Fra Carmelo insisteva con i Cannada per tener alte le somme dei ricatti di Francesco Rosso

Fra Carmelo insisteva con i Cannada per tener alte le somme dei ricatti Continuano a sfilare i testi alia Corte d'Assise eli Messina Fra Carmelo insisteva con i Cannada per tener alte le somme dei ricatti Il fratello della vedova racconta il grottesco colloquio nella cella del convento di Mazzarino con l'ottuagenario monaco «Vostra sorella ha venduto le olive e può pagare» - «Ma il raccolto è stato scarso» - «Ha delle terre, le venda» - La drammatica deposizione della moglie del vigile Stuppìa ferito gravemente a lupara dalla mafia - La donna, terrorizzata dalla paura, dice che il marito non le confidò mai nulla - Sconvolta, urla alla Corte : « Con me non parlò mai, mai, mai ! » (Dal nostro inviato speciale) Messina, 3 aprile. Piccolina, tutta grigia e negli sguardi la patetica dolcezza che le vecchie maestre nubili sanno conservare, Giuseppa Toscano ha portato il suo granello di impressioni personali in un processo che attraverso il prisma delle incertezze, dei « non ricordo >, dell'evasività, sbriciola, persino le sole realtà conclamate: le estorsioni, un tentato omicidio, un morto. Attraverso la cortina nebbiosa di frasi ambigue, spesso a tre sensi, non è facile giungere alla verità. Fra Carmelo disse al dott. Sapio che un milione era cifra troppo esigua in confronto ai dieci milioni richiesti dai ricattatori; era opportuno darne quattro o cinque per evitare rappresaglie. Che significato può avere un simile consiglio? Rivelava la preoccupazione per la salvezza dei suoi amici, oppure l'ingordigia del monaco? Siamo nel cam po delle ipotesi, e gli avvocati stiracchiano le parole per ade guarle ai loro schemi e so stenere l'accusa o la. difesa. Non esiste, in tutto il processo, un punto fermo cui inchiodare gli imputati, tutto rimane vago, incerto, come se una mente scaltra e usa al male avesse costruito i delitti sulle sabbie mobili di con yersazioni, lettere anonime, consigli perfettame'nte illogici e inconcludenti. Erano i frati di Mazzarino così scaltriti nel male da pre pararsi un alibi con sei mesi di anticipo sulle estorsioni che avrebbero poi realizzato nei due anni a venire, tra la pri mavera del 1957' e quella del 1959? L'accusa sostiene di sì prendendo a sostegno della propria tesi l'attentato a frate Agrippino, nella cui cella fu rono esplose due fucilate a lu para la sera del 5 novembre 1956. Furono gli stessi monaci, sostiene l'accusa, a inscenare ,. l'attentato per dimostrare in seguito di essere dei perseguitati. La signorina Giuseppa To scano doveva, riferire proprio su quella circostanza perché, strana, decisione, i rnonaci mandarono il loro cuoco Patri da lei con un biglietto per pregarla di telefonare al carabinieri e avvertirli che era accaduto qualcosa di grave in convento. Perché fra Carmelo mandò il cuoco dalla signo rina Toscano e non diretta mente dai carabinieri? Forse perché la sua casa dista solo trecento metri dal convento, ha detto l'anziana maestra, la caserma è a più di mille metri. Hanno domandato alla si gnorlna Toscano se conosce va Carmelo Lo Bartolo, l'orto lano dei cappuccini; la mae stra ha risposto di sì, ogni tanto quell'uomo andava da lei per pregarla di tenere una sua figliola alla refezione scolastica. < Era una bambina vestita di miseria >, ha con eluso la fragile maestra di Mazzarino con voce dolcemen te pietosa. Conosceva .assai bene fra Carmelo, buon predicatore. «Era caritatevole, assisteva moribondi — ha dichiarato per l'insistenza di un difen sore —, pregava molto ». Un patrono di parte civile ha aggiunto: < Accettava i milioni dei ricatti In confessionale > Decisamente in contrasto con la signora Cànnada, l'anziana maestrina ha detto che < fra Carmelo era amico inti mo di quella famìglia, recitava la Messa nella cappella privata ogni settimana, ed era stato ir monaco, a convincere il più che maturo cavalier Angelo a sposare la signorina Eleonora Sapio > Sono convinzioni persqnali anche queste, poco differenti da quelle riferite dal dott. Angelo Sapio .sui colloqui che ebbe con fra Carmelo dopo la seconda ondata di lettere ri cattatone. Il dott. Sapio è un uomo alto, vigoroso, certamente preparato alla lotta politi ca, ma non all'intrigo. Egli < sindaco democristiano di Licata, dove la sua famiglia gode di grande prestigio. Ricevuta la prima lettera con la minaccia di rapimento del bimbo di sua sorella, egli non volle piegarsi al ricatto perché, ha detto, non è di quelli che sì sottomettono ai violenti. < Perché non si è ri volto, ai carabinieri? >, gli ha domandato un difensorp dei monaci e il dott. Sapio ha risposto, con sicurezza: c Perché mia sorella non ha voluto; le avevano già ucciso il marito », Il dott. Sapio ha raccontato •alla Corte'come si svolsero i suoi colloqui con fra Carme lo. Pur nella contenutézza dell'espressione, affiorava dalle parole del testimone l'atmosfe ra grottesca che doveva pesare nella cella del vecchio cappuccino, ima schermaglia di frasi e