La verde Umbria è stanca essere "poetica" e povera

La verde Umbria è stanca essere "poetica" e povera Una regione tagliata fuori dal "miracolo,, italiano La verde Umbria è stanca essere "poetica" e povera Appartiene al Nord, perché non può_giovarsi della Cassa del Mezzogiorno; ed al Sud, come area depressa Basta una malattia dell'ulivo per gettare nella miseria la campagna, incantevole ma poco redditizia - Cedono le vecchie, superate strutture contadine ; purtroppo l'industria nonèajjbas^ fscoffi^sanoTiug e Assisi- (Dal nostro inviato speciale) Perugia, febbraio. Nei padiglioni di Italia 61, l'Umbria era rappresentata da un grappolo di care e armoniose cittadine, ciascuna appollaiata in vetta al suo colle, isolata e guardinga dentro il giro delle sue mura medievali. Avvertiva garbatamente il catalogo che queste erano le minuscole capitali di una «vitalità sommessa >: « artigianato, piccole e medie industrie, vita tranquilla, serena, costumi antichi ma non retrivi >. Arrivò la giornata dell'Umbria e il rappresentante della regione se • ne uscì con un discorso che mise nell'imbarazzo l'uditorio. « Basta con l'Umbria verde! », esclamo. Come? L'Umbria rifiuta la parte che poesia e storia, concordemente, le affidano? Eccoci in Umbria, a inseguire gli echi delle Odi barbare tra città che parlano di quattrini, che minacciano barricate in difesa della loro «sommessa vitalità»: Perugia per tenersi uno stabilimento, Assisi per portarglielo via. In mezzo, c'è un biscottiere che sposta i suoi forni qua e là, purché gli consentano le migliori condizioni fiscali. Dieci anni fa, Giacomo Colussi sfornava biscotti a Trieste, in regime d'occupazione; poi traslocò a Perugia; quindi discese nel Sud, a Catania e a Napoli. La Cassa del Mezzogiorno, sappiamo, non misura incoraggiamenti, purché una ciminiera qualsiasi si metta a fumare. Una specie di linea gotica taglia in due l'Italia: al Sud si stende la sovranità della Cassa del Mezzogiorno, al Nord dovrebbero bastare i benefici del « miracolo » economico. Ma l'Umbria è fuori gioco: appartiene al Nord perché esclusa dalla Cassa del Mezzogiorno, al Sud per il basso tenore dei suoi redditi. La Camera di Commercio di Perugia annota un incremento intenso nelle esportazioni: un valore per tremila miliardi di merci, nel 1960, con un aumento del 43 per cento sul valore corrispondente del '59; annota la contrazione dei dissesti, l'incremento dei lavori pubblici e, dell'edilizia privata. Ma la provincia:'dì Perugia, che era al 35° posto nel '53,' per reddito complessivamente prodotto, è discesa al 37° posto nel '60. E peggio ancora si profilano le cose se guardiamo le statistiche un po' più da vicino. Nel triennio '51-'53 il reddito dell'italiano medio raggiunge le 169 mila lire, l'umbro arriva alle 138; nel triennio '57-'59 l'italiano delle altre regioni supera le 200 mila lire (244.369), ma l'umbro arranca a malapena sulle 181 mila lire. Il divario tra l'umbro medio e l'italiano medio è dunque veramente sensibile e in aumento. La provincia di Perugia dieci anni fa era al 57° posto nella classifica del reddito medio per abitante; è disce sa al 65° posto nel 1960. Collocata in una specie di angolo morto, riscuote l'attenzione del Parlamento, il quale si preoccupa e vota una legge, che si potrebbe chiamare del « perdon d'Assisi»: l'indul genza plenaria fiscale per tutti coloro che vorranno piantare officine nella città di San Francesco, fosse pure (la legge è uguale per tutti) una fabbrica di reattori o di esplosivi. Sarà forse per intercessione di San Francesco, fat to sta che non arrivano ì big dell'industria pesante. Allora Assisi si sente perduta, e corre dietro all'industriale del biscotto, perché venga nella zona industriale di Assisi, completamente deserta. Ciò, nel tessuto esausto dell'economia umbra, risveglia gelosie e preoccupazioni. Non tanto per il biscottificio, quanto per il precedente. Nulla potrà impedire in futuro altre fughe di impianti; peggio ancora, si teme che gli industriali, anche i più volonterosi, continueranno ad allontanarsi dall'Umbria, e dalle sue beghe di campanile, per andare ad attendarsi cento chilometri più a sud, tra le braccia della Cassa del Mezzogiorno. E' già molto che la «Pe¬ rugina» abbia resistito alla tentazione, ed abbia fatto sorgere la nuovissima «città della cioccolata » in una verde piana tra i colli di Perugia, vicino alla città che l'ha vista nascere e crescere con fortuna sempre maggiore.