L'arte astratta sta per morire?

L'arte astratta sta per morire? L'arte astratta sta per morire? Mille «.media» le stanno attorno per tenerla in vita, perché giganteschi sono gli interessi alla sua sopravvivenza - Ma che si cominci a parlare con insistenza del sno tramonto, è cosa da fare riflettere Fra la metà di dicembre e l'Epifania la normale attività delle .gallerie d'arte di solito s'interrompe, le subentra nei medesimi ambienti un'offerta di pitture, sculture, disegni, incisioni che per la scelta e la presentazione prendono aspetto di oggetti « da regalo ». Strenne a notevole livello di prezzi, ma che tuttavia cominciano a introdursi nelle case, accompagnate dai rituali auguri; ed è un segno evidente di quanto vada diffondendosi il gusto dell'arte figurativa. Sarebbe poi utile un'indagine sulla vendita dei libri d'arte, che in questo Natale dev'essere stata enorme, a giudicare dalle vetrine dei librai. La pausa giova a qualche riflessione, proprio mentre comincia un anno nuovo. Vedremo nel campo artistico profilarsi intorno a una Biennale, che si annunzia piuttosto anodina e di modesto interesse (almeno a giudicare dagli inviti estesi agli artisti Italiani), tendenze diverse dalle attuali, assisteremo all'inizio di un coagularsi in forme precise di certe esigenze - che vanno ormai premendo sulla coscienza di numerosi giovani? Nulla di più azzardoso, in arte, dei pronostici. Ma che qualcosa vaghi per l'aria di inconsueto, come in un pacifico cielo estivo — nel caso nostro il cielo dell'ecumenicità astrattistica, dell'univer- salmente accettato conformismo di produzione, di critica, di collezionismo non soltanto privato, persino del pubblico gusto — una piccola nube foriera di tempesta; che un'inquietudine sorda,' per unanime accordo taciuta, ma non per questo meno assillante, getti un'ombra nera sull'euforia d'un mercato internazionale polarizzato su una ben nota merce difesa ed esaltata con tutti i mezzi, e serpeggi fastidiosa nel trionfo della gran vittoria ottenuta dopo trent'anni di sforzi; son presagi che solo la gente di vista corta non avverte. E qualche furbo, più degli altri intellettualmente compromesso da decenni dì predicazione, ambiguamente, tra il sì e 11 no, il ti vedo e non "ti vedo, il sarà e il non sarà, già corre ai ripari. E 11 bello è che, se la tempesta si scatenerà, sarà poi stato luì -11 vero «profeta»; non quei pochi che da altrettanti decenni parlano al deserto. Quali presagi? Fra cento segnaliamone due. Nel bollettino d'una gallerìa milanese, Il grattacielo, ecco uno scritto intitolato « Nuove figure ». Il discorso pone problemi non del tutto chiarì. Ammesso che « nuovi fermenti figurativi affiorano dovunque » (cioè fermenti anti-astrattistici) benché non ancora considerati quali nuovi momenti della storia dell'arte, causa lo sfruttamento mercantile dell'ultima fase della avanguardia, la nuova pittura figurativa dovrà partire «dall'immagine dell'uomo», ma sarà « in netta opposizione al realismo » perché < il realismo mostra solo il passato di una figura» mentre « la nuova pittura trova solo nel futuro della figura stessa senso e sostanza»; e si parla di « domani », di « libero destino », di « libera vocazione » di codesta nuova figura. ( Dato e non concesso che un quadro di Goya (lo citiamo perché la sua mostra furoreggia a Parigi) ci dia solamente il « passato », questo povero « presente», che è poi la nostra vera vita anche se certi filosofi lo negano, non conta dunque nulla? Ci fa schifo rappresentarci quali siamo, con le nostre miserie e i nostri piaceri, 1 nostri affanni e- le- nostre speranze? Comunque, è abbastanza significativo, mentre il nonfigurativo è diventato il linguaggio dell'arte ufficiale, dell'arte di moda, e gli editori si affannano a stampar libri sui suoi maggiori esponenti (è di adesso fra l'altro un grosso volume, edito dai Fratelli Pozzo a Torino, su Brani Van Velde), che sul portavoce d'un'importante galleria milanese si possa leggere: «Stanchi d'illusorie purezze e di miraggi abnormi, gli artisti guardano con insistenza crescente verso quelle cose che contano veramente, le figure, le persone...». Sempre a Milano, sul giornale più diffuso della città, è uscito addirittura un burlesco annunzio di morte dell'arte astratta: «Benché parenti e amici preferiscano tenere la cosa nascosta, si ritiene doveroso annunciare, con profondo rimpianto, l'avvenuto decesso dell' arte astratta. I funerali e le relative cerimonie seguiranno a tempo debito. - Parigi, Monaco, Zurigo, Milano, Madrid, Nuova York, San Francisco, Tokio, fine dicembre 1961 ». Su questo immaginario necrologio Dino Buzzati ha intessuto una divertentissima parabola per incitare i giovani artisti, i ragazzi davvero di genio, a non continuare una strada sbagliata, a cogliere su quel cadavere « un'occasione meravigliosa, come non si è mai presentata ». Buzzati non è un critico d'arte, è un fantasioso narratore. Ma è sintomatico che abbia scelto un slmile spunto per un racconto. L'arte astratta non agonizza ancora, mille medici le stanno intorno per tenerla in vita ad ogni costo, perché giganteschi sono gli interessi alla sua sopravvivenza, spirituali e materiali. Ma che dalle parti più diverse si cominci a parlare con insistenza del suo tramonto, è cosa da far riflettere quanti persistono a credere che l'astrattismo sia l'arte del futuro. mar. ber.

Persone citate: Buzzati, Dino Buzzati, Goya, Van Velde