; e una particolare citazione merita un caricaturistalampo spagmiolo che è la « great attraction » d'un locale ultra chic di Hollywood. * * (.Reposi) — Ai molti a cui piacquero I tre Moschettieri, non sfuggirà ora il seguito, intitolato La vendetta dei Moschettieri, ch'è la seconda parte di questa nuova versione dell'avventuroso testo dumasiano, nata come film unico e poi spaccata in due anche per ragioni di cassetta. In ogni modo un nuovo biglietto non lo si spende malvolentieri per rivedere i quattro eroi concludere la loro famosa impresa a favore della Regina. Siamo infatti alla resa dei conti: moriranno la perversa e crudele Milady e sarà infilzato da D'Artagnan il bieco Rochefort. Purtroppo, come ognun sa. immaturamente decede anche la dolce Costanza Bonacieux: ina, a dire il vero, il regista Borderie ha scivolato alla svelta sull'episodio, certo per non rattristare gli spettatori. Le notevoli qualità decorative del nini (bello di colori e di fotografia) permangono inalterate nel secondo capitolo. (Asior) — Uno spettacolino che troverà la sua maggior clientela nei ragazzini è quello che riunisce al film italiano d'animazione Centomila leghe nello spazio tre disegni di Walt Disney con Paperino protagonista e due più che vetuste ma non ancora spente, comi che di Stanlio e Ollio della serie Hai Roach. In Centomila leghe nello spazio il regista Marcello Baldi si è sforzato di riassumere, per i bambini, la storia dei m-opositi umani per raggiungere la Luna. Nonostante l'elementarità, anche tecnica, delle immagini grafi che, lo scopo infantilmente didattico sarà raggiunto. Sempre spassosi Stan Laurei e il defunto Oliver Hardy nelle situazioni farsesche di Sii forte e di Un altro bel pasticcio che vedono, accanto ai due tonti compari, il loro solito partner James Finlavson. * * (Lux) — Con II ritorno di Texas John (< Gunflght at Sandoval », di Harry Keller) si fa un tuffo in pieno West sulla scorta d'una vicenda tra le più solite d'un tipo di film i cui elementi principali sono uomini della legge e fuorilegge, cavalli che galoppano o capitombolano, cavalieri che sparano, felloni che muoiono e giustizieri che trionfano. Il protagonista è John Slaughter, già noto, per precedenti film, come «Texas John»: un intrepido capo della polizia del Texas (i celeberrimi « Texas Rangers », cui, nel 1936, dedicò un film addirittura King Vidor). John, stavolta, si muta provvisoriamente in outlaw per potere, senza destar sospetto, portare a segno l'impresa della cattura di un bandito famoso. Tutto va a puntino e alla fine l'eroe, impersonato da Tom Tryon, ha anche la consolazione di essere sposato da Beverly Garland, !« fanciulla premio >. Molto movimento, buoni colori, efficaci interpreti e Paperino fuori 'programma.