Non c'è mistero nel suicidio della principessa Francesca Ruspoli

Non c'è mistero nel suicidio della principessa Francesca Ruspoli Vittima della dolce vita la giovane nobildonna Non c'è mistero nel suicidio della principessa Francesca Ruspoli Ricca, corteggiata, ogni suo desiderio era appagato - Eppure si sentiva immensamente triste - La dolorosa esperienza del matrimonio con Dado Ruspoli - Inutile, disperata ricerca della felicità nelle evasioni pericolose - Oggi l'autopsia della salma (Nostro /servizio particolare) Roma, 28 febbraio. Perché l'ha fatto? E' la domanda più immediata che la gente comune si fa quando legge che la principessa Francesca Ruspoli si è uccisa gettandosi dal settimo piano della sua casa milanese. Che le mancava? Si domandano subito dopo le persone semplici, apprendendo che quella giovane signora dell'aristocrazia romana aveva bellezza e anche fascino, miliardi con cui scialare spensieratamente, fior fiore di ragazzi belli o di uomini maturi che stavano ai suoi piedi, l'adoravano. Il comune buon senso ci aiuta poco quando tentiamo di rispondere a quelle domande. Il suicidio della principessa Ruspoli non è il gesto contrastato, la miseria, un'irreparabile sciagura familiare. Non è stato neppure un momento di sconforto o di esasperazione a guidare Francesca Ruspoli sul balcone, a gettarla giù. Il suo è un caso più complicato. E" un episodio che rientra nei molti suicidi 0 tentati suicidi che da al cuni anni la cronaca deve registrare negli ambienti della « dolce vita ». Per questo, c'è rammari co, ma non sorpresa, a via Veneto e dintorni, nei quar tieri che la principessa tren tatreenne frequentava a Ro ma. « Francesca s'imbottiva di alcool, di tranquillanti e di sonniferi — vi dicono da quelle parti —. Ne faceva uso a garganella ». Ed è come dire che non era contenta dei suoi giorni, della sua esistenza: cercava nel l'alcool e nelle medicine di sottrarsi a se stessa, di di menticarsi. Già c'era in lei l'inconscia tendenza a di struggersi.- Sono spiegazióni che pe raltro non spiegano perché l'ha fatto, che cosa le mancava. Forse ci accostiamo di più alla verità guardando nella breve vita della suicida. Ho qui davanti una fotografia della Ruspoli nel giorno in cui andò sposa al giovane Dado. Com'era bel la! Un ovale perfetto, una armonia di lineamenti e di forme com'è dato vedere so lo nelle statue dell'antica Grecia; e che splendore grandi occhi neri di velluto Francesca aveva 18 anni. Dunque, tutta una vita da godere, se si pensa che lei era figlia unica, apparteneva alla ricchissima famiglia Blanc e suo marito partecipava dell'immensa fortunp dei Matarazzo, quelli de Brasile. Il matrimonio durò appena pochi mesi. Lei ne uscì avvilita, con un senso di disgusto. Dado Ruspoli era in quei tempi il più avventuroso e fantasioso fra « i giovani leoni » romani. Le sue trovate erano su tutti 1 rotocalchi d'Italia. Nei mesi in cui girava per Capri con un corvo starnazzante su un omero, la sua fama toccò le cime più alte. Poi si fece cogliere dalla polizia francese con chili di oppio nell'automobile: si giustificò dicendo che lui ne era un grande consumatore e i suoi ammiratori, tanti e poi tanti in tutta Italia, tornarono ad applaudirlo. Francesca e Dado si separarono. Ognuno andò per la sua strada, ma finivano per incontrarsi assai spesso sulle pagine dei rotocalchi in occasione di avvenimenti mondani. Quale sia stata la vita privata di Francesca negli anni dopo il suo effimero matrimonio, preferiamo non indagare. Molte cose tuttavia possiamo supporre e anche capire. Era quella gran bellezza che si è detto, giovanissima, libera da obblighi matrimoniali. Domandiamoci piuttosto: Francesca s'è goduta la sua vita? Forse all'inizio, forse per qualche anno, ma dall'epilogo dovremmo concludere di no. Anche di no ci dicono le sue fotografie degli ultimi anni. Non era più bella. Smagrita e con gli occhi lustri, smarriti, si stentava a riconoscerla. Un'altra conferma che quella giovane signora stava toccando il fondo del barile ci viene dalla notizia dell'abuso che faceva di alcool, tranquillanti, sonniferi. Ma perché si era ridotta così male? Che cosa infine le mancava? Alle due domande, quelle che la gente comune formula istintiva¬ mente, crediamo di poter rispondere che « la dolce vita» si risolve il più delle volte nella più amara fra tutte. Sciupa e abbruttisce le fattezze più belle, inaridisce i cuori, riempie i giorni e le notti di un tedio mortale. Non è vita vera, ma una parvenza di vita. Alle cose brutte ma talora anche belle dell'esistenza, alle lotte impegnative e ai dolci riposi, agli affetti che allietano e confortano, la « dolce vita» non può contrapporre che delusioni senza mai una speranza, una stanchezza | che non trova mai riposo, la sazietà , di ogni emozione, infine il vuoto. Più frenetico è convulso è il ritmo che si dà alle ore, ai lussi, ai piaceri, più vicino si fa il traguardo finale: tedio e vuoto. Sono le anticamere della morte- Nicola Adelfi Francesca Ruspoli passa sorridente fra gli applausi degli uomini e delle donne

Luoghi citati: Brasile, Capri, Grecia, Italia, Roma