Clamorose rivelazioni nell'istruttoria del P. M. contro il professor La Loggia

Clamorose rivelazioni nell'istruttoria del P. M. contro il professor La Loggia Mentre le richieste di rinvio a giudizio «tonò all'esame del giudice Clamorose rivelazioni nell'istruttoria del P. M. contro il professor La Loggia Il magistrato afferma che lo psichiatra pregò il questore di Agrigento di non far sottoporre ad autopsia il cadavere di Aldo Tandoj - L'accusato ha sempre negato d'aver avuto una relazione con la vedova del commissario - Chiesta l'incriminazione di Leila Motta per calunnia e falsa testimonianza (Dal nostro corrispondente) Agrigento, 16 dicembre. « Il Pubblico Ministero chiede che il Giudice Istruttore ordini il rinvio al giudizio della Corte d'Assise degli imputati Mario La Loggia, Salvatore Calacione e Salvatore Pirrera, per rispondere dei reati loro attribuiti emettendo mandato di cattura, contro gli stessi, e dell'imputata Leila Motta vedova Tandoj per rispondere dèi delitti di calunnia e falsa testimonianza. Voglia dichiarare non doversi procedere contro la Motta in ordine al delitto di concorso in omicidio per non avere commesso il fatto ». Cosi conclude la requisitoria del P. M. dott. Ferrotti in relazione al < gioito » di viale della Vittoria e, secondo alcune indiscrezioni apprese negli ambienti forensi di Agrigento, le accuse attribuite agli imputati Mario La Loggia, Salvatore Calacione e Salvatore Pirrera, sono le seguenti: omicidio aggravato dalla premeditazione, — il primo quale mandante, il secondo quale esecutore materiale, il terzo come cooperato, re immediato — per aver cagionato la morte di Aldo Tandoj e quella, per errore nell'uso dei mezzi, dello studente Antonino Damanti. La Loggia, inoltre, è accusato di detenzione abusiva di armi da guerra unitamente a Salvatore Calacione. La signora Leila Tandoj Motta, pur godendo nelle richieste del P. M dell'assoluzione dall'accusa di concorso in omicidio, deve essere rinviata a giudizio per calunnia doppiamente aggravata in danno del tenente Mario Zurria e di falsa testimonianza per avere taciuto il vero in una deposizione al Procuratore della Repubblica. Questa la sintesi della requisitoria scritta dal P. M. Ferrotti, delle richieste insomma ch'egli, con tale documento, rivolge al giudice istruttore Tumminello. Questi, esaminando il materiale raccolto nel fascicolo, potrà accogliere le istanze, respingerle, oppure I > 11 [ M ! 1111M ] IM1111 ! i M111 ! il 11111 1U11M11 ] I modificarle ed eventualmente] ordinare altre indagini, Il fatto singolare di queste clamorose richieste è costituito dall'assoluta mancanza di una vera e propria novità. Tutti attendevano che il Procuratore della Repubblica di Agrigento chiedesse il rinvio a giudizio dei tre imputati in base ad elementi nuovi, emersi nel corso della istruttoria e non acquisiti in precedenza durante le indagini di polizia. Invece il dott. Francesco Ferrotti si è servito degli stessi indizi che da un anno e mezzo gravano sugli attuali imputati. Il dott. Ferrotti, a quanto si è potuto apprendere, 31 era opposto, nel dicembre dell'anno scorso alla scarcerazione del prof. Mario La Loggia, di Calacione e Pirrera, che il Giudice Istruttore, di sua iniziativa e ritenendo di non aver indiai sufficienti per giustificare la loro permanenza nel carcere giudiziario, aveva deciso improvvisamente. Il Procuratore della Repubblica non ritenne di impugna¬ re il provvedimento del Giudice Istruttore perché, col suo atto, non avrebbe concluso nulla di positivo. Il suo sarebbe stato, allora, un provvedimento destinato a passare inosservato. L'appello del Pubblico Ministero non avrebbe sospeso infatti l'esecuzione dell'ordinanza di scarcerazione e tutto si sarebbe risolto in una interruzione della procedura, in quanto i fascicoli avrebbero dovuto essere trasmessi all'autorità superiore (cioè alla sezione istruttoria della Corte d'Appello di Palermo) per la decisione su una impugnazione del genere. E' evidente oggi che il dott. Ferrotti preferì evitare questa interruzione dell' iter processuale, forse anche per potersi procedere immediatamente al supplemento di istruttoria. Nelle loro linee generali, con molta approssimazione, dato il riserbo che l'istruttoria impone ai magistrati, si è potuto apprendere particolari che gettano una nuova luce sul delitto di viale della Vittoria. La sera del 30 marzo il prof. Mario La Loggia, poco dopo il delitto, si sarebbe incontrato col Questore di Agrigento e gli avrebbe raccomandato di evitare l'autopsia sul cadavere del commissario ucciso, per un espresso desiderio dei familiari della signora Leila Motta. Poco dopo, però, sia il comm Giuseppe Motta come la figlia Leila, interrogati dalla Mobile avrebbero negato di avere espresso questo desiderio. Anzi il comm. Motta sollecitò l'esecuzione della perizia necroscopica. Il Procuratore della Repubblica continuerebbe ad affermare nella requisitoria scritta che la stessa sera del 30 marzo il prof. La Loggia si sarebbe recato a protestare per gli interrogatori cui veniva sottoposta la vedova Tandoj. Sembrerebbe anche che la signora Motta fosse stata interrogata appunto perché gli inquirenti avevano creduto di ritenere sospetto l'atteggiamento cavalleresco del prof La Loggia. In realtà, probabilmente, la vedova venne sentita perché era l'unica testimone in grado di fornire i connotati dell'assassino. Altre indiscrezioni non é stato facile avere. Anche gli avvocati della difesa e delle parti civili hanno mantenuto il massimo riserbo.Si è potuto comunque sapere che la sinno ra Leila Tandoj Motta avreb be ammesso la sua presunta relazione con lo psichiatra, ma che questi sarebbe rimasto ostinato nelle smentite e soltanto dopo si sarebbe deciso ad ammettere qualche « effusione amorosa ». Più volte la signora Tandoj e il prof. La Loggia vennero messi a confronto e al termine di uno di questi drammatici esperimenti — secondo quanto si dice — li prof La Loggia avrebbe querelato per diffamazione la vedova del commissario che gli attribuiva l'adulterio, provocando con ciò un collasso alla signora Tandoj In quell'occasione In donna venne ricoverata in infermeria. Sembra confermato che sia Calacione sia Pirrera abbiano lasciato Favara. Il prof. La Loggia è certo che verrà riconosciuta la sua completa estraneità alla vicenda e che. tutto quanto si è riferito non è altro che il frutto di informazioni sbagliate e di errate interpretazioni di fatti che, per contro, sarebbero spiegabilissimi. Leila Tandoj Motta ha dichiarato: € Era evidente! Ero certa che la Giustizia mi avrebbe riconosciuta innocente >. Quale valutazione farà ora il giudice istruttore di questi episodi t Essi sono degli indisi e .già gli erano noti allorché pose in libertà gli imputati. Il p. M. si è convinto che essi fossero nel l'insieme cosi imponenti da assumere valore di prova ed ha chiesto il rinvio a giudizio del presunto mandante e dei due sicari. