Si cerca nuovamente l' oro sui monti del Novese nelle miniere abbandonate da oltre mezzo secolo

Si cerca nuovamente l' oro sui monti del Novese nelle miniere abbandonate da oltre mezzo secolo Una impresa romagnola ha chiesto di poter riattivare gli impianti Si cerca nuovamente l' oro sui monti del Novese nelle miniere abbandonate da oltre mezzo secolo I giacimenti di Casaleggio Boiro erano già sfruttati dai romani - Poi nel secolo scorso gli scavi vennero ripresi da una società francobelga - Attualmente due boscaioli nei mesi invernali raccolgono pochi grammi del prezioso metallo che servono al massimo per il tabacco (Dal nostro inviato speciale) Novi Ligure, 23 febbraio. Da Novi Ligure non ci vuole molto per trovare l'oro. Una ventina di chilometri in macchina, da mezz'ora a un'ora di marcia su una montagna asperrima, lungo una mulattiera che a tratti dà le vertigini, e fa pensare che l'oro ha tutto il diritto d'esser cosi prezioso se occorre tanta fatica per procacciarselo. Qui tutta la montagna è piena di oro, assicurano quelli del posto. Naturalmente bisogna faticare per trovarlo. Il luogo più vicino e più accessibile è in territorio di Casaleggio Boiro, una ventina di chilometri da Novi Ligure. Si oltrepassa Lerma, si oltrepassa Casaleggio Boiro, e la macchina si arrampica fino a uno dei tre laghi di Lavagnino, bacini che riforniscono di elettricità e di fresca acqua potabile la non lontana Genova. Qui la macchina si ferma, e bisogna proseguire a piedi. Si percorre la diga, e ci si arrampica lungo un sentiero ripidissimo, pietroso, lungo il fianco della montagna brulla e squallida. Secondo il passo, da mezz'ora a un'ora di marcia. Infine, tra arbusti secohi, un vano nero si apre nella roccia, l'ingresso d'una delle numerose gallerie. U dentro c'è l'oro- In un certo senso è una delusione. Il paesaggio attorno non presenta nessun segno di somiglianza oon quel che chiunque può immaginare della California, del Klondike, del Transvaal. E' un queto e mesto paesaggio casalingo. Siamo comunque in una delle poche zone aurifere italiane. Le sabbie del Sesia e del Ticino contengono oro. I monti di Pestarena presso Macugnaga, sulle pendici del monte Rosa, contengono oro. Miniere vi sono pure a Morgrando, regio ne Bessa, nel Biellese. E infine qui, nei monti fra cui scorre il torrente Gorzente presso la confluenza col Roverno, in territorio di Casaleggio Boiro. e a i a a i i i Questo il panorama aurifero italiano. La produzione totale, nelle poche coltivazioni esistenti, è di circa cinquanta chili l'anno. In passato vi sono state punte massime di centosei chili. La produzione mondiale va da settecento a ottocento tonnellate l'anno. (Come, si sa, il raccolto mondiale è controllato, lo si tiene cioè in rapporto alle esigenze di mercato, per impedire che il prezzo dell'oro, ancoraggio supremo, anche se non esplicito, di ogni materia prima, vada giù). Cerne ogni altra miniera in Italia, queste di Casaleggio Boiro erano già note e sfruttate dai romani, i quali vi facevano lavorare -i prigionieri di guerra. Essi però seguivano un sistema tecnicamente meno efficiente, economicamente meno redditizio, ma umanitariamente più apprezzabile. Non scavavano gallerie. La coltivazione avveniva in superficie, con scavi a cielo aperto. Vi erano costretti naturalmente dalla loro tecnica rudimentale. Esaurito un filone facevano un altro pozzo più in là, e andavano avanti, senza approfondire gli scavi più di quanto consentisse la facilità del raccolto. Ottenevano forse una produzione meno elevata, ma salvaguardavano la vita dei loro prigionieri. Abbandonate con la calata dei barbari, un nuovo periodo di sfruttamento si ebbe nel settecento, ma con scarsi risultati Più impegnativi furono i lavori intrapresi nel secolo scorso da una società francobelga. In alcuni anni furono scavati vari chilometri di gallerie, con l'impiego d'una trentina di minatori. Il materiale estratto — il quarzo aurifero — uenfua portato con cesti da lunghe teorie di donne dalla miniera al torrente Gorzente, dove si trovavano i frantoi e le vasche di lavaggio del minerale, e anche i dormitori degli operai. Qualcuno ricorda di aver sentito, bambino, il padre parlare del suo lavoro alla mi¬ niera d'oro. Ma la società franco-belga smise V attività e smantellò gl'impianti poco prima che il secolo avesse termine. Gl'impianti rimasero inerti, abbandonati sulle rive del torrente. Poi, nel '915, quando la diga sbarrò il Gorzente, le acque invasero la valle e coprirono frantoi e vasche e case. Ma lassù le gallerie rimasero. E qualcuno, tenace, fedelissimo al fulgido appello, non ha mai smesso di grattare col piccone queste rocce preziose. Tra i più fedeli sono i fratelli Giuseppe e Giacomo Repetto, rispettivamente di 60 e SS anni, e il loro vicino Bartolomeo Ferrando, un arzillo settantenne. Abitano in montagna, in piena zona mineraria. D'estate fanno i boscaioli, ma d'in verno che non c'è lavoro si rifugiano nelle gallerie abbandonate, e danno sulle pareti qualche colpo di piccone. Più per passatempo che per cupidigia Non sperano — ma non si sa mai — di ripetere il miracolo di ottanfanni fa, quando un minatore mise a nudo una ve na di oro quasi puro, la resa di cento grammi ogni chilo di minerale. (Ma si trattò d'un modesto filone, un blocco di pochi metri). Pestano nel mar- taio rudimentale, lavano alla meglio, raccolgono pochi grammi d'oro. Al massimo servono per il tabacco. Un'impresa mineraria si è però ricordata di Casaleggio Boiro e del suo oro. E' la Forlani e Monte di Montècolombo, Forlì. Ha mandato nei mesi scorsi alcuni tecnici, sono stati compiuti assaggi e analisi; e ora la ditta ha fatto regolare domanda al competente ministero di ripristinare le miniere di Casaleggio Boiro, Lerma, Mornese e Bosio. Fra poco l'oro — auguriamocelo — tornerà a risplendere fra le mani di questi montanari troppo poveri. Giuseppe Faraci I fratelli Giacomo e Giuseppe Repetto hanno scoperto un bagliore nella roccia, forse l'inizio di una vena aurifera

Persone citate: Bartolomeo Ferrando, Cerne, Come, Forlani, Giacomo Repetto, Giuseppe Repetto, Lavagnino, Novese