Al processo di Mazzarino si decide oggi la sorte dell'imputato frate Vittorio

Al processo di Mazzarino si decide oggi la sorte dell'imputato frate Vittorio Riprendono le udienze alle Assise di Messina dopo le vacanze pasquali Al processo di Mazzarino si decide oggi la sorte dell'imputato frate Vittorio E' stato accusato di complicità con gli altri tre frati e con i tre laici per colpa di una macchina da scrìvere • I giudici sentiranno i periti d'ufficio che hanno affermato che con la sua «Olivetti 22» furono compilate almeno tre lettere minatorie, e i periti di parte che escludono la circostanza - Fra Vittorio ha sempre negato di aver fatto da intermediario ai banditi per i loro ricatti (Nostro servizio particolare) Messina, 25 aprile. Il processo contro i frati di Mannarino riprende domani alla Corte d'Assise di Messina, dopo l'interruzione delle vacanze pasquali. L'udienza sarà dedicata all'esame dei periti grafici e forse sarà decisiva per la sorte' di frate Vittorio, l'ex padre guardiano del convento. Fra i quattro cappuccini di Mazzarino fra Vittorio è senz'altro il più sconcertante. Ha assistito alla lunga indagine dibattimentale compiuta finora dalla Corte con l'indifferenza di chi non sembra essere angosciato da alcuna preoccupazione. D'altro canto è quello che si trova nella situa«icjte forse più favorevole. Non ha mai avuto — o almeno non è risultato — dei rapporti con le vittime, non ha mai < incassato > denaro sia pure per consegnarlo a Carmelo Lo Bartolo, l'ortolano del convento. L'accusa nei suoi confronti non è riuscita a trovare un testimone. Egli si trova sul banco degli imputati per colpa di una macchina da scrivere, quella che i carabinieri gli hanno trovato nella cella. Secondo i periti professori Carmelo Trascelli, Tullio Fonti e Giuseppe Bella, con quella macchina sono state scritte'alcune delle lettere con cui il farmacista Ernesto Colajanni venne ricattato. Quando, dopo il ferimento del vigile urbano Giovanni Stuppia, avvenuto nel maggio 1959, a Mazzarino, i carabinieri decisero di intervenire drasticamente, si trovarono difronte ad un primo ostacolo: furono costretti a stabilire chi poteva avere scritto tutte le lettere minatorie che avevano invaso il paese nel giro di alcuni anni e che avevano indotto il farmacista, padre Costantino, padre Sebastiano, la vedova del cav. Angelo Cannada ad andare incontro alle richieste di denaro. Per quanto queste lettere fossero ricche di strafalcioni, il dubbio che a scriverle fosse stato un uomo di media cultura e non un analfabeta quale Carmelo Lo Bartolo, l'ortolano del convento, si basava soprattutto sul buon senso, se non addirittura sulla logica. La prima preoccupazione del giudice istruttore di Caltanissetta fu quella di dare ordine ai carabinieri di accertare con quale macchina da scrivere \fossero state compilate le let- a a e , i . tere, e "3i conseguenza ciascuno in paese fu investito dai sospetti. Vennero sequestrate tutte le macchine da scrivere esistenti a Mazzarino: quelle degli uffici comunali, quello degli uffici statali, quelle delle banche, quelle degli studi legali, quella del notaio e persino quella del pretore. Era logico che l'indagine venisse compiuta anche sulle macchine da scrivere trovate nel convento. Non si dimentichi c/te i carabinieri avevano nel frattempo saputo come qualche ruolo in questa storia di ricatti avessero avuto padre Agrippino e padre Carmelo. Nel convento vennero sequestrate due macchine: una fabbricata in Brasile e di proprietà • di un frate, il quale poi l'aveva ceduta a padre Tommaso; un'altra trovata nella cella di padre Vittorio. Quest'ultima era una tOlivetti L 22 >. Il frate fu invitato a scrivere una lettera qualsiasi, cfte poi venne affidata dal giudice istruttore di Caltanissetta ai tre tecnici incaricati di compilare la perizia. Le conclusioni alle quali i professori Carmelo Trascelli, Tullio Fonti e Giuseppe Bella giunsero, furono che tre delle dieci lettere con le quali erano stati ricattati il possidente Angelo Cannada, il farmacista Ernesto Colajanni, padre Sebastiano e padre Costantino, la vedova di Angelo Cannada, erano state scritte con la € Olivetti L 22 > n. 007B21, appartenente a padre Vittorio. In particolare i periti han no detto che con quella macchina sono state scritte le tre lettere inviate al farmacista Ernesto Colajanni. Di fronte a questa accusa il padre guardiano si è difeso molto abilmente. Ha negato ogni responsabilità, ma ha la sciato intendere che qualcuno forse può avere adoperato, a sua insaputa, la macchina da scrivere, che rimaneva nella cella anche quando egli si allontanava, come spesso accadeva, da Mazzarino. Questa linea difensiva, se giova evidentemente a padre Vittorio, indirettamente nuoce agli altri tre frati, perché colui il quale ha usato la macchina da scrivere del padre guardiano, sia pure a sua insaputa, non può essere stato che un frate. L'unico laico che avesse la possibilità di circolare liberamente per i corridoi e le celle del convento era Carmelo Lo Bartolo, l'ortolano, ma è assurdo pensare che sia stato lui ad usarla, perché semianalfabeta. Gli avvocati difensori, preoccupati delle conseguenze di quest'affermazione, hanno cercato di correre ai ripari, e alle conclusioni dei periti hanno contrapposto quelle dei loro consulenti, prof. Amato Miranda e rag. Carmelo Bisella, che dai giudici verranno esaminati nell'udienza di venerdì, qualora l'intera giornata di domani dovesse esser impegnata completamente dai periti d'ufficio. 1 risultati dei consulenti di difesa sono facilmente intuibili: nessuna delle lettere attribuite a padre Vittorio è sta,ta scritta dalla < Olivetti L 22 > sequestrata nella cella del padre guardiano. E' facile comprendere perche tanto l'accusa quanto la difesa attribuiscano così gran¬ de importanza alla polemica che si svilupperà fra domani e dopodomani nell'aula della Corte d'Assise. Si decide, in fondo, la sorte di padre Vittorio; ed è per questo che i difensori sono ricorsa onche al l'aiuto di un illustre tecnico di calligrafia e di dattilografia quale è un sacerdote, padre Virgilio da Bologna, il quale ha preparato un voluminoso memoriale per i giudici. S-S-