La crisi dell'Argentina di Luigi Salvatorelli

La crisi dell'Argentina Amerita Latina e democrazìa La crisi dell'Argentina La rivolta militare contro Frondizi non ha soltanto aperto una fase nuova, dagli imprevedibili sviluppi, nella lunga crisi dell'Argentina. Essa può avere conseguenze sulla politica interna di tutta l'America Latina e sul rapporti del mondo sudamericano con gli Stati Uniti e l'Occidente europeo. Su questi problemi volentieri pubblichiamo l'autorevole giudizio di Luigi Salvatorelli. I colpi di stato militari vanno sempre annoverati tra i fatti patologici più gravi, per qualsiasi regime, e tanto più se questo è un regime democratico. Essi significano l'impiego della forza statale contro lo Stato, il rivolgimento contro la sovranità popolare delle armi che il popolo si è dato a propria difesa. Detto ciò come giudizio di massima, rimane l'esigenza della distinzione fra i diversi casi, secondo i diversi paesi, le specifiche situazioni, i moventi, gli sbocchi, le conseguenze interne ed internazionali. Sotto tutti questi aspetti, non soltanto il colpo di stato argentino appare più grave di quello siriano, ma la sua gravità, in misura assoluta e non più relativa, risulta eccezionale. Ciò apparirà chiaramente — spero — da quanto dirò in appresso; ma intanto è necessaria, per obbligo di coscienza., una dichiarazione preliminare. Se le maggiori e più autorevoli potenze, innanzi tutto dell'America del Sud, e poi di quella del Nord, e dell'Europa Occidentale (atlantica o no), non reagiscono immediatamente e decisamente, ne-: gando qualsiasi riconoscimento, anche soltanto temporaneo e di fatto, al governo sostituito a quello di Frondizi, e cessando ogni relazione con lo Stato argentino finché detto gover-. no usurpatore non sia rimosso, la democrazia internazionale, la giustizia internazionale, la pace internazionale subiranno un colpo paragonabile soltanto a quello dell'accordo di Monaco del 1938. * * Avevamo avuto in questi ultimi anni e mesi il ristabilimento e la permanenza in Argentina di un governo democratico - costituzionale ; un ristabilimento analogo in un altro paese fra i più importanti dell'America Latina, il Venezuela; il piano Kennedy dell'« alleanza per il progresso », e la relativa « Carta » di Punta del Este del 17 agosto 1961; la riaffermazione unanime (salvo Cuba), ancora a Punta del Este, a fine gennaio 1962," delle istituzioni libere e democratiche come patrimonio comune delle repubbliche americane, da tutelare in specie contro l'offensiva comunista internazionale. Questo insieme di fatti dava buone speranze per una stabilizzazione in America Latina, e uno sviluppo organico, della libera democrazia: stabilizzazione e sviluppo che avrebbe necessariamente incluso il superamento del « punto morto » sociale, in cui una gran parte — la maggiore, mi sembra — dell'America Latina si è incagliata a tutto danno suo, e tutto vantaggio dei convergenti sovversivismi, reazionario e comunista (si veda adesso l'alleanza in corso fra peronisti e comunisti). Stabilizzazione, sviluppo, superamento risolverebbero lo spinoso, secolare problema delle relazioni fra Stati Uniti e America Latina, compromesse finora dalla preminenza non sempre bene esercitata di quelli, e dalla diffidenza e gelosia di questa. Se tutto ciò si realizzasse e consolidasse, la conseguenza internazionalmente più importante sarebbe la formazione in seno alle Nazioni Unite di un blocco europeo - americano per la libertà, la democrazia e la pace: gruppo che attirerebbe facilmente a sé un bel numero di nuovi Stati africani, importante anche per qualità. Il blocco così aumentato eserciterebbe una pressione morale non indifferente su quei neutri grandi e medi — India, Jugosla via — che finora hanno rinunziato di fatto alla vera funzione dei neutri, « non impegnati », nei consessi in¬ ternazionali. Funzione consistente (occorre tornare a ripeterlo e spiegarlo, ad ogni buona occasione) nello studiare imparzialmente le grandi questioni internazionali, portando il proprio peso a favore delle giuste ed eque soluzioni. Ha torto De Gaulle a trarre da constatazioni (almeno parzialmente giuste) di deficienze organiche nelle Nazioni Unite la conclusione che è inutile impacciarsi con esse. Anche così come sono e come rimar¬ ranno per un pezzo — esse possono fare un po' di bene, e molto male. In una condizione internazionale come la presente — un presente di lunga durata — in cui nessuno si arrischia a fare la guerra, ma tutti la preparano, e della contrapposta preparazione si fanno un'arma per premere sull'avversario: in una condizione internazionale simile, codesta assemblea universale degli Stati tende naturalmente, prima ancora che per proposito, a discutere e a prender posizione sulle grandi questioni internazionali; e così esercita una influenza di cui debbono tener conto, e di fatto tengono, i capi dei maggiori Stati. E' perciò che la formazione organica, solida, attiva, in seno ad essa, di un blocco di Stati autenticamente democratici, capace di raggiungere la maggioranza relativa, e di espandersi da questa verso l'assoluta e addirittura verso la qualificata, potrebbe avere una importanza incalcolabile. Della formazione di questo blocco sono gli Stati dell'America Latina a possedere la chiave, per la triplice ragione del loro numero, della loro potenzialità economica virtuale, de}* l'acutezza raggiùnta, in seno ad essi, dal massimo problema di oggi: quello delle nazioni e delle classi, delle zone e delle categorie sottosviluppate o depresse. Ma non è neppur pensabile che l'America Latina possa adempiere a tale missione — e neppure, direi, concepirla — ove in essa il movimento verso un'autentica, organica, libera e sociale democrazia, anziché consolidarsi e rapidamente avanzare, si arresti e retroceda. E' perciò che qualsiasi governo, qualsiasi partito, qualsiasi grande forza sociale, morale, religiosa possegga una influenza internazionale, ha lo stretto dovere di impiegarla oggi, senza ritardo e senza risparmio, per condannare — formalmente, solennemente — il misfatto dei generali argentini, e negare al governo da loro installato e controllato qualsiasi diritto alla convivenza internazionale. Luigi Salvatorelli

Persone citate: De Gaulle, Kennedy, Luigi Salvatorelli