E' dovuta ai campioni del volante la popolarità degli italiani in Messico

E' dovuta ai campioni del volante la popolarità degli italiani in Messico E' dovuta ai campioni del volante la popolarità degli italiani in Messico Molti automobilisti portano sul cruscotto i ritratti di Ascari, Bonetto, Villoresi - I messicani hanno un vero culto per le loro macchine dipinte ih giallo limone, blu cielo, rosso garofano; per proteggerle dai graffi dimenticano il temperamento anarchico e accettano la più severa disciplina - Nella capitale il problema dei parcheggi è stato risolto portando le auto in sosta sui tetti delle case (Nostro servizio particolare) Città di Messico, dicembre. Sui cinque e più milioni di abitanti che conta Città di Messico, Rafael è uno dei più allegri perché fa un mestiere che gli piace enormemente Dalle nove del mattino alle nove di sera, se ne sta con uno straccio rosso in pugno in via General Prim e, appena vede giungere un'automobile, lo agita con ampi gestì in su e in giù, di qua e di là, per indicare al guidatore che in quel posto, in un cortile, c'è spazio per parcheggiare. Rafael ha quasi vent'anni, fa questo strano lavoro per dodici ore di seguito, salvo un paio di brevi intervalli dedicati a mettere sotto i denti qualche torcila di granturco con una salsìccia; alla sera ha racimolato sì e no cinque pesos fra mance e salario (poco più di 200 lire), ha la schiena rotta e le braccia indolenzite; ma è soddisfatto ugualmente perché è stato in mezzo alle automobili tutto il giorno, ha potuto accarezzare il cruscotto di diverse fuoriserie ed anche, se la fortuna l'ha aiutato, parlare con qualche autista sulle ultime novità entrate in circolazione. Perché Rafael, come la stragrande maggioranza dei messicani, ha il microbo dell'automobile profondamente radicato nel sangue Alla Une del '60 gli autoveicoli in Messico (comprendendo cioè automobili, camion e pullman) erano 851 mila (uno su 39 abitanti) ; le sole automobili 475 mila (una su 70 abitanti). Sembrano cifre modeste di fronte alla motorizzazione media dell'Occidente (in Italia gli autoveicoli sono 2 milioni 240 mila). Ma il Messico, su una superficie pari a circa quattro volte quella delia Francia, ha solo 35 milioni di abitanti e di questi più di 5 milioni si trovano concentrati nella capitale, assieme ad un abbondante settanta per cento dei veicoli di tutto il paese. Qualche anno fa vi nascevano ingorghi pazzeschi, migliaia di macchine rosse gialle verdi (il messicano adora i colori vistosi, le cromature abba glianti, ognuno vorrebbe che la sua automobile fosse la più lunga, la più larga, la più ap pariscente di tutte) si blocca vano l'una contro l'altra da vanti alle Bellas Artes o lun go la Reforma, senza più riu¬ scire ad avanzare di un metro. Ma adesso^ in questa immensa città che tocca quasi la popolazione di Parigi, ogni spazio possibile è diventato un parcheggio con 1 suoi sbandierato ri come Rafael; le automobili vengono messe a parcheggiare anche sui tetti delle case (fa un certo effetto, dai 240 metri della sommità della Torre Latino-Americana, vedere tutte quelle terrazze punteggiate di quadretti rossi blu e verdi che sono altrettante macchine portate lassù) ; poi il municipio ha disseminato per la città migliaia di semafori, migliaia di sensi unici e divieti di sosta, migliaia di vigili urbani con '1 fischietto appeso alle labbra di giorno, e di notte una lanterna da ferroviere in mano, ed il traffico scivola via abbastanza veloce. Bisogna aggiungere che vìgili, fischietti, lanterne e semafori riguardano unicamente i veicoli: ì,pedoni sono liberi di muoversi come vogliono e quando vogliono. Il fondo anarchico, o almeno superindividualista che sonnecchia nell'animo di ogni autentico messicano, emerge prepotente nel pedone. Si direbbe che qualcuno prenda l'attraversamento di una strada come una corrida, dato che, mentre le macchine gli vengono addosso ruggendo su cinque file affiancate, attende fino all'ultimo momento per spiccare un elegante saltello di, fianco, sfuggendo per un pelo all'investimento, e si vede benissimo che, se potesse, pianterebbe volteggiando due banderillas sul cofano della Chevrolet che l'ha sfiorato con l'impeto dei monumentali parafanghi Lo straniero r he intenda guidare per le vie di Città di Messico resta ben presto vinto dal panico e, per non arrischiare infarto od esaurimento nervoso, preferisce