Nella piccola «giungla» di Cinecittà non c'è più posto per gli assurdi sogni di gloria di tante ragazze

Nella piccola «giungla» di Cinecittà non c'è più posto per gli assurdi sogni di gloria di tante ragazze Sempre più difficile trovare una "parte„ grazie al sottobosco di tortuose relazioni Nella piccola «giungla» di Cinecittà non c'è più posto per gli assurdi sogni di gloria di tante ragazze La città del cinema dispone oggi di un vasto materiale umano selezionato, collaudato, schedato: è ben raro il caso di un regista che cerchi nelle strade il tipo adatto per un suo film {Nostro servizio particolare) Roma, 10 febbraio. <Please, ci faccia entrare a Cinecittà. Una visita appena, non chiediamo di più>. Le avevamo già scorte entrando molte ore prima: due ragazze squallide, paltoncini lisi, uno straccetto di foulard in testa per ripararsi dalla pioggia e dal vento. Vengono dall'Inghilterra. Per fare del cinema, si intende. Aspettano pazienti, davanti al ferreo cancello, meta e sicura fine delle loro speranze, e ad ognuno che entri o esca ripetono, querule e irriducibili, la stessa frase (probabilmente l'unica che conoscano in italiano). Non riusciranno mai, sono casi disperati. Cinecittà dispone oggi di un vasto materiale umano, selezionato, collaudato e schedato: è ben raro il caso di un regista che cerchi nelle strade 0 fuori dei cancelli di Cinecittà le future dive o i tipi adatti per una certa parte. A Cinecittà si entra per molteplici porte, mai da quella principale. Attraverso gli agenti, per esempio. Ve ne sono una miriade, a Roma, e si giunge a conoscerli attraverso tortuose (non di rado, spinose) vie che per lo più fanno capo ad un incontro casuale con un amico o un amico dell'amico dell'agente. Approdare a Cinecittà attraverso questo sottobosco di relazioni non sempre limpide diventa ogni giorno più difficile. Il cinema anche in Italia si sta trasformando in una enorme organizzazione di tipo industriale, che spinge ai margini e addirittura fuori del proprio ambito i cosiddetti talent's seouts del mercato libero. Le grandi case cinematografiche hanno i propri agenti, seri funzionar! che operano a tavolino, forniscono e registrano la < merce > richiesta in termini ben precisi e quasi matematici: numero tot di ragazze, statura, peso, età, colore. Come se le procurano? Talvolta le cercano con un annuncio sui giornali. Più spesso, negli archivi dove si accumulano, ben catalogate, le fotografie che si riversano giornalmente a valanghe sulle loro scrivanie. Le altre Case che non dispongono di un servizio proprio (e non di rado anche quelle che ce l'hanno) si rivolgono ad una piccola, semplice donna che si chiama Maria Celli. E' la capo-cast dei generici. Il suo ufficio, sito a Cinecittà, è la prima tappa del cammino della speranza. Il compito di Maria Celli è di setacciare i sogni più assurdi, bocciando Inesorabilmente gli aspiranti ad una carriera cui sono negati. I suoi cassetti sono colmi di fotografie e di indirizzi. Maria Celli è capace di mobilitare in ventiquattro ore centinaia di ragazze e farle accorrere a Cinecittà da molte parti d'Italia e magari anche dall'estero. Per scegliere le 12 bellissime ancelle di Cleopatra, ne convocò 400. E' anche la donna più bersagliata dalle raccomandazioni: «Ne ricevo da tutte le parti, dai ministeri e persino dal Vaticano ». Racconta, commossa sino alle lacrime (è molto pia), che a Natale le è giunto un augurio particolare del Papa: « Non c'era proprio la sua firma, ma 1 timbri erano autentici. Io cerco sempre di alutare le brave ragazze che hanno bisogno di lavorare. Ah, fu il più bel premio per me », Ad un'altra donna, la signo ra Annamaria Padoan (colta e piena di umana simpatia per le ragazze che da lei attendono, più che la gloria, lavoro) compete la seconda selezione. Quando una giovane donna varca la soglia del suo studio, ha già compiuto un grosso passo verso i gironi superiori del purgatorio cinematografico. Se supera anche questa prova potrà avvicinare il regista e se il regista la giudicherà idonea avrà una particina. E' già molto, quasi una riuscita, giacché per queste ragazze riuscire non significa arrivare alle più alte vette della notorietà. Quasi tutte, giunte a questo punto, hanno già abbandonato i grandi sogni: <-. Noi non lavoriamo per la gloria », ci dice Athina Maura, graziosa francese che attende, insieme ad altre venti (tutte carine, piuttosto sofisticate) di passare l'esame per la parte di « assistente al bagno di Antonio ». Quando si conosce la vita, aggiunge con una punta di amarezza, non ci si illude più ». Sono le professioniste delle particine mute. Arrivano a guadagnare dalle 15 alle 60 mila lire (cifra limite per le parti che impegnano un'unica giornata) al giorno. Tenuto conto dei mesi morti, possono guadagnare una media di 150 mila lire al mese. Provengono quasi tutte dalle file delle indossatrici: « Sono finiti i tempi delle popolane schiette e senza artificio, spiega la si¬ gnora Padoan. Adesso il cinema chiede ragazze che sappiano muoversi, truccarsi e vestirsi e abbiano anche una certa cultura». Si preferiscono, per queste ragioni, le straniere, specie quelle dei - paesi nordici e le americane: « Hanno più cura della propria persona. Sono un po' troppo standardizzate però. E' il loro handicap: per questo arrivano fino a un certo punto e si fermano ». Le grosse carriere — è ancora il parere di Annamaria Padoan — sono tutte riservate alle italiane, che hanno più temperamento e sono più genuine" Ma, aggiunge, è una probabilità molto astratta: come vincere un terno al lotto. Laura Bergagna Nell'ufficio di una piccola e semplice signora sono inesorabilmente bocciate le illuse aspiranti a un facile successo

Persone citate: Annamaria Padoan, Athina Maura, Laura Bergagna, Maria Celli, Padoan

Luoghi citati: Cinecittà, Inghilterra, Italia, Roma