Ugo la Malta, ministro della pianificazione lavora nel palazzo che fu di Quintino Sella

Ugo la Malta, ministro della pianificazione lavora nel palazzo che fu di Quintino Sella APERTO COLLOQUIO CON LO STATISTA AL CENTRO DI TANTE POLEMICHE Ugo la Malta, ministro della pianificazione lavora nel palazzo che fu di Quintino Sella Il più moderno degli uffici governativi è installato nell'austera sede dei severi amministratori "piemontesi" ■ Ma la nuova "équipe" non rinnega le vecchie tradizioni : La Malfa, uomo deciso, procede con realismo e prudenza - E' incline ad un "piano" elastico, a lunga scadenza - In un primo tempo si vuol mettere ordine nel settore della iniziativa pubblica - Gli interventi nel settore privato non saranno attuati con sistemi d'imperio; e serviranno ad evitare pericolosi squilibri - "Per battere il comunismo, occorre costruire una società migliore di quella comunista" (Nostro servizio particolare) Roma, marzo. L'ufficio del ministro Ugo La Malfa è uno dei più « nevralgici » della presente amministrazione: perché è designato come il laboratorio che deve progettare e co- llMIIlCIIIIIIIIIlMIlItllllllllllIllllMIMIIIlKMIlllIllI struire il programma economico, o « piano » che dir si voglia, novità assoluta per l'Italia. Si tratta di cominciare da zero; e La Malfa me lo figuro come un pioniere intento ai calcoli e ai rilevamenti che gli serviranno per innalzare un grande edificio con materiali mai prima sperimentati. Siamo nel vecchio palazzo € delle Finanze » severamente piemontese, caserma e convento, tra muri massicci, soffitti a crociera, finestroni solenni e stucchi umbertini — una scenografia che non importa sia la più lontana dai propositi rinnovatori di questo « ministero dell'avvenire »; anzi, sembra di buon auspicio la veneranda, e qui ancor familiare, ombra di Quintino Sella, il risanatore dell'economia italiana di un secolo fa. Mi propongo di cavare dal nuovo ministro del Bilancio quante primizie è possibile intorno al « plano », in cui dovrà compendiarsi e vertebrdrsi la politica economica della svolta a sinistra, che suscita tante apprensioni e dubbi. Già la parola «piar no » è da usarsi con prudenza, per un riflesso condizionato che fa pensare al comunismo. Eppure oggi la realtà politica mondiale offre tutto un campionario di ricorsi alla pianificazione, lungo uno spettro politico che da Mosca, traverso Parigi, i Paesi scandinavi, L'Avana, Nuova Delhi, giunge fino a Tokio, il cui governo conservatore non è certo sospetto di aperture a sinistra. Apprendo che la preparazione del programma economico comprende due stadi: l'impianto degli uffici e degli organi tecnici, che avverrà in un tempo relativamente breve, entro la presente legislatura; e la compilazione del « piano » vero e proprio, con le linee e i tempi di marcia, e gli obiettivi da raggiungere, che vorrà qualche anno prima di acquistare una)flsionomia piuttosto precisa. Non sarà,, dunque, l'affare'di un giorno, ancorché già ora — mi rivela La Malfa — egli e gli altri ministri economici spieghino una « mentalità di piano » in tutto ciò che fanno. Gli chiedo: « Saranno piani quinquennali, oppure decennali come in Giappone? ». Sembrandogli che il respiro di un programma economico debba essere più lungo di cinque anni, La Malfa indi* na verso il secondo tipo, ma nulla è ancora deciso in proposito. Come l'incalzo con le do¬ mande, il ministro si fa più cauto, ciò che pare comprensibile in un momento in cui tutto è ancora per aria: eppure riesco ad afferrare alcune idee generali, e meglio il tono, il suo stato d'animo, quanto %nai importante se pensiamo che ogni progetto si colora della personalità dì chi è chiamato a compierlo. Il programma si muoverà in due direzioni. Prima di tutto vorrà mettere ordine in quella che La Malfa, con ironia, chiama la « libera iniziativa » dell'iniziativa pubblica: che al presente si'spiega senza una visione d'insieme, spesso con spirito settoriale. Sono scaturiti dall'amministrazione parecchi piani autonomi, e molti programmi che si ignorano l'un l'altro, a pezzi e bocconi e perciò il ministero del Bilancio mira a comporre le varie iniziative pubbliche entro un disegno unitario: vorrà essere l'ufficio dal quale si vedono tutti gli altri. Quando abbordiamo la seconda direzione del programma, che riguarda il terreno delicato dell'iniziativa privata, le risposte del ministro diventano particolarmente misurate: egli non vuole entrare in dettagli, che sarebbero prematuri. Per ora ci si deve limitare ad enunciazioni di principio. Il fine ultimo che gli uffici del piano si proporranno sarà quello di eliminare gli squilibri che si sono venuti formando nel panorama della nostra economia, dove al sovrasviluppo di alcuni settori corrisponde V sottosviluppo