Ventott'anni di carcere agli uccisori dell'ingegnere tedesco Hans Pettereins
Ventott'anni di carcere agli uccisori dell'ingegnere tedesco Hans Pettereins Processati In appello allo Assise di Napoli Ventott'anni di carcere agli uccisori dell'ingegnere tedesco Hans Pettereins Lo straniero, in viaggio turistico in Italia, aveva tentato di difendere la propria fidanzata aggredita da tre rapinatori sulla «Domiziana» . Dal nostro corrispondente Napoli, lunedì mattina. E' terminato ieri sera, non ostante la giornata festiva, il secondo processo per un delitto ch'ebbe un'eco vivissima nei giornali tedeschi: l'uccisione, avvenuta il 5 agosto del 1955, al chilometro 42 della «Domiziana», dell'ingegnere tedesco Hans Ludwig Peterreins, proprietario e direttore insieme al fratello Fritz di una importante fabbrica di materiale elettrico di Norimberga. L'ingegnere pilotando la sua <Mercedes» era venuto in Italia per una breve vacanza con la segretaria e fidanzata Maria Sabina KSlllsch, una florida donna bionda con cui doveva sposarsi in autunno (oggi la Kòllische e Fritz si sono fidanzati). Durante il viaggio di ritorno dopo una sosta a Pozzuoli per la colazione, il Peterreins colto da sonno pensò di fare un pisolino in uno spiazzo circondato da siepi. Erano le quattro del pomeriggio. La fidanzata mentre egli dormiva scese per cogliere delle more. Poco dopo, udendo delle voci di uomini, l'ingegnere si svegliò. Avendo visto che vicino alla fidanzata v'erano tre giovani in atteggiamento minaccioso, egli si avvicinò per difenderla ma uno del gruppo sparò su di lui vari colpi di pistola ferendolo gravemente. Poi 1 tre Untarono d'impadronirsi degli oggetti contenuti nell'auto. Mentre la Kòlliseh ritornava sulla via per chiedere aiuto, gli aggressori sparl- rono. Il Peterreins, soccorso da un sottufficiale americano della Nato che lo adagiò sui sedili del suo camion, giunse cadavere all'ospedale « Santa Maria di Loreto ». Le indagini furono difficilissime. Improvvisamente si seppe che un giovane di Teano, Ferdinando Caparco, in servizio di leva a Brescia, s'era vantato di saper tutto. La polizia 10 interrogò ed egli si confessò immediatamente colpevole aggiungendo però tali vanterie, per esempio sulle sue imprese astronautiche, da far balenare un dubbio. L'esame di due eminenti scienziati, Annibale Buca e Giulio Cremona, accertò senza equivoci che il Caparco, pur riconosciuto idoneo al servizio militare e promosso anzi càporalmaggiore, era un semideficiente. Fu un giovane funzionario dirigente la «Mobile» di Caserta, il commissario Raffaele Gargiulo, a porre le mani, un anno e mezzo dopo, sui veri colpevoli. Due di essi — Raffaele Visconti, pericoloso pregiudicato detto per la bruttezza «il Negus», e Nicola De Martino, cognati — erano becchini nel cimitero di Frignano. 11 terzo era un contadino, Biagio Capasso, associatosi per quell'impresa mentre si accingeva a uscire nella brughiera, sotto il sole ardente, a caccia di donne e di denaro. Uno dei magistrati del primo processo, Giuseppe Perrella, scrisse nella sentenza: «Nel 1955, epoca dei fatti, la «Domiziana» ancora poco frequentata era divenuta, specie nella buona stagione, meta preferita di coppie d'innamorati che avessero disponibilità di un automezzo e desiderio di compiacente solitudine ». I tre arrestati confessarono. Poi negarono dicendo d'aver confessato sotto le « percosse della polizia». Essendo trascorsi pochissimi giorni dalla confessione, fu fatto un esame medico sui loro corpi senza trovare la minima traccia della bastonatura. Il Visconti, sofferente di cuore, morì in carcere per infarto. Gli altri due ammisero di nuovo di essere stati presenti, addossando però il De Martino la colpa al Capasso e questi al due co gnati. . Ieri la Corte dopo quattro ore dì camera di consìglio ha riconfermato la precedente condanna (ventotto anni), riducendo però da sei a tre anni la pena a Ferdinando Ca| parco. c. g.
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