La Resistenza a Firenze

La Resistenza a Firenze UNDICI MEDAGLIE D'ORO ALLA MEMORIA La Resistenza a Firenze La storia di Firenze per un anno esatto, dall'8 settembre del '43 al 7 settembre del '44, non è sotto molti aspetti diversa da' quella di tante altre città grandi d'Italia. Fu occupata dai tedeschi senza resistenza da parte dei militari italiani, benché il popolo e gli uomini del Comitato intcrpartiti chiedessero insistentemente le armi: per la stessa ragione • che altrove, di equivoci, di ambiguità, inefficienza morale, per non dire di più. Un solo soldatino, si ricorda, si rifiutò di consegnare il suo 'gì ai tedeschi, che lo pretendevano. I fascisti — certi fascisti — tornarono e ristabilirono una larva di potere, temuti, ma scarsamente obbediti. Come in altre città, una banda di malviventi, quella del seniore Carità, si rese famosa a « Villa Triste » per la sua disumana ferocia (Carità fu poi giustiziato da due soldati americani che Io scovarono rifugiato nell'Alpe di Siusi). Ci furono tra gl'intellettuali i deboli, i meschini opportunisti e anche i fanatici; ci furono per contro gl'impavidi e anche gli eroi, che si batterono in città: tra i più prestigiosi, Sinigaglia, Pucci, Fanciullacci, Chianesi. Undici medaglie d'oro furono distribuite, anche a donne (A. <M. Enriques Agnoletti e Tina Lnrenzoni), e tutte alla memoria. II popolo rimasto senza un governo, né vero né legittimo, lo trovò, come ovunque, nel suo Comitato di liberazione, dove fecero grandi prove militari e civili giovani in gran parte delle nuove leve dell'antifascismo: fra i più attivi e rappresentativi, Enzo Enriques Agnoletti, Carlo L. Ragghianti, Tristano Codignola, Raffaello Ramat, Carlo Campolmi, Adone Zoli, Fumo, Barile, Boniforti, Traquandi, Medici Tornaquinci e parecchi altri. Le prime formazioni partigia ne furono costituite di sbandati e di ricercati politici; poi, con altri elementi, furono inquadrate specialmente dal partito d'azio ne e dai comunisti, in città t fuori. Cadde, come a Torino, il primo comando militare segreto; tutto l'importante gruppo della Commissione radio fu arrestato Ci furono delatori: storie d'ogni luogo. Per un paio di monaci repubblichini (il più noto fu Epa minonda Troia) si contano molti patrioti fra il basso clero; per esempio, il pievano di Acone sopra Pontassieve, o il novizio fra Pacifico a Fiesole. Chiese, con venti si aprirono ai perseguitati, specialmente a ebrei e prigionieri anglosassoni; e anche a Firenze e in Toscana tutta, ce la gran de rivelazione di quel tempo fu l'animo generoso dei contadini » Tutto il popolo senza distinzione di ceti (salvo certa aristocrazia) si buttò nella lotta: cosi per es., Ferdinando Pretini eie gante parrucchiere per signore come lo studente di ricca famiglia Onorio Coletti Permea ( che vicino a essere fucilato, disse al cappellano delle carceri: «Padre, non è bello morire a vent'anni: ma non farei a cambio con chi ha ordinato la mia morte»). La magistratura fiorentina; seguendo l'esempio di Bianchi d'Espinosa, si rifiutò di giurare al nuovo regime; e come altrove nel marzo del '44, gli operai at tuarono uno sciopero di notevoli proporzioni. In ogni città d'Italia si svolse dunque sotto lo stesso destino un'eguale attività e si svilupparono eguali valori: in certo modo la storia dell'Italia della Resistenza si compone e si rafforza di queste analogie. Tuttavia le differenze ci furono ed è necessario segnarle, perché in realtà questa è la funzione di ogni buo na analisi storica. Vorremmo che ogni città trovasse il suo studioso di quel periodo, e non solamente di apparati politici e militari, di colpi di mano e di combattimenti, ma di tutto concreto e vario e giornaliero vi vere cittadino. Come si viveva allora? Con quali mezzi e risorse, con quale animo? Chi c'era e che cosa fa cevano questo e