La «comunità di Nomadelfia» si prepara al ritorno di Don Zeno

La «comunità di Nomadelfia» si prepara al ritorno di Don Zeno Visita al villaggio evangelico sulle colline alle spalle ili Grosseto La «comunità di Nomadelfia» si prepara al ritorno di Don Zeno Il fondatore della « città di Dio », restituito al sacerdozio, celebrerà la prima Messa il 22 gennaio - Su 280 «nomadelfi» 70 sono uomini e donne dai 21 ai 50 anni, gli altri ragazzi e bambini - Una vita dura, senza beni materiali, senza denaro - La comunità assicura a tutti vitto, alloggio e indumenti (Dal nostro inviato speciale) Nomadelfla, 9 gennaio. Un piccolo cartello blu, con la scritta « Comunità di Nomadelfla >, indica una salita polverosa a 16 chilometri da Grosseto, verso Montepescali, dove la piana verde si gonfia in colline coperte da querce da sughero, da brughiere, da pini e ulivi. Su una dolce elevazione, solcata da strado incerte, si trova la città evangelica di don Zeno Saltini, il pioniere che la Chiesa oggi restituisce al sacerdozio: fu ridotto allo stato laicale nel 1952, quando Nomadelfla attraversò momenti burrascosi. Nessuno saprà mal con certezza quanto avvenne in quegli anni. Nomadelfla era cresciuta forse troppo in fretta nei campi di Fossoll, in Emilia. Una umanità scoraggiata e affamata aveva creduto di trovare pane quotidiano e pace spirituale nella « città di Dio >, concepita in modo audace, con leggi ispirate alla fratellanza, senza riserve. Don Zeno accolse molti nella Comunità che sembrava utopistica; le difficoltà pratiche per mantenere migliaia di persone si fecero gravissime, si aggiunsero quelle causate da un movimento politico modellato sui principi di Nomadelfla. La Santa Sede intervenne, don Zeno stesso chiese a Pio XII, in colloquio diretto, la riduzione allo stato di laico. Gli fu concessa «prò gratia»', non per punirlo, ma per aiutarlo a continuare liberamente la sua opera. Rinfrancata Nomadelfla in sette anni di silenzio, dopo averla trasferita su queste colline grossetane, don Zeno (ha 62 anni), ritorna prete: il 22 gennaio dirà la « prima Messa del ritorno » a Nomadelfla (in questi giorni è a Roma). Sarà parroco della Comunità che egli vede come un nuovo popolo, Ispirato dal Vangelo. « Siamo- un popolo, non una istituzione religiosa», mi ripetono alcuni « apostoli » dopo essersi presentati col solo no me di battesimo, Flavio, - Giovanni, Carlo, Mino. Popolo sottoposto alla legge della frate! lanza, come dice l'origine greca del nome Nomadelfla. .Su ■280 « nomadelfi », 70 sono uomini e donne fra i 21 e 1 SO anni, gli altri sono ragazzi e bambini. Vivono in povertà evangelica su queste colline, avendo di fronte la piana di Grosseto e, là in fondo, oltre la pinete, il mare. Hanno rinunciato ai beni della terra: nessuno possiede oggetti personali, né denaro. Chi aveva terre o case, le ha cedute alla Comunità che assicura a tutti vitto, alloggio, indumenti. I fumatori hanno sigarette; c'è anche un bar, ove le consumazioni sono naturalmente, gratuite. La vita è aspra, almeno agli occhi di chi viene dal mondo, Baracche e casette prefabbricate, sparse fra le querce e i cespugli, accolgono i « nomadelfi » suddivisi in ventisette « famiglie » e « gruppi familiari ». Poco o nulla è stato fatto per allietare i locali di convivenza. Qualche aiuola intristisce. Alla povertà si somma una certa rinuncia al decoro, che è difetto di ogni Comunità italiana. Nei dormitori non c'è riscaldamento. Ne visito uno con sei letti « a castello », più un letto basso per don Zeno; quando è a Nomadelfla dorme con cinque ra gazzi sui 12 anni e con un ■ « maggiorenne », responsabile. Pulito il pavimento di legno, puliti gii asciugamani appesi ai letti; un tavolo con una sveglia, dal soffitto pende una lampadina. Alcune famiglie sono composte da marito e moglie, con fi gli del loro sangue, e figli di