Malocchio e iettatura di Paolo Monelli

Malocchio e iettatura LA RAGIONE DICE Di NON CREDERCI, MA... Malocchio e iettatura Quando, tra amici, il discorso viene sul malocchio, io, premettendo che al malocchio non credo e frequento senza alcun timore le persone di cui si dice che siano portatrici di tale pernicioso influsso, prendo a citare il caso di quel nostro diplomatico che fece perdere al gioco tutti e cinque i giocatori di una partita di poker. La cosa andò così. Il pomeriggio di una lontana domenica a Berlino stavo con alcuni collcghi giocando a poker in casa del console generale d'Italia quando s'udi sonare il telefono nello studio accanto. Il console generale andò all'apparecchio, e tornò dopo alcuni minuti dicendo ad uno di noi, l'addetto stampa presso l'ambasciata, che al microfono c'era un amico comune che 10 voleva salutare. L'addetto stampa andò, tornò dopo alcuni minuti, e mi disse che al microfono c'era un amico comune che mi voleva salutare. Andai, e con un certo senso di disagio mi trovai in comunicazione col nostro console a Dresda. Il quale non solo aveva quella fama, ma si affermava che trasmettesse il suo fluido velenoso a qualsivoglia distanza; e così un giorno a Ginevra, trovandosi escluso da un gruppetto di colleghi suoi che si accingevano a recarsi per la colazione in una nota trattoria sull'altra sponda del lago, disse loro con minaccioso sorriso, « ah sì? non mi volete con voi? allora non mangerete »; e per vero, quando dopo un'ora di macchina giunsero alla celebrata trattoria, la padrona desolata gli disse che avrebbero dovuto contentarsi di pane e cacio perché un'ora prima le si era guastata la cucina elettrica. Come ho detto, di queste ub bìe non ne ho; ma ad ogni buon conto mandai al telefono anche i due giocatori rimasti che erano della mia stessa parrocchia e conoscevano certamente la per sona all'altro capo del filo. Do po di che, con la coscienza tranquilla ci rimettemmo a giocare pensando che se influsso c'era ne avevamo avuto tutti la stessa parte. Be', da quel momento non vidi più una carta, e mi trovai alla fine della partita pulito pu lito; e così si alzarono dalla tavola il console generale ed i miei colleghi, spogliati anch'essi di ogni loro avere dall'addetto stampa; che più degli altri aveva preso ombra della telefonata e tornandone aveva fatto tutti i più reputati scongiuri; e ora >i congedava da noi con irritante allegria osservando che la iettatura qualche volta ha del buono Ero appena rientrato a casa mia che sonò il telefono. Era l'addetto stampa, che con voce sepol crale mi' disse : « Sai cosa mi é successo nell'autobus, dopo che vi ho lasciati? Mi hanno borseggiato ». Questa storiella vera ed istruttiva mi torna a proposito per dirvi che l'editore Canesi ha ristampato una celebre operetta sull'argomento; la « Cicalata sul Fascino volgarmente detto iettatura » di Nicola Valletta, dottore in utroque, professore di diritto al l'Università di Napoli verso la fine del secolo XVIII, uomo dottissimo, autore di pregevoli opere giuridiche in latino e in italiano. La prima edizione della Cicalata è del 1787, presso Michele Morelli in Napoli; è dedicata « all'illustrissimo e reveren dissimo Monsignore Don Antonio Bernardo Gurtler Vescovo di Tiene e confessore di Maria Carolina regina delle Sicilie, pia, felice, augusta »; e reca un motivato imprimatur del Vescovo di Napoli. La Cicalata corredata di postille dottissime e citazioni di autori antichi e moderni, con un tono oratorio, con ' ragionameli ti filosofici e casi memorabili d'ogni tempo, intende dimostrare che la iettatura esiste; che l'idea e il concetto di iettatura « tal quale l'intendiamo noi, furono intesi così presso tutte le nazioni, anche nei remoti tempi ». E non meno dei greci e dei romani vi credettero i caldei < gli egizi, « giacche tutte le nazioni antiche ebbero i loro rimedi, e i brevi, e amuleti contro alla iettatura ». Il Valletta si fa forte della opinione di illustri autori a favore, della sua tesi, Aristotile e Plutarco e Aulo Gellio San Paolo fino al Fracastoro, al Sannazzaro, a Girolamo Vida; 11 quale descrisse in elegantissimi esametri un terribile vecchio che si aggirava fra le rupi di Viterbo, dall'aspetto selvaggio, dagli occhi tenebrosi iniettati di sangue, che uccideva soltanto guardandoli uomini adulti e teneri fanciulli, ed entrando negli orti disseccava le piantagioni, gli alberi e i fiori. Espone il Valletta due fra tanti casi di iettatura da lui sol ferri; il primo che una sua figlia in fasce « mirata appena con occhio torvo ed obliquo da un empio jettatore cambiò la più florida vita con la morte ». E il secondo, che avendo composto un memoriale al suo amabilissimo sovrano per chiedergli un favore, un suo intrinseco amico, « che poi ho conosciuto terrìbile jettatore, mi si avvicinò in brusca