affidarsi ad un tassì Che sono un numero sterminato, costano una miseria e, sebbene i guidatori siano per lo più comunisti, portano tutti una specie d: tabernacoletto sul cruscotto con la lampadina accesa davanti all'immagine di Nostra Signora delia Guadalupe, affinché, salvi sempre, più che l'esistenza del tassista, quella del tassi Cosa sacra, in Messico, come si vede tutti i gior ni Quando due macchine non possono proprio fare a meno di scontrarsi, ì guidatori scendono, ma non imprecano alla mala sorte, tanto meno inveiscono e si insultano; stanno tutti e due a guardare desolati quella portiera sfasciata, quel povero paraurti ammaccato, silenziosi, tristissimi, come schiacciati dal destino davanti ad una sciagura che li abbia travolti. Di questo stato d'animo approfittano gli enti che governano la viabilità con un espediente che non sì vede, crediamo, in alcuna altra parte del mondo. In taluni incroci ritenuti pericolosi, all'inizio di certi tratti di strada (per esempio davanti alle scuole) in cui una velocità eccessiva potrebbe procurare guai, c'è una fila di grosse capocchie di metallo (saranno alte dieci centimetri, con un diametro di venti) che sporge dall'asfalto della strada, attraversandola in tutta la larghezza. Si vedono da lontano, per fortuna, e ci si. prepara a sbatterci dentro premendo sul freno, tirando giù la testa fra le spalle perché non vada a picchiare contro il soffitto, stringendo i denti in attesa del fragoroso scossone che segnala il passaggio delle ruote anteriori sulle capocchie, seguito dal secondo sobbalzo: ed anche le ruote posteriori ce l'hanno fatta. I messicani chiamano questi cosi poZictas dormientes perché è proprio come se i poliziotti della strada si fossero interrati in quel punto per un placido sonno, lasciando fuori, sull'asfalto, soltanto la parte superiore dell'elmetto, ed intanto fanno lo stesso la guardia al traffico: perché non vi è messicano che voglia bene sul serio alla sua automobile che arrivi sopra ai policias ad una velocità superiore ai quattro o cinque chilometri all'ora, in modo che gli scossoni diventino poco più che ruvide carezze alle ruote. Così lo scopo di farli rallentare è raggiunto. Quanto alle corse evidentemente sono tutt'altra cosa. Per vincerle non si bada a fracassare la macchina; e se occorre si fracassa anche il pilota, o si piglia sotto qualche spettatore senza farci poi troppo caso Subito dopo l'attor comico Cantinflas, gli idoli locali sono i fratelli Pedro e Ricardo Rodriguez, che il mese addietro hanno dominato la Mille chilometri di Parigi; e basta ricordare ai messicani il nome della Correrò per vedere 1 loro occhi farsi lucidi di nostalgia. Era una corsa folle dalle frontiere del Guatemala a quelle degli Stati Uniti, quasi tutta sul filo dei duecento chilometri all'ora su strade in gran parte aperte al traffico, punteggiate da cavalli e mucche in libertà, da branchi di avvoltoi troppo pigri per alzarsi in volo. I piloti finivano fuori strada spinti dalla velocità frenetica, gli indios si facevano ammazzare come le mosche spinti dall'entusiasmo fin in mezzo alla strada, e tutto 11 Messico era percorso da un'ondata di isterismo. Ora la micidiale Correrà è stata soppressa, ma ha lasciato dietro di sé, innanzitutto, una scia di ricordi incancellabili che ci interessano da vicino. Anche gli abitanti dei villaggi conoscono i nomi delle grandi marche italiane d'auto, 1 camionisti viag¬ S.1111111111111Li 11iM111111111 i 11111111111111i 11111111111i 1 a a giano con i ritratti di Ascari e di Villoresi appiccicati ai vetri della cabina (o del povero Bonetto, che appunto alla Carrera trovò la morte, rovesciandosi in una curva) ed in genere vige la convinzione che gli italiani siano dal primo all'ultimo formidabili piloti e sommi tecnici del motore, Secondo, e più Importante lascito della folle Carrera, è una rete stradale di primissi mo ordine. Si vedono dapper tutto strade meravigliose, lar ghissime, talune con le aiuole spartitraffico nel mezzo. Su tutte queste mirabili stra de, nel deserto od in monta gna, auto luccicanti color ros so garofano, blu cielo, giallo limone sfrecciano e rombano senza posa; ai lati, a piedi o su un mulo dallo sguardo triste, le osservano senza invidia indios dal volto- di pietra, ultimi eredi del favoloso mondo degli Aztechi. Carlo Morìondo 111 11■ 11111!11111 [ 1E1111111L1E1111111 1 ! ■ 111T1111111