Assolto l'uomo che uccise per difendere la figlia minacciata di morte dal marito

Assolto l'uomo che uccise per difendere la figlia minacciata di morte dal marito lli appello a Genova la sparatoria di Ulva Iaigmar& Assolto l'uomo che uccise per difendere la figlia minacciata di morte dal marito Agì per legittima difesa putativa ■ La vittima era un violento, già condannato due volte per tentato omicidio • Arrestato perché maltrattava la moglie, aveva giurato di assassinarla • Forse il P. G. ricorrerà contro l'assoluzione (Dal nostro corrispondente) Genova, 19 dicembre. La Corte d'Assise d'Appello ha assolto il contadino calabrese Giuseppe Ventrice di 61 anni che il 4 marzo scorso uccise a Riva Ligure (Imperia) il genero Salvatore Solano con sette colpi di pistola. I giudici lo hanno dichiarato non punibile per aver agito in stato di legittima difesa putativa; con questo verdetto, che il presidente Maltese ha letto alle 15 dopo una drammatica udienza, si è conclusa, probabilmente per sempre, la penosa vicenda del contadino e di sua figlia Maria. I Ventrice abitavano a Rosarno, in Calabria, accudendo a una piccola fabbrica di laterizi. Nel '41 la figlia aveva sposato un giovanotto di Siderno Calabro, Pasquale Solano, e ne aveva avuto due figli. La vita coniugale era stata tranquilla sino alla fine della guerra, quando il Solano si era lasciato trascinare da una compagnia di malviventi ed era stato ucciso mentre tentava una rapina a mano armata. Rimasta vedova, Maria Ventrice era stata fatta oggetto di premure da parte dei parenti del marito: una donna ancora giovane e piacente doveva risposarsi e, poiché aveva due bambini' in tenera età, sarebbe stato preferibile se ella avesse sposato il cognato Salvatore. Costui era uno scioperato, violento e dedito al furto: la donna cercò di resistere alle pressioni e vi riuscì per cinque anni, poi dovette cedere. Sposò il cognato nel 1950 e non tardò a pentirsene. Il secondo marito la considerava alla stregua di una schiava da maltrattare e sfruttare. I suoi figlioletti venivano mandati di notte a rubare e, se tornavano a mani vuote, erano percossi duramente dal patrigno e legati al letto con una catena. Il martirio di Maria Ventrice durò due anni. Non fu alleviato neppure dalla nascita di un terzo figlio. Finalmente la donna, disperata, reagì denunciando 11 marito per concubinato, maltrattamenti e lesioni. Il Tribunal* di Palmi Calabro, per le denunce della moglie e per altri fatti, condannò Salvatore Solano a dieci anni di carcere I Ventrice ritennero cosi di aver posto fine alla triste parentesi. Per esserne ancor più sicuri non esitarono a vendere ogni loro bene per trasferirsi in Liguria, stabilendosi come contadini e braccianti a Riva Ligure (Imperia). La loro però, fu soilo una illusione perché nell'ottobre '59 il Solano confinato nella colonia agricola di Pianosa, ottiene una licenza-premio da trascorrere a Rosarno e ordina alla moglie di raggiungerlo. La donna ha paura ed inventa una scusa. < Ti ammazzerò » le manda allora a dire il marito. Un anno dopo, al principio di novembre, il Solano beneficia di una seconda licenzapremio vincolata ancora alla residenza di Rosarno. Egli però raggiunge immediatamente Imperia. Il Solano, infatti, è tornato soltanto per vendicarsi della moglie. Ogni notte la sottopone a inenarrabili torture e le ricorda che, ai compagni di carcere, ha giurato di ucciderla. La donna non sa a chi rivolgersi per aiuto. Il padre, spaventato come e forse più di lei, porta in tasca per ogni evenienza una rivoltella. Cosi, in un'atmosfera di terrore, si arriva alla notte sul 4 marzo. « Questa sarà la tua ultima notte » dice il Solano alla moglie mentre la sevizia e la costringe con la violenza a baciare un tatuaggio raffigurante una tomba. Al mattino tutta la famiglia Ventrice è in allarme. Maria va in campagna e lavora coi congiunti. Nel pomeriggio Salvatore Solano la raggiunge in un magazzino di garofani e le impone di tornare; lei rifiuta: l'energumeno, che in trentacinque anni di vita ha collezionato diciannove denunce, di cui alcune per lesioni e due per tentato omicidio, l'afferra per il collo e la trascina fuori. Ma Giuseppe Ventrice, mingherlino e mite di carattere, si .erge deciso in difesa della figlia. Con la pistola in pugno, è pronto a tutto: « Salvatore, lasciala! » grida al Solano. Poiché questi non gli dà ascolto gli spara addosso scaricando su di lui l'intero caricatore: poi va a costituirsi ai carabinieri. Nel giugno scorso l'Assise di Sanremo non aveva riconosciu to al Ventrice di avere agito per legittima difesa condannandolo ad oltre sette anni d\ carcere. Stamane il bracciante cala- brese è comparso dinanzi alla Assise d'Appello di Genovali P.G. Vital ha chiesto un aumento della pena a complessivi nove anni e nove mesi di reclusione: 1 difensori, avvocati Evelina Cristel e Raimondo Ricci hanno invece rievocato il calvario di padre e figlia per sostenere la non punibilità del contadino. Alla lettura del verdetto di assoluzione si sono levati applausi In aula mentre Maria Ventrice è svenuta. Stasera Giuseppe Ventrice è stato scarcerato ed è partito immediatamente per Riva Ligure: è probabile che il P. G. Vital interponga ricorso per Cassazione. c. m.