di certi altri. Sono scarti che — afferma La Malfa — non possono non produrre serie conseguenze politiche ed economiche. Prendiamo, ad esempio, il caso della mano d'opera. Non è un buon segno che, nelle zone ad alta concentrazione industriale, le aziende si contendano gli scarsi specialisti; come è altrettanto costoso il fenomeno migratorio dei lavoratori dalle zone depresse a quelle maggiormente sviluppate. Ciò che poi salta agli occhi di tutti, sono gli estremi di povertà e di lusso che si accompagnano nel nostro Paese: il fatto che ai quadri dolenti della miseria soprattutto meridionale, corrispondano consumi non essenziali spinti al massimo. Chi osservi la realtà economica italiana, afferma La Malfa, si avvede che la stessa iniziativa pri ata, in molti casi, sente il malessere degli squilibri e tenta di porvi qualche rimedio, per esem- pio spostandosi da sé verso le zone dove è più facile, e meno costoso, trovare ed assumere mano d'opera. Ebbeme, il piano vorrà accelerare questi fenomeni spontanei, ricorrendo il meno possibile a disposizioni normative, e valendosi dei molti strumenti indiretti di cui ogni Stato moderno dispone per orientare le forze economiche. A questo punto capisco che tra i principali motivi ispiratori del « piano » nei riguardi dell'iniziativa privata, figureranno la distribuzio' ne più armonica delle varie imprese sul territorio nazionale, ed il contenimento di certi consuini estremamente voluttuari. Se l'attività correttrice dello Stato vorrà ricorrere il meno possibile a provvedimenti normativi, non è men vero che il proposito dei pianificatori sarà quanto mai fermo e proteso a raggiungere gli obbiettivi prefissi. « I problemi devono essere risolti » dice La Malfa con accento vigoroso. Può sembrare un paradosso — e c'è chi l'ha fatto notare — che < l'uomo del piano » sia quello stesso La Malfa che legò il suo nome, quando fu ministro del Commercio estero, alla liberazione degli scambi, ispirandosi ai criteri della scuola liberista. Si trattò, allora, di una svolta di notevole momento nella nostra economia, che s'era sviluppata all'ombra del protezionismo e poi dell'autarchia. Nel periodo a cavallo tra il 'SS e il 'Si, quando faceva parte del sesto gabinetto De Gasperi, Ugo La Malfa intese che era venuto il momento di sottrarre l'industria italiana alle vecchie strutture avviandola a sostenere la libera concorrenza sul mercato europeo. Se ciò, al momento, suscitò allarmi e polemiche, oggi nessuno dubita che il < colpo di testa » di La Malfa ebbe un effetto favorevole sull'industria italiana, la quale si rafforzò le ossa e si allineò al livello europeo, dimostrando una notevole e, da molti, insperata vitalità. Non vi è nessuna contraddizione — tiene a dirmi il ministro — fra ieri e oggi. € Io sapevo che la liberazione degli scambi avrebbe rafforzato la nostra industria, ma non sarebbe bastata da sola a risolvere i maggiori squilibri. Quel passo presupponeva il secondo, quello della programmazione, che ora si può compiere perché ci troviamo di fronte ad una industria vitale, non passiva come era quella che avevamo ereditato dal precedente regime ». Al di là delle ragioni tecniche, mi sembra che il temperamento, l'animo politico di La Malfa siano congeniali alla figura di pianificatore. Vi sono due specie di uomini politici, quelli di ispirazione empirica, immediata, che si adattano flessibilmente alle onde della realtà; e quelli che accarezzano nella loro mente l'ideale di un mondo migliore della realtà, che vorrebbero realizzare su questa terra: e sono più propriamente » riformatori. La Malfa appartiene piuttosto a questi ultimi. Per questa disposizione della mente e dell'animo, uno dei caratteri di Ugo La Malfa è la tendenza al pessimismo, che, a prima vista, mal si addice ad un architetto dell'avvenire. Da dieci anni in qua, ho incontrato spesso il mio interlocutore, e quasi tutte le volte m'è parso in preda allo scoramento e alla sfiducia. Eppure sarebbe parziale limitarsi a questa osservazione. La Malfa, pessimista nel pensiero, è altrettanto ottimista nell'azione, come dimostra la sua vita che da quasi un quarantennio è una continua, energica, volitiva battaglia per i suoi ideali, al servizio della democrazia e della libertà e contro ogni totalitarismo. Ora, dietro allo scrittorio dì ministro, egli appare animato di nuovo vigore. Il suo impegno nella politica di piano non significa alcun cedimento verso il móndo dei € piani quinquennali » ; anzi, è un conseguente sviluppo della idea politica che da sempre anima la sua azione: che il comunismo si combatte efficacemente costruendo una società migliore di quella comunista. Alfredo Todisco

Luoghi citati: Giappone, Italia, L'avana, Malta, Mosca, Nuova Delhi, Parigi, Roma, Tokio