La mafia e la fantasia degli agrigentini hanno creato un romanzo sul caso Tandoj

La mafia e la fantasia degli agrigentini hanno creato un romanzo sul caso Tandoj Perché è tanto difficile arrivare alla verità La mafia e la fantasia degli agrigentini hanno creato un romanzo sul caso Tandoj Il delitto è avvenuto in una provincia, dove antiche tradizioni mafiose complicano ogni inchiesta- Ma anche la natura degli abitanti ha costruito, attorno ai protagonisti, un alone irreale ed ambiguo - L'immaginazione accesa soprattutto dalla figura di Danika La Loggia, bellezza nordica scesa in un mondo ardente e severo (Nostro servizio particolare) Agrigento, gennaio. Scorrendo nel taccuìno le informazioni che, intorno a Mario La Loggia e a Leila Tandoj numerosi agrigentini mi hanno sussurrato negli orecchi, m'è tornato in mente, dalle nebbie di quasi due lustri, il ricordo del caso Bellentani. Il confronto diretto tra i due < fatti di cronaca » è impossibile, e ciò per il motivo che essi non stanno sullo stesso piano; l'uno è ancora in corso di giudizio, e non si conosce la conclusione cui potrà giungere; l'altro è già « passato in giudicato >, come al usa dire in gergo forense. Ma quel che può tentare, è il parallelo tra i due « romanzi ». Quale che possa essere la verità delle circostanze, siano colpevoli o innocenti i personaggi che lo compongono, una cosa è certa: il < romanzo » La Loggia esiste, à bell'e scritto, e costituisce una realtà di cui si può tener conto allo stesso modo delle tante opere letterarie che fioriscono in questa terra e ci aiutano a comprenderla. Gli autori sono parecchi: funzionari di polizia, avvocati, il procuratore Francesco Ferretti, estensore di una requisitoria dì duecentocinquanta pagine dense di ragionamenti e di accuse, e, in misura certo non trascurabile, l'immaginazione degli agrigentini, di cui Pirandello è stato un illustre rappresentante, un fenomeno, quasi, di allucinazione collettiva; che, sebbene in forme e misure diverse, si manifestò anche in occasione del caso Bellentani, sovrapponendo alla nuda trama una serie di strati e di spessori fantastici che lo trasformarono, appunto, anche In un feuilleton. Solo che nella Sicilia, dove si stende la fitta rete della « mafia », 11 confine tra realtà e immaginazione è qualcosa di veramente inafferrabile. Durante il soggiorno in questi luoghi, l'accertamento della verità non mi è mai parso così arduo, così esasperante. L'autentico sembra falso, il falso sembra autentico ; e i fatti e i personaggi si scompongono nella mente di ognuno e di tutti come in un sistema di prismi, in cui i] reale e l'irreale si mescolano e perdono il proprio contorno. E quel che si capisce, o si crede di capire, è che la vera causa di questo fenomeno di diffra.zione, di ambiguità permanente, per cui il bandolo del fatti, anche più certi, si sperde in un buio di fantasmi, non è il carattere, 11 temperamento del siciliani, ma la < mafia >. Questa associazione invisibile erige sui fatti di cui è protagonista una versione travestita che, grazie a false testimonianze, paure, complicità misteriose, si sostituisce alla verità. Per usare un'espressione di Orwell, la < mafia » riscrive la cronaca; e forse non si sbaglia di molto avanzando la ipotesi che il < pirandelllsmo > non poteva trarre il suo succo più vitale se non da un terreno a sfondo mafioso. Sfogliando le pagine del romanzo agrigentino, la mia attenzione si è soffermata su al cùnl particolari, che corrono di bocca In bocca, in margine all'ambiente in cui si mossero 1 personaggi principali. Aria morbida, intrighi, partite di piacere, balletti e spogliarelli, lusso e stupefacenti; quello, insomma, che oggi si suol chiamare il quadro della « dolce vita ». Non dico che si tratti di un quadro autentico; ma ciò che é autentico, e significativo, è che di esso gli agrigentini, che sono coautori del romanzo, parlino insistentemente ricollegandosi alla figura di Danika La Loggia, la bionda moglie dello psichiatra. Ora, si può benissimo