atteggiamenti in cui occhieggiava ia presenza, vera o soltanto evocata, dei si nistrl banditi che continuavano a perseguitare la povera vedova. Il dott. Sapio offri un milione e fra Carmelo rispose ch'era troppo poco; bisogna¬ vptdCgtmpnedCpf a a a a o n va pagarne quattro o cinque per colmare l'avidità dei ricattatori. Il dott. Sapio teneva duro sulla prima offerta e fra Carmelo: « Badi che sono briganti senza scrupoli, decisi a tutto >. Il dott. Sapio non muoveva di un centesimo la prima offerta. « I banditi sanno che avete venduto le olive e incassato sette milioni », diceva il monaco. Il dott. Sapio portò il contratto di vendita da cui risultava che la vedova Cannada aveva incassato poco più di un milione. t Ma sua sorella ha le terre, potrebbe vendere », insisteva fra Carmelo e il dott. Sapio, di rimando: < Mia sorella è usufruttuaria delle terre, che appartengono al bambino, e non può vendere. Fra Carmelo, o un milione o niente. Piuttosto prendo mia sorella ed il bimbo, e li porto al sicuro a Licata, con me». Fra Carmelo disse che si sarebbe informato per sentire se i banditi si accontentavano di un milione diviso in due rate, una pagata immediatamente; la seconda sul finire di novembre. I banditi si accontentarono. Ai primi di dicembre, fra Carmelo si presentò in casa Cannada con la scusa dì una visita e domandò se non era il caso di versare anche la seconda rata. Gli dissero che l'avrebbero accontentato entro pochi giorni; infatti, gli consegnarono il. restante mezzo milione quasi subito. In questa' tragica pantomi ma, che di certo ha solo la estorsione, si muovono i fantasmi delle impressioni personali. Mentre discorreva con il dott. Sapio, fra.Carmelo te neva costantemente una mano nel cassetto semiaperto della scrivania. Forse impugnava una rivoltella, forse era una sua abitudine. Al termine dei colloqui, fra Carmelo disse al dott. Sapio: «Se l'avessi conosciuta prima, probabilmente suo cognato non sarebbe morto», Forse, intendeva che, disposto a pagare i ricatti come si di mostrava, sarebbe riuscito a convincere anche il cognato a pagare Mentre il testimone riferiva queste circostanz,e,.r fra Carmelo si è alzato/tìetta. gabbia ed ha chiesto di parlare, ma l'avv. Dante lo ha'fatto sedere con un cenno imperioso, della mano. L'avv. Ventura difen sore di fra Agrippino, ha in sistito per sentire che cosa aveva da dire il vecchio monaco, ma ha incocciato nel l'opposizione del suo collega della difesa che, avendo parlottato rapidamente con fra Carmelo, sapeva che il' cap puccino stava per commettere un'imprudenza. Di questi incidenti fra av vocati ne accadono parecchi al giorno, molto fragorosi e inconcludenti. Anche oggi, sempre per intervento dell'avv Ventura, si è scatenata una sarabanda di parole che il pre sidente non riusciva a contenere. Con gesto drammatico l'avv. Sorge, difensore della vedova Cannada, ha abbando nato l'aula, ed il presidente, per calmare gli spiriti in ebollizione degli avvocati, che si agitavano con grandi svolazzi neri di toghe listate d'oro t d'argento, ha sospeso l'udienza Alla ripresa, è comparsa la signora Caterina Stuppìa, mo m glie del vigile urbano gravemente ferito a lupara in un attentato di cui si è dichiarato responsabile Gerolamo Azzolina. Grassa e tondeggiante, la donna si esprimeva in un vertiginoso dialetto siciliano, ed il giudice togato Gullotti doveva fare da interprete. La donna afferma di non saper nulla, ma ha dimostrato che, pur essendo analfabeta, ha imparato bene la lezione del silenzio. Ha detto che la sera del 25 maggio 1959 era alla finestra ad attendere il ritorno del marito, quando vide un uomo che passeggiava e, dopo l'arresto, riconobbe in quel notturno vagabondo Giuseppe Salemi, che stamane si è protestato innocente in una scenata ad uso dei giornalisti. Interrogata se suo marito le avesse parlato dì quei fatti, la donna è scattata in un grido che abbiamo compreso anche noi. « Mai, mai, mal! » diceva dimenandosi per dare convinzione alle sue parole. Poco .differente è statala deposizione dì Giuseppina Stuppìa, la figlia del vigile di Mazzarino: anche con lei suo padre non avrebbe mai parlato dell'attentato, dal quale si salvò miracolosamente, e nemmeno delle cause che avrebbero potuto indurre gli aggressori al gesto delittuoso. Rapidissima è stata l'apparizione di Vincenzo Lombardo, già amico di Carmelo Lo Bartolo, l'ortolano suicida, venuto fino a Messina per non dire nulla. Domani la Corte si trasferirà parzialmente a Mazzarino per interrogare il vìgile Stuppìa, degente all'ospedale, e la signorina Elena Colajanni. Sa rà un'occasione buona per capire la gente che abita quel desolato paese e le cause che hanno fatto ammalare tanti testimoni e parti lese. Le udienze a Messina riprenderanno venerdì. Caterina Stuppìa, moglie del vigile ferito gravemente a lupara dalla mafia di Mazzarino, ha imparato bene la lezione della paura, e alla Corte, in dialetto siciliano, ha urlato terrorizzata di non saper nulla, di non aver visto nulla ('l'eief. Ansa) Francesco Rosso