quello? (Carlo Levi scrisse allora in Firenze il suo Cristo si è fermato a Eboli Saba dedicò alla città di quei tempi alcuni dei suoi più alti ricordi lirici). Lo storico Carlo Francovich ha condotto questa ricerca per la sua città, dove, se non è nato, ha fatto i suoi stud e ha combattuto: l'ha fatto in modo accurato, critico, equani me, in forma piana, con abito modesto, ma così da meritare i premio del concorso del Pont: e un altro, oggi, a lavoro ultimato (La Resistenza a Firenze La Nuova Italia ed.). Non mancano scritti (relazio ni, memorie, studi) sulla lotta partigiana in Firenze e nella To scana in genere: c'è il libro d Orazio Barbieri, ci sono le bel lissime pagine di ricordi di una arditissima donna staffetta, M. L Guaita, e quelle del musicista .Ylarkevitch, c'è un quaderno speciale del Ponte, un librettino di testimonianze di A. M. Volpi Rinonapoli, Fuochi in Versilia e altro ancora. Ma attraverso l'opera egregia del Francovich corredata anche di utili documenti e di preziose fotografie, si comprende meglio, se non completamente, il rapporto tra le forze in armi e il tessuto eticopolitico di tutta una città in istato, si può dire, di perenne emergenza. Che cosa ci fu di diverso in Firenze? Perché Firenze ha un posto singolare nella storia dell'oppressione e della liberazione d'Italia? Anzitutto, perché si stabilirono in quella città, in luogo di Roma, le supreme rappresentanze ufficiali della cultura italiana. Sia pure per brc've periodo, vi funzionò l'Accademia d'Italia, l'Istituto Nazionale di cultura fascista, si continuò la Nuova Antologia, si pubblicò una rivista nuova, Italia e Civiltà. Si tentò insomma di creare Firenze un a angolo morto » riservato al culto dell'arte e del pensiero. Pietosa insania, a dir poco. Un tragico epilogo di questo tentativo fu l'assassinio del filosofo Gentile. Dubbio è ancora a chi debba risalire la responsabilità. Ci pare assai nobile la presa di posizione del P.d.A., attraverso la protesta di Codignola: Gentile, essa dice, è già stato condannato dal corso degli avvenimenti, « la sua morte non aggiunge nulla alla sua fine come uomo politico »; e ne ricorda anche alcuni meriti di uomo. Questo sta a dimostrare che non mancò mai ai nuovi responsabili politici più qualificati, pur nel cuore di una lotta a oltranza, il senso della giustizia e dell'umanità. Ma il grande fatto di Firenze, diversamente da Roma liberata dagli angloamericani pochi mesi prima, fu ch'essa si batté per Pautoliberazione, accanitamente e di proposito. Speravano e si adoprarono molti (non le autorità fasciste, che il 25 luglio del 44 erano già tutte partite, lasciando solo dietro di sé i franchi tiratori) perché Firenze, fosse trattata come « città aperta » : lo assicurarono i tedeschi, sapendo di mentire. Il 3 agosto, messa sotto un durissimo coprifuoco Firenze assunse un « aspetto spettrale » : quella notte, dalle 22 fino all'alba, cominciarono le devastazioni: saltarono i cinque ponti della città, salvo Ponte Vecchio. Il racconto di quei giorni esalta e commuove. Il Comitato di liberazione ha un lavon» febbrile, deve modificare di continuo i suoi piani di ar dua esecuzione. Poi all'alba dell'i 1 agosto ecco, segnale d'intesa, la voce delle vecchie campane, come ricordò Calamandrei« le campane di Pier Capponisul bronzo delle quali è ancora inciso l'antico motto /;/ onore di Dio e per la libertà della Patria » : Firenze insorge. Quando gli alleati entrano in città e vedono, ncll'infuriare della battaglia tedesco-partigiana (che dura fino al 2 settembre)il Comitato di liberazione al suo posto di comando, a capo della nuova amministrazione, si accorgono con meraviglia e rispetto che la libertà di Firenze non è stata « donata ma riconquistata n dal suo popolo. E questo è ifatto nuovo, il primo nella storia della Liberazione. Franco Antonicelli