immaginare quali sognerie struggenti possa suscitare, In una città come Agrigento, 11 fluttuare di una capigliatura nordica. Ed ecco che, nel romanzo, la bionda straniera diventa l'anima, la corifea, della < dolce vita» del clan; la donna spregiudicata che introduce nell'antica sensualità siciliana un vento moderno. In quest'isola, in cui il desiderio della donna trasuda anche dalle pietre, il sesso è sacro; ha 11 posto del destino nella tragedia della civiltà greca, in cui Agrigento affonda le sue radici. Chi soggiorni in questa città, e osservi il modo con cui si guardano le donne per la strada, ha l'impressione di trovarsi in una polveriera sessuale. Una scintilla di gelosìa, può esplodere in un dramma sanguinoso. Un mondo antico, tragico, il più lontano che si possa immaginare dal piglio < moderno » di Danika La Loggia, l'amore freddo, il piacere senza complicazioni sentimentali. Ai tempi del romanzo Bellentani, si parlò di un c ambiente » simile, proiettato sullo sfondo delle ville del Lago di Como. Affini 1 personaggi, l'estrazione sociale, l'amore del lusso, gli intrighi sentimentali, che si riflettevano nelle acque di Villa d'Este così oome in quelle fantastiche del mar di Agrigento. Ecco, dunque, un primo anello di congiunzione fra 1 due < romanzi ». Ma ve ne sono degli altri. Scorgiamo, in entrambi, allacciarsi di relazioni amorose nell'ambito di coppie amiche. Sacchi è ottimo amico del marito della sua amante; così come La Loggia, amante di Leila, è ottimo amico del marito di lei, il commissario Tandoj. Le storie parallele si asso¬ iiiiiimiimimiimimmiimmuiiiiiimiiiiinii migliano anche' nel punto in cui, nell'uno e nell'altro caso, i legami adulterini entrano in crisi, sia pure per motivi diversi. Sacchi, il commerciante cui una svolta della fortuna ha messo in mano, negli ultimi fuochi dell'età virile, molto denaro e voglia di vivere, è stan¬ co del suo legame con la contessa, e volge in giro gli occhi inquieti. L'intreccio sta per rompersi. E sta per rompersi anche nel romanzo di Agrigento in cui Leila Tandoj forse non è stanca dei suo amante, ma non l'ama al punto da abbandonare il marito; anzi, si dispone a partire, a raggiungerlo a Roma. Alla sua voglia di vivere, e al bovarismo che accomuna il suo personaggio a quello della contessa Bellentani, le luci della capitale sorridono. Nelle lettere al marito lontano, Leila scrive, tra l'altro, che intende farsi cbionda», per non scomparire dì fronte alla bellezza delle donne romane; e sembra un frizzo del suo umore mondano. Legami in crisi, che stanno per sciogliersi: e che dovrebbero sciogliersi senza complicazioni, conforme al clima lieve e spregiudicato in cui erano fioriti. Ed invece, in entrambi i romanzi, esplode il dramma, con armi diverse ma con la stessa tensione; ed esplode, in tutti e due i casi, dal sangue meridionale. Con alcuni colpi di pistola, l'amore freddo, il gioco mondano, ì piaceri senza complicazioni — la dolce vita, Insomma — se ne vanno all'aria; ed in terra rimangono due cadaveri. Il sangue meridionale — perché non dobbiamo dimenticarci che anche Pia Bellentani è del Sud — riporta ti sesso all'antica tragedia. Il confronto tra 1 due « romanzi » (uno vero, l'altro immaginario, ma che al termine del corso giudiziario potrebbe convertirsi in vero) può suscitare molte riflessioni, e la sorpresa di rinvenire tanti motivi simili, di costume e di intendimenti, in personaggi che appartengono a latitudini così diverse. Ma differisce, fra '.'uno e l'altro, il terreno psicologico e ambientale. Nel romanzo del Lago di Como, tutti 1 motivi furono chiariti fino in fondo, per quanto la scienza umana è ca¬ pace. Nel romanzo di Agrigento, invece, 11 mistero è fitto, non si sa se per difetto di realtà, o per eccesso di una fantasia che appare spessa e corposa come la realtà; e riproduce nel suo esempio il disagio di chi, estraneo, cerchi di avvicinare 1 fantasmi di questa terra inafferrabile. Alfredo Todisco Danika La Loggia fotografata durante la scorsa estate