Un forte ribasso delle azioni a Wall Street

Un forte ribasso delle azioni a Wall Street Un forte ribasso delle azioni a Wall Street Ieri il volume delle vendite ha fatto ritardare il registratore automatico di oltre un'ora, per la prima volta nella storia della Borsa americana - Oltre 9 milioni di titoli scambiati, il maggior volume dal 1° luglio 1933 - Le perdite sono calcolate in 27 miliardi di dollari - Il presidente del Comitato di esperti di Kennedy dichiara: «/ motivi non sono economici» (Nostro servizio particolare) New York, 28 maggioOggi a Wall Street, quando il gong ha segnato la chiusura della riunione di Borsa, il veloce registratore automatico delle contrattazioni che è in funzione dal 1930, sopraffatto dal volume delle vendite era di un'ora e nove minuti indietro: un ritardo che non ha precedenti a Wall Street, Sono state scambiate complessivamente 9.350.000 azioni, il maggior volume dal 21 luglio 1933, giorno in cui cambiarono di mano 9.51/2.000 azioni. Il maggior ritardo del registratore automatico verificatosi prima di òggi era stato di 34 minuti e si era verificato due volte, il 27 maggio 1933 e lunedi dell'altra settimana. La valanga delle vendite e il crollo dei titoli hanno investito tutti i comparti, che hanno sofferto gravissime perdite. Già si dice che oggi è stato il < lunedi nero » di M'ali Street, una denominazione che ovviamente si riferisce a quella di < martedì nero», con la quale gli esperti di 'Borsa ricordano il più spettacolare crollo di Wall Street verificatosi il 29 ottobre 1929. Le perdite odierne sono valutate in 27 miliardi di dollari. Quando si fermerà il ribasso azionario? E' un problema che assilla milioni di azionisti e migliaia di agenti di cambio, e la risposta a questo interrogativo è vitale per l'economia degli Stati Uniti considerata nel suo complesso e nelle sue prospettive immediate di lavoro. Il dott. Walter Heller, presidente del Comitato dei consiglieri economici del presidente Kennedy, parlando a Washington al Club nazionale femminile democratico, e riferendosi alla diminuzione registrata oggi nelle quotazioni alla Borsa di New York, ha dichiarato che tale diminuzione non è motivata da ragioni economiche. Heller ha aggiunto che a suo avviso la diminuzione è imputabile in parte al fatto che «gli americani comprendono sempre piit che l'inflazione non è un modo di vita ». Egli ha enumerato quindi i fattori economici favorevoli che a suo avviso esistono attualmente negli Stati Uniti: aumento delle entrate, aumento del consumo e situazione finanziaria sana delle imprese. Dopo aver ricordato che secondo il parere generale degli economisti la ripresa economica negli Usa proseguirà durante il primo semestre 1963, Heller ha detto: « Afa spero che questo parere non sarà interpretato nel senso che si verificherà una recessione nei prossimi mesi». Concludendo Heller ha espresso la convinzione che l'attuale diminuzione sarà oggetto di una « correzione. . quando la Borsa risfieochierd esattamente la. situazione economica reale: « Sono certo — ha detto Heller — che a lunga scadenza i corsi dei valori miglioreranno a causa del gran~ de potenziale dell'economia americana e della politica governativa mirante a rafforzare tale potenziale ». Gli agenti di cambio affermano che gli operatori stanno attraversando un periodo di timori e di ansie e vi è chi non esclude la possibilità che un altro 1929 sia alle porte. La maggior parte degli esperti finanziari escludono invece che si possa concretamente tornare ad una situazione eguale a quella del piii disa~ stroso anno borsistico di tutti i tempi, perché esistono oggi i mezzi sufficienti per impedire una situazione di panico e di collassi a catena come si ebbe nel 1929. < Si tratta — ha detto Marlin Gilbert — dirigente di una importante agenzia di cambio — di un declino di ordine psicologico basato sic divergenze tra la politica e l'economia (messe in luce dalla decisione del governo Kennedy di costringere l'industria dell'acciaio a fare macchina indietro nella faccenda dell'aumento dei prezzi). Si tratta anche di un riadeguamento di valori assegnati alle scorte. L'attività degli affari è ancora buona ». Un. esponente di una nota ditta finanziaria ha detto: <La questione è abbastanza semìilice. I titoli erano saliti troppo improvvisamente e la fiducia dei risparmiatori è stata srr:.sa dall'azione intrapresa dui governo federale nella faccenda del prezzo dell'acciaio ». Un ex-commerciante di tessuti, ora a riposo, si è cosi espresso: < Non credo che Kennedy sia tanto cieco da non rendersi conto che in autunno, quando ci saranno le elczi'oni parlamentari, il suo par tifo perderà un mucchio di voti. A meno che Kennedy non si decida a far qualcosa di po sitivo. Per me due degli errori maggiori del governo federale sono l'intervento nella questione del prezzo dell'acciaio c il progetto di imposta cedolare ». a> n. datori di lavoro che dei prestatori d'opera. Il prof. Lionello Levi Sandri, commissario delia Cee per gli affari sociali, ha sottolineato come l'indagine (estesa a quattordici rami Industriali nei quali è occupato circa 11 30 % degli addetti ad attività manifatturiere del Mec) rientri fra 1 compiti istituzionali del suo ufficio. In base all'art. 118 del trattato di Roma esso deve infatti promuovere lina stretta collaborazione fra gli Stati membri favorendo l'armonizzazione delle strutture sociali e quindi la parificazione nel progresso delle condizioni di vita e di lavoro della mano d'opera. Quanto ai risultati della prima inchiesta, il fatto che più colpisce è il notevole scarto esistente nei costi della mano d'opera operàia fra Belgio, Germania e Francia da un lato e Italia e Olanda dall'altro. Per gli impiegati l'Italia sarebbe invece — mediamente — il Paese con costi più alti, seguita da Belgio e Francia. Diversa è anche l'incidenza degli oneri sociali (o indiretti) sul costo complessivo del lavoro: in Francia e In Italia si aggira sul 30 % per gli operai contro il 20 % di Germania, Belgio e Paesi Bassi; per gli impiegati le aliquote (salvo in Germania) sono inferiori di svariati punti. Cavezzali (Cisl) ha molto insistito su queste differenze di trattamento economico .ed ha auspicato un coordinamento fra i sindacati del Mec in vista di obbiettivi sia a breve scadenza (armonizzazione degli aumenti salariali, riduzione della durata del lavoro, scambio di informazioni) che a scadenza più lontana (salari minimi europei di categoria, progresso delia sicurezza sociale). Sulla validità di certe interpretazioni dei sindacati hanno espresso gravi dubbi tanto il prof. Mariani, dell'ufficio studi della Conflndustria, quanto il prof. Vannutelli, dell'Intersind (l'organizzazione sindacale delle aziende Iri). Il primo ha sostenuto che i confronti salariali andrebbero riferiti all'unità di tempo (ora o mese dilaverò) e non all'unità prodotta; quanto poi al significato del salari nominali, per afferrarlo bisognerebbe conoscere il loro potere d'acquisto, diverso non solo da paese a paese, ma anche dalla città alla campagna e da regione a regione. Lo stesso Mariani ha poi affermato, in polemica con l'on. Foà, che dal 1959 in poi le cose sono assai mutate, con tutta probabilità a netto vantaggio dei lavoratori italiani. Il prof. Livi ha ricordato in proposito il recente « scatto » di tre punti della contingenza. ar. b.