Le università non sono idonee a preparare i futuri dirigenti di Felice Froio

Le università non sono idonee a preparare i futuri dirigenti Il "convegno del cinque fi II Critiche concordi - I giovani arrivano alla laurea senza una formazione mentale e senza una specializzazione - Professori con due-ire mila studenti all'anno (Nostro, servizio particolare) Roma. 19 febbraio. « Le nostre università, nelle attuali condizioni, sono in grado di preparare i quadri dirigenti della nuova società italiana? >. Sull'argomento hanno discusso questa sera al «Convegno dei cinque » della radio il giornalista Domenico Bartoli, l'on. Ferrarotti, il dirigente dell'Iri dott. Giuseppe Glisentl e il consigliere di Stato prof. Valitutti, presiedeva il prof. Ugo Papi, rettore dell'Università di Roma. Soltanto il prof. Papi, che però ha ammesso la necessità di ritoccarne la struttura, è del parere che l'istituto dell'università non sia in crisi; tutti gl altri hanno affermato che le nostre università non sono in grado di preparare i quadri dirigenti della nuova società italiana. L'università italiana — ha detto Bartoli — non offre una preparazione specifica per quello che riguarda un settore importante dei quadri dirigenti e cioè per la burocrazia e non esiste in Italia, come esiste in Francia, una scuola dell'amministrazione ed una scuola di scienze politiche. Inoltre il gran numero di funzionari meridionali non deve far pensare ad una vocazione dei giovani del Sud, si tratta invece, di una € forzatura > non solo per l'ambiente in cui crescono che non offre facilmente carriere tecniche e carriere industriali, ma anche perché nel Mezzogiorno le facoltà umanistiche e giuridiche sono prevalenti su quelle tecniche. Anche per il prof. Valitutti le nostre università non sono idonee per la ragione che la società italiana si sta veramente rinnovando, sta diventando una società multiforme, mobile, una società di specialisti, mentre le nostre università hanno conservato invariati i loro ordinamenti; ordinamenti che furono concepiti e costruiti per ristretti gruppi di studenti omogenei e selezionati che si dovevano preparare ad esercitare le cosiddette professioni libere e fornire i dirigenti nella cornice di una società statica. Per rendere adeguate le nostre università al fine della preparazione dei quadri dirigenti di ; questa società è necessario — secondali prof. Va-: , litutti — abbandonare gli attuali ordinamenti uniformi e monistici orientandosi verso il modello delle università dei paesi industrializzati, sul tipo di quelle americane. Bisogna articolare in gradi diversi le nostre tradizionali facoltà, in modo da corrispondere alla varietà delle esigenze. Il dott. Glisentl, dopo aver premesso che le aziende hanno la possibilità di < riflettere > sul curriculum universitario dei giovani laureati e su ciò che hanno imparato all'università, ha detto clie il problema è complesso e che bisogna fare distinzione fra università e università e che quelle buone non hanno posto per tutti gli studenti. Secondo il dott. Glisenti il più grosso difetto delle nostre università sta nell'impartire una 'nsufflciente formazione mentale che si ottiene soltanto quando il discente può rimanere in contatto col docente per un sufficiente numero di ore. Inoltre l'università italiana non è preparata ad assolvere i compiti della nuova società e ciò è dimostrato da una indagine condotta dalle facoltà del politecnico di Torino e Milaho e dalla «Bocconi >, dalla quale è emerso che in queste facoltà il 49,9 per cento degli iscritti proviene da famiglie il cui capo-famiglia esercita la professione di libero professionista, imprenditore o di negoziante, soltanto il 3 e mezzo per cento proviene da famiglia il cui padre è un lavoratore agricolo in proprio e 4 per cento da una famiglia il cui genitore è un salariato L'on. Ferrarotti, dopo aver premesso che una crisi dell'università è sempre una crisi della società, di cui l'università è parte, non si è dichiarato d'accordo col prof. Valitutti che vorrebbe indirizzare le nostre università sul tipo di quelle anglo-sassoni. Da quelle università c'è da imparare la concezione della università come centro sociale, cioè come centro di vita, come comunità formativa, in altre parole un rapporto tra docente e discente che non si esaurisca in mero nozionismo, ma al contrario che diventi un abito di vita. C'è da rilevare che va sempre più approfondendosi lo scarto tra le esigenze della società che si industrializza e l'offerta che può fare l'università, perché i gruppi scientifici dei laureandi e laureati stanno perdendo quota paurosamente. , Il prof. Ugo Papi non crede che l'Università sia in crisi e non lo sarà mai se ì suoi componenti, professori e studenti, si dedicano con passione allo studio, alla ricerca, all'insegnamento. Ha poi aggiunto che pochi conoscono l'Università e che negli istituti universitari si compiono giornalmente dei miracoli. E' del parere che non dovrebbe esserci una sola laurea, ma molti studenti potrebbero fermarsi dopo due anni di atudi conseguendo un diplo¬ Le università non sono idonee a preparare i futuri dirigenti ma che li abiliti ad entrare nei quadri intermedi. Quando un docente ogni anno si trova di fronte a due, tre mila allievi ai quali deve insegnare una materia universitaria si dice « moltiplichiamo le cattedre, moltiplichiamo i docenti >, ma la formazione di un professore implica moltissimo tempo, quello che si può fare è di creare moltissimi assistenti che siano in grado di mantenere il contatto tra professore e studenti. Felice Froio

Luoghi citati: Francia, Italia, Milaho, Roma, Torino