^ L'Umbria, perciò, malgrado gli sforzi per togliersi dall'icona carducciana, continua a rimanere « verde ». Di censimento in censimento, la po¬ polazione diminuisce (gli umbri sono ora 800 mila); ma il fenomeno più impressionante non è nella cifra dell'emorragia (10 mila unità in meno), ma- negli scricchiolii che si odono tra le vecchie strutture del mondo contadino. Il montanaro scende in collina: l'umbro delle colline slitta verso il piano. Dei novantun comuni delle due province, soltanto cinque non hanno avuto diminuzione di abitanti: Perugia, Terni, Foligno, Bastìa e San Giustino, tutte con un po' di terra pianeggiante intorno e un mìnimo " avvìo all'industrializzazione. Ma la pianura è stretta, e i colli, cari ai poeti, sono ingrati per chi li deve coltivare. La mezzadria è in dissoluzione: ieri il contadino era sgomento per la paura dello sfratto, oggi il padrone prega a mani giunte il colono di non lasciarlo. Il moto non si arresta. Alla « Perugina"» giacciono inevase Cinquemila domande di lavoro. Il moto migratorio verso la città procede più celermente del moto di industrializzazione, che pure ha subito qualche impulso. La vecchia Umbria agricola, patriarcale, con la sua architettura sociale ed economica resta assai vicina alle strutture medievali: altissima concentrazione di terra in poche mani, distribuzione di un lavoro ingrato e pesante tra molte famiglie. Strade poche; l'energia elettrica in montagna arriva adesso; l'acqua con il contagocce; basta una malattia dell'olivo, un po' di siccità, un minimo di gelata un mattino d'aprile e l'« Umbria verde » è già nelle strette. La televisione ha aperto una finestrella nella casa e nella mente del contadino; nascono desideri nuovi, drammi familiari, contrasti tra generazioni. «L'Umbria ha l'anima stanca», ci dice un prete famoso da queste parti, don Dario, che qui vicino, a pochi chilometri da Perugia, ha dato vita, con la sola sua intraprendenza e l'aiuto di benefattori, ad una scuola professionale, senza attendere il piano della scuola per adeguarsi alle esigenze moderne. Con alcuni pullman ottenuti in dono dal prof. Valletta don Dario passa ogni mattino a raccogliere dai casolari iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiinn sparsi, nel raggio di trenta, quaranta, cinquanta chilometri, circa settecento ragazzi. Egli sa bene che non si potranno tenere legati con la catena, 1 figli del contadini, alle vecchie case; cerca perciò di avviarli a un futuro che non li metta alla retroguàrdia, dovunque sceglieranno di andarsene, quando saranno adulti. C'è in Umbria la più alta concentrazione di organizzazioni religiose d'Italia: tredici diocesi sulle 254 esistenti. Eppure l'Umbria è un'eterna miniera di voti scontenti, socialisti o comunisti; e malgrado ciò non si scopre traccia di estremismo. Alcuni obiettivi della sinistra Bono in buona parte condivisi dai cattolici e persino dai liberali, sicché gli scioperi, quel rari che ci sono, hanno 11 consenso unanime della cittadinanza e spesso la benedizione del parroco. Gigi Ghirotti ■iiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiijiiifiiiitiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiL'Umbria ha una superficie di 8.456 chilometri quadrati e una popolazione di 825.000 abitanti (densità 98 abitanti per chilometro quadrato, una delle più basse d'Italia; media nazionale 168). La popolazione attiva è occupata per il 55 per cento nell'agricoltura, per il 26 nell'industria e per il 19 in altre attività (medie nazionali: 29,5% agricoltura, 39,8 industria, 30,7 altre attività). Il reddito per abitante nel 1960 fu di 213.149 lire (418.526 in Piemonte e 286.304 in Italia)

Persone citate: Giacomo Colussi, Gigi Ghirotti