ignoti; altre sono composte di soli bambini, affidati a una donna maggiorenne, nubile chiamata « mamma di vocazione ». Ecco tre di queste madri: Giorgia (otto figlie), Irene (nove), Elis (dodici bambini). Elis è una contadina emiliana, nera d'occhi e di capelli, energica, dal viso pallido, segnato dalla fatica. Ha già allevato sessanta bambini. «Perché mai decise di allevare bambini messi al mondo da altri, senza essere madre?». Elis, imboccando un bambino di 2 anni, risponde: « E' una vocazione, invece di farmi suora». Poi, una spiegazione disarmante: «Ci sono difficoltà, ma il Signore dà la grazia». I gruppi familiari si dividono soltanto per il lavoro e per il sonno. Chi è sposato ha una baracca singola, con una « camera nuziale », una o più camere per i bambini. I pasti sono consumati in comune, nelle baracche grandi. Ecco la casa prefabbricata del «Gruppo Betlemme»: due camere da pranzo, la cucina con frigorifero e macchina lavatrice, una cappella, una biblioteca. All'ora di colazione trovo gli . uomini e i ragazzi a un lungo tavolo, nella stanza vicina le donne e le ragazze seguono il pasto di una ventina di bim betti avidi, dalle guance ros se. Gran parte dei viveri viene da Nomadelfla stessa: il terreno agricolo della Comunità misura 320 ettari, coltivati a gftgspicdnivsqma«tdactm grano, a orto, a pascolo, a fruttéto. Nelle stalle sono venti mucche, nei pollai seimila galline e pollastri. Colpisce, a Nomadelfla, la semplicità e serenità dei rapporti. Ne viene un turbamento incredulo; lo scetticismo si accentua, quasi si affaccia 11 dubbio di una generale illusione. Possono veramente tacere i contrasti quotidiani, le divergenze, le passioni? Il presidente della Comunità, Torquato Scursatone (Mino a Nomadelfla) genovese, medico, afferma con leggera ironìa: «Qui, perfino le donne non litigano». Subito dopo mi parla dei pericoli della promiscuità, ammettendoli ma concludendo con sicurezza: Mai si è verificato un episodio grave, spiacevole». Spiega: «E* la grazia di Dio». Candore e fede ri trovo in tre giovanotti sui 25 anni, che stanno lavorando all'apertura di una strada con una grossa escavatrice meccanica. Sono romani, alti, robusti. Hanno il viso aperto, ì gesti decìsi; indossano una tu ta azzurra. Mi dicono di aver fatto il servizio militare; uno ha lavorato per suo conto fuo ri della Comunità, ma è rientrato a Nomadelfla scontento del mondo. Affrontano senza reticenze l'argomento, dei rapporti con le donne: « Noi vediamo nelle ragazze, qui o fuori di Nomadelfla, soltanto possibili spose Alla domenica andiamo in gita con le motorette della Comunità. Conosciamo donne, ma fino al matrimonio escludiamo qualsiasi rapporto illecito e viviamo benissimo ». Aggiungo no di essere felici del lavoro « compiuto in fraternità evangelica », lavoro nei campi, nel la falegnameria, nella tipografia, nelle altre officine. C'è anche una centrale elettrica autonoma. C'è un asilo, ci sono scuole elementari ed una scuola media con insegnanti « nomadelfi ». Passatempi: la televisione (censurata interna mente) e proiezioni cinemato grafiche. Utopia, illusione di pochi ferventi questa città evangelica? Il presidente di Nomadelfla comprende 11 dubbio e lo scavalca: « Quando saremo più forti, dopo 11 ritornò ' di Dòn Zeno, usciremo dal limiti di una Comunità autonoma. Il no stro ideale è agire nella socie tà, andare in cerca di popò lazioni povere e oppresse, aiu tarle e sollevarle, lavorando per esse senza nulla chiedere, a nessuno». C'è sulla collina quasi un'aria di serena follia, Non è troppo logora la nostra età per ridiventare patrìar cale? Mario Fazio Sulle alture di Nomadelfla, nel Grossetano, gli uomini della comunità lavorano per costruire la nuova strada

Persone citate: Mario Fazio, Pio Xii, Torquato Scursatone, Zeno Saltini

Luoghi citati: Emilia, Grosseto, Nomadelfla, Roma