Il festival di Cannes si è chiuso con L'Eclisse e un film bulgaro

Il festival di Cannes si è chiuso con L'Eclisse e un film bulgaro STASERA LA PROCLAMAZIONE DEI VINCITORI Il festival di Cannes si è chiuso con L'Eclisse e un film bulgaro Gran pubblico e accoglienze contrastate per la pellicola italiana (Dal nostro inviato speciale) -Cannes, 22 maggio. Il Festival ha dato fondo al sacco. Gli ultimi due film sono stati, l'italiano L'eclisse, che ha avuto l'intervento di Monica Vitti, un grande pubblico e accoglienze contrastate, e il bulgaro Pleneno yato (qualcosa di simile a: « Lo stormo catturato >) del regista Doutcho Mundrov, un cupo racconto di prigionia e di morte dedicato al martiri della lotta contro il nazismo. Cinque comunisti di Sofia, arrestati nel 1941 come cospiratori, trovano nella fede che li unisce 11 coraggio di ascoltare l'iniqua sentenza che condanna tre di loro alla forca. Uno soltanto, prima del processo, ha un momento di debolezza che lo induce ad ascoltare chi gli promette clemenza; ma quando sa che il prezzo è il tradimento, si affretta a riprendere il suo posto tra i compagni. E col sollievo di sentire che i nazisti sono stati fermati dai sovietici, i cinque affrontano a testa alta il loro destino. La linearità della vicenda ha lasciato al regista un largo margine per le notazioni psicologiche e lo studio di ambiente, quel fosco « braccio » dei. detenuti politici dove il trattamento è uguale a quello dei delinquenti comuni. Il film non ci dice nulla di nuovo, e forse le troppe bravure tecniche e qualche preziosismo nel dialogo vi raffreddano un po' la commozione nei momenti che più la vorrebbero; ma oltre che per la nobiltà dell'assunto, si è fatto apprezzare per sincerità di accento e efficacia di interpretazione. Domani sera, proclamazione dei premi cui seguirà, « fuori concorso >, il film di comproduzione franco-italiana Le crime ne pois pas, diretto da Gerard Oury e interpretato da Pierre Brasseur, Gino Cervi, Danielle Darrieux, Edwige Peuillère, Michèle Morgan e Christian Marquand. La quindicesima edizione di questo Festival è stata senza infamia e senza lode. Ha avuto un solo incidente diplomatico (< Boccaccio '70 >) ma di lunga risonanza e speriamo di salutare effetto per una migliore tutela dei diritti di autore. Ha avuto la solita abbondanza di « vedettes », il solito contorno di attrazioni e distrazioni, la solita profusione di film tra buoni, mediocri e cattivi, senza lo stacco del capolavoro. Trentadue pellicole in concorso rappresentano una dose eccessiva anche per un Festival, fondato, come questo, su criteri di abbondanza; e si è sentito parlare' di riforme, di tipo veneziano, per il prossimo anno. Ma còli tutte le sue giornate stracche e i molti buchi, la rassegna è riti- scita a mettere insieme tanti film ragguardevoli quanti bastano a porre in imbarazzo una giuria che già non brilla per omogeneità. Scherzi del relativo: i monocoli fanno baldoria in terra di ciechi. À norma dei meriti, arasti» ci,rla competizione per la Palina d'oro dovrebbe restringersi fra il nostro « Divorzio all'italiana », il greco « Elet- tra >, l'inglese « Sapore di miele», l'indiano «La dea», il brasiliano « La parola data », e la « Giovanna d'Arco » di Bresson. Senza togliere al film di Antonioni (la cui quotazione in Francia è altissima) il diritto di sovvertire i pronostici. A giudicare dalla stampa francese, il favorito dei favoriti sarebbe il film greco, che ha rivelato Euri pide a molti che lo avevano sentito appena nominare. L'Italia ha avuto il maggior peso nella rassegna, e almeno il premio della miglior selezione non le dovrebbe sfuggire. Sappiamo che anche l'ottimismo ha un limite, ma non sarebbe illogico attribuirle un bottino pieno: il miglior film, il miglior attore (Mastroianni di « Divorzio all'italiana » non può essere minacciato che da Charles Laughton e da Ralph Rlchardson), il miglior complesso. Più vasta è la gamma delle attrici premiabili: la giovane Rita Tushingbam di « Sapore di miele », Deborah Kerr degli « Innocenti », Katharine Hepburn del c Lungo viaggio verso la notte », Eva Marie Saint che ha azzeccato dieci minuti altissimi nell'americano « A ciascuno il suo inferno », e finalmente (lasciate in seconda fila Monica Vitti, Corinne Marchand, Ludmilla Tcherina, Lilli Palmer, Florence Carrez e altre brave interpreti), la sconvolgente virago Irene Papas, che coi coturni di « Elettra » ha conquistato il pubblico di Cannes. Contrariamente alle previsioni, la partita non è stata giocata soltanto fra Italia e Francia, fronteggiatesi ciascuna con tre film: l'Inghilterra, con due opere lucenti, ha fatto da terzo incomodo. E se hanno deluso, relativamente, Giappone, Argentina, Kussia, Poionia e gli stessi Stati Uniti, che sembrano avere smarrito il senso del film da mostra, dalle cinematografie minori, o considerate tali, si sono avute liete sorprese: non tanto con i nlm di colore (Senegal, Congo, Marocco), francesi nel tonao, quanto con le opere esposte dall'India, Grecia, Brasile, Messico, spagna, e dalla stessa Germania Occidentale, implicatasi quest'anno in un discorso lambiccato ma confacentc. Sotto il rispetto tecnico, il quindicesimo Festival della croisette ha mantenuto in trono il bianco e nero, e ha tatto trionfare Jlashes back e monologni interiori. Molti film, diremmo troppi, più che vederli li abbiamo dovuti leggere nelle tremule e accecanti didascalie francesi, non sempre facili. Come è apparso quest'anno alla Fiera ui Cannes, il cinema va sempre più interiorizzandosi, secondo una tematica che vuol centrare il cuure dell uomo e il problema dei problemi: l'esistenza. Solituuiiie e incomprensione, rivolta e rabbia, ispirano ì registi esordienti come una volta tacevano amori e nozze. E quello di raccontare dei tilm che si rifiutano di farsi raccontare, e sussurrano o urlano senza via di mezzo, diventa un mestiere sempre più difficile. Intanto la giuria è sotto pressione, e per la prima volta in questi chiassosissimi giorni sentiamo a Cannes il silenzio; il silenzio che precede gli scoppi. Perchè sarà difncile, quest'anno, anche per il più munifico e diplomatico dei r'estivai, evitare le marette e rimandare a casa tutti contenti. Leo Pestelli Stefania Sandrelli a Cannes: l'attrice ha partecipato al successo ottenuto dal film «Divorzio all'italiana »