Il contrasto fra Mosca e Pechino riaffiora nella crisi del Laos di Enzo Bettiza

Il contrasto fra Mosca e Pechino riaffiora nella crisi del Laos "Coesistenza pacifica,, o guerra aperta? Il contrasto fra Mosca e Pechino riaffiora nella crisi del Laos I russi sono prudenti, sanno che un conflitto nell'Estremo Oriente renderebbe vani gli sforzi per un accordo con l'America su Berlino -1 cinesi sono invece decisi ad appoggiare i ribelli comunisti laotiani, per accrescere la loro influenza nei paesi asiatici (Dal nostro corrispondente) Mosco, 17 maggio. Il conflitto nel Laos non è soltanto locale ma ha anche una {unzione nella battaglia per Berlino e nella controversia tra Mosca e Pechino. Un inasprimento della situazione nell'incandescente settore dell'Asia Sud-Orientale può frustrare gli sforzi per quel compromesso con l'Occidente che Kruscev cerca di patteggiare a Berlino; può servire perciò, benissimo ai cinesi per tenere in scacco la politica krusceviana di coesistenza che essi boicottano e per affermare, nello stesso tempo, la priorità della strategia comunista in Asia su quella In Europa. Un intervento americano diretto nel Laos, la resurrezione dello spirito di Corea, è quanto Pechino in questo momento desidererebbe. Per contro, e non a caso, le Izvestia di ieri commentando le complicazioni in quella zona, evocano lo spirito di Vienna, che vide Kru- scev e Kennedy trattare parallelamente di Berlino e del Laos: il- pericoloso condizionamento che una situazione permanentemente tesa nell'Asia Sud-Orientale è in grado di esercitare sulle possibilità distensive nel cuore d'Europa, apparve già chiaro allora e lo è ancora di più oggi, a Mosca. Dopo il XXII Congresso del pcus la pressione cinese sulla frangia degli staterslli indocinesi è venuta aumentando nella misura in cui Kruscev, allontanandosi da Mao, perdeva il controllo sui problemi asiatici. Non si sa fino a che punti-' il precipitare degli eventi nel Laos lo abbia colto di sorpresa; è certo che la piega che hanno preso non lo possa trovare del tutto consenziente. Mentre Ciu En-lal annuncia che Pechino intende dare il suo aiuto alle truppe comuni ste del Pathet Lao, a Mosca, neppure dopo la decisione del l'invio dei marines in Thain landia, non si sente finora un mònito concreto di rappresaglia o di ritorsione. In contrasto col desiderio cinese di impegnarsi nella mischia, la stampa sovietica pone l'accen to sulla necessità di arginarla, formando quel governo neutrale di coalizione fra realisti, comunisti, terzaforzisti laotiani sui quali Kruscev e Kennedy si trovarono d'accordo nel vertice del 1961 a Vienna. Ancora oggi la Pravda, in una intervista col ministro degli Esteri del Laos neutrale, Ki nim Folsena, gli fa dire che « il problema laotiano deve essere risolto con mezzi paci flci ». La convergenza e l'impegno delle politiche russa e ameri cana per la neutralizzazione del Laos sono stati sottolineati dall'ambasciatore americano Thompson e da Salinger nei colloqui che hanno avuto domenica, nell'atmosfera familiare di una dacia alla periferia, col Primo ministro sovietico. Pur evitando di dare una risposta troppo precisa alla richiesta di frenare l'offensiva comunista del Pathet Lao, Kruscev si è dichiarato sempre favorevole alla creazione di un regime neutrale, governato da una coalizione delle tre fazioni; l'ambasciatore britannico Roberts, incontrandosi il giorno dopo col primo vice-presidente del Consiglio, Kossyghin, ne avrebbe a quanto si dice richiamato l'attenzione sul rischio, pericoloso per il prestigio della stessa politica sovietica, dì una supremazia cinese nel Laos orientale e settentrionale. Tra una soluzione pacifica e una guerra di tipo coreano con gli americani, Pechino è pron ta a scegliere la guerra per un complesso di ragioni: strapparsi con una scarica di violenza verso l'esterno alle gra vi difficoltà economiche interne, affermare la propria leadership sui Paesi e i movimenti comunisti asiatici, riaffermare la preminenza del settore orientale su quello occidentale nella politica estera glo- baie del blocco comunista, mandare a picco il coesistenzialismo krusceviano. La prospettiva di tutti questi vantaggi poggia sulla certezza, ammessa dagli stessi consiglieri militari di Kennedy, che un intervento militare americano nel Laos non avrebbe molte speranze di successo e riuscirebbe, al massimo, e spaccare il Laos come la Corea in due Stati. L'infiltrazione cinese è già notevole nella zona laotiana controllata dai comunisti: tecnici di Pechino amministrano al Nord una stazione radio, costruiscono strade, non è escluso che addestrino e aiutino sia i guerriglieri del Laos che del prossimo Vietnam del Sud. Domani, poi, un Laos interamente o per metà comunista faciliterebbe la disgregazione del sistema degli Stati filo-occidentali dell'Asia Sud-Orientale coalizzati nella Seato: la Thailandia, bastione del dispositivo difensivo occidentale nella zona, sarebbe più facilmente minacciablle anche dall'interno attraverso la minoranza dei 4 milioni di laotiani che vivono dentro i suol confini, e il contrabbando di armi e guerriglieri nel Vietnam Meridionale, dove gli americani sono direttamente impegnati nella schermaglia militare, sarebbe facilitato. Non si vedono altrettanti vantaggi per Mosca. Non scegliere la guerra, ma impedirla in tempo con la neutralizzazione del piccolo regno orientale, significa dal punto di vista russo comprimere in Asia la dilatazione cinese e accelerare un accordo in Europa. Ogni nuovo palmo di terra comunista in Asia non è più un acquisto, ma uno squilibrio di potenza per Kruscev nel suo conflitto t:on Mao; ogni nuovo palmo di compromesso strappato in Europa, a Berlino, è una vittoria, o un vantaggio strettamente russo. Il ginepraio del Laos è interessante proprio perché, per la prima volta, sotto le parvenze immediate e la verbosità polemica, si scopre una coincidenza tra americani e russi verso uno* stesso tipo di soluzione, contrario agli interessi cinesi. Sulla frontiera asiatica tra i due blocchi, dove la contrapposizione geografica si capovolge e l'Occidente diventa Oriente e viceversa, le potenzialità di tensione sono infinite: provocazioni di confine, guerriglie, stato di mobilitazione permanente. Per Kruscev, oggi, si tratta di trova- re il modo più adatto per, raffreddare questa ebollizione, continuamente alimentata da Pechino, In maniera che la frontiera asiatica non pregiudichi quanto lui si propone di raggiungere sulla, frontiera europea tra 1 due mondi. Resta aperto però il pericolo che, nei tentativi di trovare un compromesso con i cinesi, ceda alla loro visione della politica asiatica e finisca per assecondare, dietro le spalle dì Mao, il gioco col fuoco. Enzo Bettiza : sV