Un sacerdote superstite racconta l'eccidio del ventidue missionari

Un sacerdote superstite racconta l'eccidio del ventidue missionari Salvato quasi per caso da un soldato congolese Un sacerdote superstite racconta l'eccidio del ventidue missionari I loro corpi furono fatti a pezzi davanti ai seminaristi negri terrorizzati - Un maggiore inglese, solo e disarmato, si è recato sui luoghi dell'eccidio - Nuovamente catturato il col. Pakassa, responsabile del martirio dei 13 aviatori italiani (Nostro'servizio ■particolare) Lénpnldville, 25 gennaio. Sui tragici avvenimenti di Kongolo,.dove ventidue missionari cattolici vennero massacrati dai ribelli congolesi, si sono avute oggi due drammatiche testimonianze, il racconto d'un sacerdote belga, l'unico scampato all'eccidio, padre Jules Darmont, e la relazione d'un maggiore inglese aggregato all'Onu, Dick Lawson, che si è recato solo e disarmato nella località della strage ed oggi ha riferito al comando delle Nazioni Unite. Il sacerdote ha rivelato che egli deve la vita alla prontezza di un militare congolese. Mentre 1 ventidue preti venivano portati fuori dalla cella verso i mitragliatori, padre Darmont — questo il nome del prete — si senti sussurrare all'orecchio da uno dei militari: «Stia zitto, la salverò». Darmont venne tenuto indietro mentre i suoi confratelli cadevano sotto il fuoco delle canne congolesi. Quando il fuoco finì e gli autori dell'eccidio lo videro ancora vivo, «Mi guardarono — racconta padre Darmont — con sorpresa chiamandomi un buanga (divinità pagana cui viene attribuita una grande potenza) — perché non ero stato ucciso». Il missionario ha descritto anche il modo in cui 1 militari appiccarono il fuoco a quasi tutti gli edifici della città, dopo il loro arrivo avvenuto il 31 dicembre. «La città di Kongolo — ha detto testualmente — non esiste più»; Per colmo di oltraggio ha aggiunto, bande di giovinastri della zona si diedero al saccheggio delle abitazioni, degli uffici della missione e alla profanazione degli arredi sacri della chiesa. Darmont ha inoltre fatto rilevare che il colonnello Pakassa comandante solo di nome delle truppe responsabili della strage, non fu presente al massacro, ma giunse a Kongolo il giorno dopo. Era, ha raccontato il missionario, infuriato per il gesto delle sue truppe e dispose immediatamente.per il funerale del mor. to africano. Padre Darmont ha fatto un quadro della situazione relativa alle altre missioni della zona attaccate dàlie truppe congolesi: Sola, ad 11 chilo metri da Kongolo, cadde nelle mani delle truppe il 19 gennaio. I sei sacerdoti europei e 4 o 5 suore anch'esse europee si rifugiarono nella giungla e non se ne hanno ancora notizie, ma non si teme per la loro incolumità. Lubunda, a 32 chilometri da Kongolo,- registrò il ferimento di un sacerdote belga, Andté Remy, e di un ecclesiastico congolese. Makutano ad 80 chilometri da Kongolo, è stata anch'essa attaccata e nulla si sa sul conto del tre missionari europei cui era affidata la missione. Da parte sua il maggiore Dick Lawson ha riferito di avere appreso sul posto che i soldati congolesi massacrarono il 1" gennaio scorso 22 .persone e non 19 come era stato riferito. I soldati dopo avere ucciso i missionari ne mutilarono selvaggiamente i corpi di fronte ai seminaristi africani terrorizzati. Parlando dei soldati congolesi che hanno terrorizzato 11 Kaianga settentrionale, Lawson ha affermato che se ne trovano ancora in numero abbastanza rilevante nella zona di Kongolo. Sì tratta di gente che del soldato ha solo l'uniforme. Indisciplinati, spavaldi e crudeli, la maggior parte di loro ha circa 17-16 anni e manca assolutamente di qualsiasi addestramento militare. I pochi ufficiali congolesi che sono con loro tutte le volte che hanno cercato di imporre un po' di disciplina hanno poi dovuto desistere, perché, ha rilevato il maggiore Lawson, sì sono resi perfettamente conto che insistendo sarebbero finiti sotto il fuoco del loro stessi uomini. II colonnello Alphonse Pakassa è stato ripreso ieri dopo una fuga durata soltanto poche ore e si trova attualmente di nuovo in una prigione di Stanley ville, questa volta sotto la sorveglianza delle truppe delle Nazioni Unite. Il col. Pakassa, implicato nel massacro dei 13 aviatòri italiani a Klndu, era stato internato alcuni giorni fa a Stanleyvìlle dalle forze congolesi agli ordini del gen. Lundula. Ieri improvvisamente si era diffusa la notizia che quest'ufficiale tristemente famoso era riuscito a fuggire, proprio alla vigilia di essere' interrogato. Non è da escludere ora cjne l'interrogatorio del colonnello possa avvenire a Léopoldvllle, rWe certamente le possibilità per lui di tentare nuovamente la fuga sarebbero infinitamente minori a. p.

Persone citate: Alphonse Pakassa, Dick Lawson, Lawson, Salvato, Sola