Un dibattito a Parigi sull'eutanasia Non è «mai» lecito uccidere per pietà?

Un dibattito a Parigi sull'eutanasia Non è «mai» lecito uccidere per pietà? Un dibattito a Parigi sull'eutanasia Non è «mai» lecito uccidere per pietà? Il delicato problema è tornalo alla ribalta dell'attualità per il- caso Faita, l'operaio italiano che uccise il fratello inguaribile a Mulhouse - Le conclusioni d'un pastore protestante e d'un gesuita (Nostro servizio particolare) Parigi, 26 febbraio. Il problema dell'eutanasia è di nuovo all'ordine del giorno dopo la sentenza pronunciata alcune settimane fa dalla Corte d'Assise di Mulhouse nei confronti dell'italiano Luigi Faita che, come si ricorde|j|à. ™"| aasoltq afhhpna avesse ucciso^.^>atello Giuseppe, ammalato inguaribile. Sette persone, fra cui il procuratore generale Antonio Besson, il padre geauila Riquet, il pastore protestante Georges Marchal, hanno discusso sull'opportunità o meno di modificare la legge per poter evitare il processo come a un criminale a chi abbia ucciso senza avere il minimo interesse a farlo, e unicamente per evitare una tremenda agonia a un ammalato inguaribile. La conclusione emersa dalla discussione è la non necessità di modificare la legge poiché, come s'è visto a Mulhouse, permette anche di poter assolvere. La sentenza nei confronti di Luigi Faita è tuttavia eccezionale. La legge francese, che all'inizio del secolo era severissima poiché l'eutanasia veniva sempre punita con la morte, prevede oggi una pena minima di tre anni di prigione con la condizionale. La condanna è simbolica, ma comunque è pronunciata. E ridurre ancora tale pena, come è stato fatto per Luigi Faita, sarebbe secondo padre Riquet « estremamente pericoloso per la sicurezza pubblica e i di ritti dell'uomo sulla propria iH* » E' soprattutto nelle idee espresse da padre Riquet e dal pastore Marchal che la discussione, abbandonando il terreno giuridico, ha portato a considerazioni umane, con sfumature che dimostrano quanto sia piccolo il margine fra l'eutanasia punita dalla legge e dalla religione, e la morte che deriva dalla dose di medicinali prevista per alleviare le sofferenze. Ha detto il pastore Marche!: « Bisogna mettersi dinanzi al c&sb concreto dell'uomo che soffre senza speranza. Salvaguardare la sua vita può significare optare scientemente per la crudeltà... E' rispettare la vita mantenere- ad ogni costo qugto ^njnartlre stenzanaun^ipuncaTO sol to se si salvaguarda ciò che rappresenta. Ci sono dei casi in cui l'ammalato non ha più nulla da salvaguardare, ma soltanto un cuore che batte, e che batte per l'orrore >. Occorre quindi, evitare, secondo il pastore Marchal, le sofferenze inutili. A queste osservazioni ha risposto padre Riquet: « Non si tratta di impedire a un medico di addolcire la morte per quanto possa, anche se tale addolcimento comporta il rischio di abbreviare la vita. La parola eutanasia non mi fa paura, poiché significa " ben morire .". San Camillo De Lel]is e i suoi primi discepoli avevano ricevuto all'ospedale di Roma un titolo che corrispondeva a tale idea: li chiamavano " I padri del buon morire ". Ma tra il non prolungare, grazie ai mezzi artificiali e straordinari, un'agonia spaventosa, e prendere l'iniziativa di distruggere la vita, c'è un margine che la mia coscienza rifiuta di superare ». Dopo avere osservato che c'è una certa « coincidenza » fra la « morte dolce » e l'eutanasia,- il pastore Marchal ha citato il caso di un macchinista che, a causa d'uno scontro ferroviario, è schiacciato sotto la locomotiva, coi visceri fuori, il vapore che gli brucia il viso e chiede grazia. Non è ancora morto. Ma la morte è certa ed è impossibile salvarlo: « Un medico non ha il diritto morale di somministrare una dose di stupefacenti ^'.esjjpjioitan-] ta un termine anche alla vita? >. A parer suo il medico lo deve fare; e padre Riquet ha risposto: « Quando voi parlate di non prolungare inutilmente la vita, sono d'accordo: ma se, col pretesto di non prolungarla, la sopprimete, allora ci traiàamo insabbia'.-; in una disijpziene^he lupare essenzia]e per ji rispetto dell'uomo da,"arte dell'uomo». A questo punto si è insabbiata anche la polemica, la quale è del resto tutt'altro che terminata. q, che sopprimendo il dolore met-

Persone citate: Antonio Besson, Faita, Georges Marchal, Luigi Faita, Marchal

Luoghi citati: Marche, Mulhouse, Parigi