Mostra del deportato inaugurata a Mondovì

Mostra del deportato inaugurata a Mondovì Nel salone del JMTujnfeipJo Mostra del deportato inaugurata a Mondovì E' stata allestita soprattutto per i giovani - Il monito di 12 milioni di morti DAL NOSTRO INVIATO Mondovì, lunedi mattina. Nel salone del municipio è stata inaugurata ieri mattina la Mostra della Resistenza e della Deportazione. C'era il Sindaco, c'erano il Prefetto e il Questore di Cuneo, il Presidente della Provincia Numeroso, il pubblico. Mondovì è una città di scuole con oltre mmnlmddlntremila studenti, buona parte ; « _, ,, , _ i dei quali vengono di fuori e vivono in collegi. Un'insegnante, la prof. Lidia Rolfl, ha ritenuto utile far vedere ai giovani i documenti di un periodo tragico e indimenticabile della nostra storia, perchè me- iabvmlglio comprendano e ricordino. Il Comune ha accolto l'iniziativa ed ha dato tutto il suo appoggio. Nella sala sono esposte le divise, a righe smorte, dei deportati, con il berretto a cen cio, gli zoccoli. Su ogni capo | ben visibile il numero: perché nel campo di concentramento l'uomo era spersonalizzato e contava solo come una unità. Ci sono fotografie orrende che inchiodano gli occhi: ammassi di cadaveri, figure di uomini, di donne, di bambini ridotti a scheletro. Riproducono scene bestiali: donne nude costrette alla « corsa dei pidocchi »; reclusi che danno spettacolo di musica mentre si impiccavano j altri reclusi; lunghe code di j persone in attesa del forno ; crematorio. j Insieme ci sono fotografie di partigiani, alcune copie dei bandi che i tedeschi e i fascisti affissero dopo l'8 settembre nelle nostre terre. E' una mostra svelta, stringata, di efficacia didattica. Il discorso ufficiale è stato tenuto dal sen. Caleffi, presidente dell'associazione nazionale deportati. Il primo campo di concentramento, egli ha ricordato, sorse nel 1933 contemporaneo alla affermazione nazista in Germania. Si incominciò a negare la parola agli avversari, a farli prigionieri; si arrivò ad annientarli. Poi i campi accolsero gli ebrei, e con la guerra cittadini di tutti ì popoli. Dodici milioni di persone vi trovarono la morte, di essi 300 mila tedeschi. E' una cifra enorme: la mente deve soffermarsi per averne un'idea. Dodici milioni. E altri milioni di persone offese, umiliate, mutilate, malate. Eppure, ha detto il sen. Caleffi, oggi c'è ancora chi difende il nazismo e il fascismo e c'è chi applica i suoi metodi, come in Algeria. Ha raccontato che nell'aprile del '45 — mentr'era deportato — gli morì tra le braccia un ragazzo milanese. Era un partigiano catturato in Italia e, per la sua giovane età, mandato a morire in un campo di sterminio. Gli raccomandò, prima di spirare, di salutargli la madre. « Povera donna — furono le sue ultime parole — almeno ne valesse la pena >. Perché i sacrifici non siano inutili, bisogna anche ricor rlorli ^T/^r, 11 n ,v»nr^,*a nr ma che siamo tutti fratelli, ne darli. Non l'odio muove ad allestire simili mostre, ma il bisogno di far vedere ai giovani, ad ammonire che nel mondo non ci sono uomini eletti.e razze da distruggere: eri, gialli, bianchi, e che esiste una sola razza, come ebbe ad affermare Pio XI, la razza umana. Nei prossimi giorni la- mostra sarà illustrata da due lezioni tenute dal prof. Lu¬ [aghi e dal prof. Galante Gar- g. tr. rone.

Persone citate: Caleffi, Lidia Rolfl, Pio Xi

Luoghi citati: Algeria, Cuneo, Germania, Italia, Mondovì