Un letterato insigne che seppe restare prete

Un letterato insigne che seppe restare prete Ricordo di don Giuseppe De Luca Un letterato insigne che seppe restare prete De Luca ebbe una parte di prim'ordine negli studi e nell'attvità editoriale cattolica - Ma unì sempre alla cultura l'impgno pastorale: era l'umile cappellano di un ospizio di vecc Il 19 marzo è morto a Roma, quasi Improvvisamente per postumi d'operazione, don Giuseppe De Luca. Allora non ne abbiamo parlato, e poco ne hanno parlato gli altri giornali, eccezione fatta per quelli di Roma, dove De Luca era molto popolare. Cerchiamo di riparare adesso alla nostra mancanza, anche perché la figura di questo prete eccezionale non é di quelle che muoiono tra la polvere della cronaca. Anzi, il nostro debito di italiani verso di lui crescerà col tempo. De Luca aveva fatto moltissimo per la nostra cultura e sarebbe ben grave se le sue idee, le sue iniziative, tutto il lavoro che aveva messo insieme, passasse tranquillamente dalla parte dell'oblio e del silenzio. Ma prima di affrontare 11 libro dei conti, tentiamo di spiccare, a chi non lo cono sceva, chi era De Luca, quale straordinaria carica umana si nascondesse sotto le vesti di quel semplice ed umile prete romano. Giuseppe De Luca era nel cuore della nostra cultura da oltre trent'anni. Amico di Croce, di Papini, nella sua ospitalissima .casa erano passati tutti gli scrittori d'Italia, tutti i grandi studiosi ed eruditi d'Europa e d'America; e anche — De Luca ci metteva un pizzico d'orgoglio nel dirlo — tanti uomini politici di prima e di dopo la bufera. L'ho conosciuto verso il '30. De Luca aveva allora 312 anni: era nato In un povero paese della Lucania e,' secondo le leggi della sua terra, l'avevano mandato in seminario a Roma. In quel tempo colpiva per l'affascinante forza di spirito; sempre pronto alla battuta, apparentemente spregiudicato, insomma un prete senza peli sulla lingua. Un prete moderno,' ma non ci voleva molto a capire che non sarebbe mai diventato il nostro abate Mugnier. Moderno in biblioteca, ma non in salotto. Non si poteva non sentire che tale amore della verità sgorgava da una coscienza inquieta e trepida; a chi lo sapeva guardare, De Luca risultava un timido e un ingenuo. La sua forza, la sua vivacità, la sua gioia di vivere in fondo nascevano dal sentirsi premiato, in un mondo di cultura che aveva sempre .sognato, amico di tanti scrittori che non solo lo ascoltavano ma avevano imparato subito a volergli bene, a considerarlo qualcosa di più di un amico: un consigliere, spesso un fratello pronto ad aiutare. Il vero sogno di De Luca — in mezzo all'apparente disordine della sua giornata, una giornata piena, di sedici ore, divisa fra lo studio, le visite, le opere di pietà, l'amicizia — era allora ed è poi rimasto per tutta la vita quello di un'intelligente ed alta erudizione. Negli anni intorno al '30 egli ispirava già la più Intelligente Casa editrice cattolica, la Morcelliana di Brescia, dove dirigeva una collana sua, / compagni d'Ulisse, e 11 gruppo fiorentino del Frontespizio; e soprattutto pensava di dare all'Italia una storia del sentimento religioso, sull'esempio di quella che l'abate Bremond aveva fatto per la Francia. Tutto restò allo stato di progetto, come gli sarebbe accaduto poi per cento altre cose De Luca cambiava tema ad ogni stagione e tutte le volte partiva con la stessa passione, con la stessa carica: sarebbe bastata .poi la ruota della realtà a macinare idee e propositi. Forse è per questa ragione, per l'impossibilità di trovare nel tempo una sistemazione al suo lavoro, che Don Giuseppe dopo la guerra pensò di farsi editore. Avrebbe pubblicato quelle opere dt studio e di erudizione che il comune mercato librario non poteva sopportare e, tanto meno, le università e le accademie avrebbero potuto accogliere. Nacquero cosi le Edizioni di storia e letteratura, che fino ad oggi vantano del titoli preziosi è — senza ombra di esagerazione — possono competere con le imprese crociane di Laterza e con quanto di meglio è stato fatto in Italia In quel campo. Questo senza dubbio è il patrimonio, o almeno la parte più cospicua del patrimonio lasciato da De Luca, e tocca all'Italia non permettere che vada perduto, tocca agli uomini più sensibili della Chiesa intervenire perché quella collana continui Cosi sembrerebbe opportuno pensare ad una fondazione per salvare l'immensa biblio teca, di ottantamila volumi, che il povero prete romano aveva messo insieme attraverso quotidiane acrobazie flnan ziarie/ Ma non abbiamo detto tutto: oltre questo De Luca, protettore e Inventore di scrittori e di eruditi, c'era uno scrittore in proprio, con una sua vena poetica precisa e dotato di gVandi risorse oratorie, e anche qui toccherà agli ami ci riprendere e vagliare tutto quello che — senza calcolo alcuno — De Luca aveva dissipato su giornali, riviste, persino bollettini parrocchiali. C'è da mettere insieme almeno un paio di volumi, oltre al Ho conosciuto poche persone che avessero come De Luca paura della morte, cosi profondamente innamorate della vita, eppure chi gli è stato vicino negli ultimi giorni, anche prima della visita del Pontefice, che si era mpsso dalle sue stanze per andare a confortarlo, e, pensiamo, per rendere omaggio ad uno dei grandi Agli della sua Chiesa (De Luca avrebbe dovuto essere nominato cardinale pochi giorni dopo), lo ha sentito chiamare: «Sono pronto, andiamo»; e supplicare il suo Cristo di non farlo più aspettare. Carlo Bo Commenti al Vangelo che piacevano tanto a Croce e al suoi studi sulla pietà italiana. E c'è ancora dell'altro, forse la cosa più Importante, la cosa che gli stava più a cuore. Ci è capitato spesso, in mezzo a discussioni violente, sentirlo tacere di colpo e poi esclamare: «Ricordati che sono prete ». Qui sta la chiave del turbine in cui sembrava perdere la sua vita, gli studi, le infinite letture: pensare agli altri. Pochi sanno che per fanti anni De Luca era stato 11 cappellano di un ospizio di vecchi, che era sempre pronto a correre là dove lo chiamassero come prete; pochi sanno che portava nelle 3ue imprese di editore la sola ambizione di far del bene, di aiutare, di ricordare che alla fine, al momento della somma finale, c'è per il cristiano soltanto un nome da dire. Quel nome che egli ha saputo con tanta fermezza ripetere nell'ora della morte. Il Don Giuseppe dei vecchi dell'ospizio romano e dei bambini "raccolti negli ultimi anni a ' Castelgandolfo, era sempre in fondo al cuore del De Luca scrittore, letterato, che vi accoglieva nel suo studio di piazza Lancellotti, pronto a parlarvi del Monti, di Chateaubriand, del Tommaseo, secondo il cuore del momento e la mobilissima ispirazione dell'ingegno. iiiiiiriiiiiiitiiMiitiriiiiJiiiiiriiMriiiiiiiiiMtiiiiii