Il P.M. chiede pene miti per i carabinieri che parteciparono alla riunione arbitraria

Il P.M. chiede pene miti per i carabinieri che parteciparono alla riunione arbitraria L'inconsueto episodio di piazzo Pe Ferrari ol Tribunale militare di Genova Il P.M. chiede pene miti per i carabinieri che parteciparono alla riunione arbitraria Per 14 degli imputati richiesti da due a sei mesi di reclusione - Assoluzione per altri 4 - Si lamentavano del divieto di andare in libera uscita con abiti civili e perché dovevano mangiare la minestra fredda - Oggi la sentenza (Dal nostro corrispondente) La Spezia, 13 febbraio. Moderate richieste del procuratore militare al processo dei carabinieri, che con la requisitoria del generale Saraceni e le prime arringhe difensionali è entrato stasera nella fase conclusiva. Singolarmente le condanne proposte al Tribunale sono state le seguenti: per Giuseppe Revelli, Vittorio nichelini, Anselmo Tascedda, Domenico Fusco, Giovanni Oppo e Isidoro Viola, imputati di adunanza arbitraria e ammutinamento, sei mesi di reclusione ciascuno; per Mercurio Mazzola, accusato solo di adunanza arbitraria, quattro mesi; per Pasquale Cataldo, Renato Catenacci e Giacinto Ciprietti, essi pure imputati soltanto di adunanza arbitraria, tre mesi; per Giuseppe Celentano, Agostino Pioli, Gavino Zirullia e Mariano Tralongo, ancora accusati del solo reato di adunanza arbitraria, due mesi e quindici giorni; per Alfonso Spaziani, Martino Giordano, Gabriele Cetrano e Paolo Aparo è stata richiesta l'assoluzione per insufficienza di prove. Il procuratore militare generale Saraceni ha impostato la requisitoria su un piano particolarmente umano, attenendosi alla realtà delle circostanze processuali e rifuggendo dalla ricerca di speciosi elementi di accusa che, pur essendo emersi nel corso dell'istruttoria dibattimentale, non avevano trovato il suffragio di prove e testimonianze. Ha riconosciuto soprattutto che l'azione di protesta avvenne per moto spontaneo, senea premeditazione o per precisa organizzazione, affermando però che, il fatto di non avere immaginato gli imputati in quali conseguenze potevano incorrere non li esime dalle loro responsabilità « poiché — ha detto testualmente — l'ignoranza della leg- miiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiimiii . o i , a i i o e e r a , d a a e i . r a ge non è una scusa e dovevano ben saperlo loro che della legge sono dei tutori ». H generale Saraceni ha quindi trattato l'aspetto giuridico dei reati addebitati ai diciotto carabinieri, sostenendo che per incorrere in quello di adunanza arbitraria è sufficiente riunirsi per discutere, pur senza clamori o dimostrazioni che diano pubblico scandalo, mentre quello di ammutinamento è previsto dal Codice militare non solo quando avviene un rifiuto di obbedienza a un ordine, ma anche quando l'esecuzione dell'ordine viene ritardata. Il generale Saraceni ha quindi sostenuto che nei due reati gli imputati erano incorsi, poiché è provato che si erano raggruppati sotto i portici di piazza De Ferrari e che non hanno immediatamente ottemperato all'ingiunzione dei loro superiori quando questi ultimi intervennero per disperderli. Su questa circostanza il Tribunale, nell'intento di far luce completa, ha lungamente interrogato anche il maggiore Fabbrocini, il maresciallo maggiore Tassane e il brigadiere Angioi, della squadra di polizia giudiziaria di Genova, che hanno deposto nell'udienza antimeridiana prima della requisitoria del Pubblico Ministero. I due sottufficiali hanno dichiarato di essersi rivolti paternamente agli imputati dicendo loro: « Ragazzi, cosa fate, allontanatevi e disperdetevi prima di finire nei guai >, ma sono stati sottoposti a contestazioni per sapere se con ciò intendevano dare un ordine o solo un'esortazione. < Per me che sono un vecchio militare — ha detto il maresciallo 7 ossone — l'esortazione d'un superiore è un ordine, ma alla loro età probabilmente avrei dato un'interpretazione diversa, quella cioè d'un invito >, n L'ultimo teste è stato il te nente colonnello Leone Bai dassari. del comando della Legione territoriale carabinieri di Genova, che interrogò qual che imputato dopo il loro fermo. Ha confermato che i motivi della riunione di protesta furono: la restrizione nella concessione dei permessi di vestire in borghese durante la libera uscita, il fatto che la minestra veniva servita a tavola prima che fosse consentito l'accesso alla mensa e per- ciò doveva essere consumata fredda, l'insofferenza per ì tletti a cubo» (uno sopra l'altro), che venivano giudicati troppo scomodi. Nel pomeriggio sono iniziate le arringhe defensionali. Hanno parlato l'avv. Simonetti, di Torino, in difesa di Pioli, l'avv. Toracca, del foro spezzino, in difesa di Michelini, Rovelli e Viola, l'avv. Mazzella, anche della Spezia, per Tralongo, Catenacci e Mazzola. Sulla tesi della presenza casuale nel luogo della riunione dei loro difesi, come gli stessi hanno sostenuto nell'interrogatorio davanti ai giudici, i tre avvocati hanno imbastito la maggior parte delle loro argo mentazioni, chiedendo quindi l'assoluzione per non avere commesso il fatto; in subordi ne hanno contestato che quanto commesso dagli imputati possa configurare i reati di adunanza arbitraria e di ammutinamento e hanno chiesto l'assoluzione perché il fatto non costituisce reato. Domattina si riprenderà con la serie delle arringhe defensionali. Debbono parlare ancora quattro difensori e la sentenza quindi verrà pronunciata a tarda sera. a. m. Due dei carabinieri processati a La Spezia all'uscita dal Tribunale militare (Tel.

Luoghi citati: Genova, La Spezia, Torino