Negli spenti villaggi dell'Alta Langa la povertà è più desolata che al Sud

Negli spenti villaggi dell'Alta Langa la povertà è più desolata che al Sud AREE DEPRESSE E VITA ANTICA SUI COLLI PIEMONTESI Negli spenti villaggi dell'Alta Langa la povertà è più desolata che al Sud Possono apparire suggestivi, in una limpida giornata d'inverno: con il passaggio dei carri trainati da buoi pazienti, le cucine patriarcali, l'aspetto di sagra paesana dei mercati - Ma le strade sono mulattiere fangose, l'acqua scarseggia e d'estate è portata con h autobotti, scolari e postini debbono percorrere ogni giorno chilometri di sentieri -1 campi non bastano più a mantenere le famiglie, gli aspri sentori delle fabbriche lontane avviliscono i prezzi agricoli - Persino sui campanili sono ferme le lancette degli orologi: la vita sta abbandonando quei paesi, dove la miseria tenta di nascondersi dietro l'ironia e la dignità (Dal nostro inviato speciale) Mombarcaro, gennaio. Il giovedì c'è mercato a Niella Belbo, un'occasione di incontri propizia anche a me, impegnato in un'indagine sull'Alta Langa che mi avrebbe rivelato aspetti sconfortanti. Niella è un armonioso villaggio che dalla vetta del colle occhieggia curioso nei valloncelli, da cui ogni giovedì mattina salgono le nere processioni dei contadini con la mercanzia da vendere al mercato. Lo spettacolo può apparire suggestivo al viaggiatore occasionale, quel muovere di gente nel paesaggio incantato pare abbia la festevolezza di una antica sagra paesana. Tutto è nitido, vicino, familiare; i villaggi balzano dalla rocca più alta dei colli verso il cielo con vitalità aggressiva, il vociare della folla rende gli uomini giocondi. Nulla è più morto e lontano di quei villaggi, più spento e disperato detgli uomini che contrattano; l'Alta Langa è davvero l'ultima Tuie, e non solo del Piemonte. L'itinerario di questo viaggio fu impostato sugli inviti di alcuni contadini conosciuti al mercato. « Venga a trovarmi a- casa — mi avevano detto tutti — discorreremo meglio accanto alla stufa ». Nell'attesa, mi mescolai alla vociante baraonda del mercato. Nel freddo pungente dilagava l'odore aspro delle robiole, la merce più abbondante, l'unico reddito sicuro per i contadini di questa zona delle Langhe. Nel municipio di Niella, due stanzucce d'aspetto gramo, il sindaco, signor Massimo Merenda, mi parlò dei suoi 696 amministrati; il comune è tanto povero che non possiede una sede propria, né un edificio scolastico. Paga 68 mila lire l'anno di affitto al parroco, ma ciò non ha impedito l'istituzione della scuola media alla quale sono iscritti S6 allievi, molti dei quali vengono dai paesi vicini. Bisogna sottolineare subito la relatività del termine « vicino »; Bossolasco è tanto prossimo che si ha l'impressione di poter toccare la croce del campanile, ma per arrivarci si percorrono dieci chilometri in pericoloso saliscendi lungo una fangosa carraia. Me ne sono reso conto nel viaggio attraverso questa zona, tra le più neglette d'Italia. Le strade sono tortuosi pantani, l'acqua è scarsa anche d'inverno, le comunicazioni con Alba, Cuneo, Ceva, le città più vicine, quasi non esistono. Molti dei 26 allievi della prima media di Niella Belbo percorrono a piedi due volte al giorno questi torrenti di fango. I giovani fuggonc dai paesi inospitali ed emigrano a Torino, Savona, Alba, per sistemarsi nelle fabbriche; le campagne si spopolano e in molti casi le terre rimangono improduttive. «Se vuole una azienda agricola glie la regalano » mi diceva il sindaco di Niella Belbo, paese con 15 fattorie disabitate. Identiche offerte ho avuto a Mombarcaro, a Monesiglio, a Gottasecca, paesi che muoiono con gli ultimi vecchi rimasti fedeli alla terra.. Andando per questi