cera, e sentendo da vie la pretenzione mia, in atto che io mi poneva in carrozza per portarmi alla real villa di Caserta, mi rispose: "E' difficile" £ che ne avvenne? Quanto di male si può immaginare in un viaggioAcque dirotte per via, vetturino avvinazzato, dolori a un cavallo; finalmente, in procinto di avvicinarmi ad umiliare le mie suppliche al re, non mi trovai in tasca il memoriale che gelosamente avevo dianzi custodito ». Di iettature, dice, ve ne hanno due sorti, la patente e l'occulta. Li patente è quella di cui tutti hanno esperienza; si genera dalla fisionomia sgradevole di certi individui, dal loro sguardo torvi e invido, dal suono ambiguo e disarmonico delle parole, da speciali effluvi del corpo. Di questa iettatura paragona la forza a quella dell'elettricità o di una palla di cannone : « Si scaglia siccome una mina da guerra, che spesso non si vede donde viene, e si conosce quando gii scoppiando abbia cagionate mine ». La iettatura occulta è quella di cui si ignora la causa, « riposta negli arcani della natura »; e tuttavia esiste. « Ogni accidente, — dice, —1 che noi deboli ed ignoranti mortali chiamiamo casualità, dee star ligato nella catena dell'universo; niente potendo esser fuori d'ordine, e tutto essendo a qualche fisica causa congiunto ». Ma anche da questa iettatura arcana l'uomo può difendersi : « Quante volte abbiamo sperimentato, che in qualche giornata niuna cosa ci è felicemente riuscita. Un uomo accorto, se la prima cosa il mattino non gli riusciva bene, niuna ne tentava in quella giornata ». A conclusione dei suoi argo menti dice che nel fiorire ammirevole delle arti delle scienze della filosofia nel felice secolo XVIII è consolante fenomeno che la credenza nella iettatura dal basso popolo si diffonda anche alla ■ parte più eletta della nazione : « Del rimanente sento 10 intimo piacere che ai giorni nostri non solo la bassa plebe le persone malaugurose fugge ed evita, via credono alla iettatura puranche gravi Togati, Cavalieri di rango, Avvocati, Giurisperiti, Medici valenti, Matematici sublimi, acuti Filosofi e tante a vie note persone coltissime ed erudite. Gloria del secol nostro, in cui il lume delle scienze e delle belle arti chiaro ed alto risplende, e non cede nemmeno in questa parte alla felice età di Augusto, quando cattivi augurii generalmente diceansi quelle che oggi chiamiam iettature. Nel vocabolario si varia; la cosa è stata sempre la stessa ». Molto bella è la recente edi zione del Caufesi, un elegante volumetto della collezione « La bottega dell'antiquario » diretta da Alberto Consiglio, opportu namente illustrata con riproduzioni di disegni tolti da due ce lebri opere antiche sulla fisionomia, La fisionomia dell'Huomo di G. B. Della Porta e i Physiognomische Fragmente del Lavater. E' solo peccato che al te sto originale del Valletta Tedi tore abbia sostituito una « tradu zione » in un italiano corrente, nel quale spesso la voluta enfasi dottrinale dell'autore si perde; e che siano state tralasciate le dot tissime postille che sono un commento arguto e qua e là con trastante alle perentorie affermazioni del testo. Da alcune di queste note in fatti, o « erudizioncelle » come le chiama Gino Doria, e da un prologo (intitolato «Piccolo scru polo » ) mancante anch'esso nella edizione Canesi, potrebbe apparire che il Valletta alla iettatura non credesse .. affatto nonostante 11 trionfante finale della Cicala ta. Scrive infatti nel prologo, ri volgendosi al lettore: « Sappi che mi è piaciuto dar corpo ad un'ombra, e crear dal niente una cosa, per divertimento di una dotta brigata che suoje unirsi per le amenità letterarie in casa dell'integerrimo giudice marchese Villarosa. E come è sembrato curioso e ridevole que sto volgar soggetto (la iettatura) di cui echeggiano oggi tutte le conversazioni, mi sono indotto a cedere alle richieste degli amici che volean vedere per le stampe come ho edificato senza fonda mento, e trovata ragione dove ragione non v'è ». O forse, si comportava come la maggior parte degli italiani che al malocchio credono e non credono secondo gli umori e ta comodità; o per un cautelosi atteggiamento di fronte alla scienza moderna, che ben altre credenze dei primitivi, giudicate per secoli superstiziose e ridicole, ha riconosciuto fondatissime. Non sarebbe grande meraviglia se gli scienziati che attribuiscono influssi ben definiti alle minime particelle della materia, individuassero un bel giorno certe onde che si producono dallo sguardo, dalla pelle, dal pensiero dell'uomo, e ne misurassero la composizione, la velocità e le leggi e ne determinassero gli effetti, facendo della iettatura una verità incontrovertibile, e, come è sperabile, offrendoci nello stesso tempo difese più sicure degli scongiuri correnti. Paolo Monelli mimili iiiiiiimiiimiiiiiiimiili iiiit