colli, mi sorprese vedere quasi tutti gli orologi dei campanili con le lancette ferme: era come un simbolo dell'immobilismo in cui si adagiano questi villaggi, ancorati ad una esistenza arcaica su cui il tempo passa senza provocare mutamenti. I buoi pazienti sono ancora il mezzo di traino più diffuso; procedono zoccolando in lenta cadenza aggiogati al carro colmo di letame, rimasto il fertilizzante fondamentale. A Niella c'è una sorta di gabbione con rotelle, pulegge, cinghie per ferrare i buoi, simile a uno strumento di tortura del Medio Evo. Acquistare un trattore sarebbe una follia: su queste strade passano solo i buoi, come ai tempi dì Virgilio. Andavamo per queste campagne, Moisio con uno spasimo ad ogni sussulto dell'automobile, io sedotto dalle visioni di un tempo perduto. Il gelo aveva ricamato filigrane di brina sui rami spogli e la nebbia saliva in bianche fumate dalle valli buie percorse da sonori rintocchi di campane. Pensavo alle case tiepide, con la stufa accesa e le famiglie riunite nelle antiche conversazioni invernali; ma se il tempo non ha provocato scossoni nell'esistenza imposta dall'ambiente, isolato e chiuso, i problemi della civiltà odierna esistono, e non possono essere ignorati. Ne sa qualche cosa Mario Bonino, il portalettere di Mombarcaro, che ogni giorno deve percorrere dieci chilometri a piedi, fino a Monesiglio, per ritirare la posta, ed altrettanti per tornare. Fino a due mesi addietro, a Mombarcaro non arrivavano i giornali, l'acqua è tanto scarsa che d'estate vengono i pompieri di Dogliani a portarla con le autobotti per dissetare almeno il bestiame. L'acquedotto corre a pochi chilometri di distanza, ma a Mombarcaro attendono da oltre un anno l'autorizzazione di allacciamento per la rete di distribuzione interna. Lo spettacolo delle donne che attendono coi secchi per attingere a turno dai pozzi l'acqua (che l'Ufficio d'igiene ha dichiarato non potabile) è frequentissimo in questi villaggi sitibondi anche d'inverno, com'è frequente la conversazione sui disagevoli viaggi a piedi per andare a vendere le robiole ai mercati di Niella, Murazzano, Monesiglio. Ne parlavano anche con me, senza impeti passionali, né invettive ai responsabili; gli uomini di questa zona sono pacati, discutono i problemi senza animosità, hanno un senso arcaico dell'ospitalità. A Monesiglio mi parlavano della contesa con una fabbrica di Cengia che scarica i suoi rifiuti nella Bormida. L'acqua del fiume ha un corrosivo colore gialla stro, l'aria è greve di sentori aspri. Hanno intentato causa alla fabbrica e l'han no perduta; gli esperti chi mici hanno dichiarato che l'acqua della Bormida e l'aria che grava sulla valle come una cappa di odori malsani, sono fertilizzanti. Ho accostato con diffiden za alle labbra il bicchiere di vino che il signor Saulle Gavarrino mi aveva offerto, il suo dolcetto aveva uno sgradevole odore, ed anche il sapore, d'uova fradice. « E' prodotto con uva matti rata in quest'aria fertilizzan te — disse il padrone di casa — ma noi abbiamo fatto il naso e la bocca, non sentiamo più nulla*. Il vino di Monesiglio finisce quasi tutto nelle distillerie di Cortemilia per farne alcool a tremila lire l'ettolitro invece delle novemila che costa il dolcetto; nelle trattorie si beve vino comperato nell'Astigiano, quello di Mone siglio non lo vorrebbe nessuno. Altri mi raccontavano delle patate che hanno identici odore e sapore, dei pomidori, dei fagioli, che commercianti svizzeri hanno rifiutato perché odorosi di uova guaste; ma nella conversazione non c'era acredine, soltanto una punta di ironica amarezza per aver avuto anche le beffe. Anche da Monesiglio la emigrazione di giovani yerso. le città è impressionante, sette' aziende agricole - che possedevano un minimo di dieci giornate di terreno ed un massimo di 25 sono abbandonate e incolte. « Un tempo — mi diceva il signor Gavarrino — su quei fondi vivevano famiglie numerose, che hanno allevato cinque, sei figli; ora non basterebbero a sostentare due persone. Ma noi, nonostante l'aria fertilizzante e la pochissima acqua potabile, siamo ancora signori; vada a vedere Gottasecca se vuole rendersi conto di che cosa è veramente l'Alta Langa ». Sul trattura fangoso, la macchina arrancava col motore impazzito nelle curve strettissime e sulle impennate vertiginose che aggredivano il colle. Siamo giunti a Gottasecca ch'era quasi notte e dalla scuola uscivano pochi ragazzi ben rassettati nei paltoncini. Nel 1951, a Gottasecca vi erano settecento abitanti; ne sono rimasti 385. I giovani sono emigrati in città, i vecchi muoiono uno dopo l'altro, anche durante l'assenza del parroco, com'è accaduto a Edoardo Molinari, passato all'altro mondo senza nemmeno un rintocco di campana. Qui si arriva, o si rimane, per morire, come la strada, che finisce alle prime case del borgo. Se vogliono prendere la corriera per Cengìo, o per Cortemilia, gli abitanti di Gottasecca devono farsi quei sette chilometri di mulattiera a piedi, come fa ogni giorno Francesco Dotta, il portalettere. Lungo la via principale del villaggio, già invetriato dal gelo, avanzavamo pattinando, sempre in pericolo di cadere perché era buio fitto; l'energia elettrica c'è, ma le lampade della via si sono bruciate e non le hanno sostituite. A Gottasecca la povertà ha aspetti tetri, gli uomini sono avviliti nel deserto paesaggio tessuto di brina. Un tempo, quando i buoi e la terra rappresentavano la ricchezza, a Gottasecca c'era un ospedalino; ora è uno squallido caseggiato che il comune concede come abitazione ai più poveri. Siamo entrati nella stanza di Guido Barbero, un uomo di 75 anni che vive solo, con un gatto. Non ha più nessuno dopo che gli è morta la moglie. « E' rimasta su quel letto per sette mesi — diceva commosso. — Ora aspetto di andarmene anch'io ». Il letto è un saccone coperto da stracci; da una parete pende un crocefisso e dall'altraappoggiata a un quadrettouna candelina di cera con ornamenti colorati. « Me la metterà vicino, accesa, quello che mi troverà mortoLa conservo per quell'occasione ». Guido Barbero si accascia su una seggiola fatta con quattro rami incrociati ed un sacco, dietro alla stufa in cui arde poca legna; sul volto sfiorito e stanco gli passa un sorriso di rassegnata sofferenza. Nella camera buia c'è freddo, e tutto è sordido nell'umida aria che filtra da una finestra con pochi vetri. Ho veduto altre scene di avvilente miseria, specie nell'Italia meridionale, ma il sole dava gaiezza anche agli stracci; sotto il cielo plumbeo di Gottasecca, la miseria ha un volto sinistro, nei gelidi ricami della brina, la fame è più sconvolgente perché vuole nascondersi dietro brandelli di dignità, popò aver parlato della sua deserta povertà, Guido Barbero non chiese nulla; eravamo in casa sua, ospiti uoi, una situazione che no:. iV consentiva di umiliarsi. Francesco Rosso Questa è la Scuola elementare di Stato nel paese di Gottasecca, nell'Alta Langa: in quella catapecchia cadente ricevono la prima e, in genere, l'unica istruzione i ragazzi ohe abitano in un raggio di molti chilometri. Qui la miseria ha un volto sinistro Molti paesi dell'Alta Langa muoiono con gli ultimi vecchi. In pochi anni gran parte degli abitanti sono fuggiti dalle case decrepite, nei villaggi senza strade, dove l'esistenza è povera di risorse e primitiva come in tempi remoti iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiitiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimi iiiiiiiiiiimiiniii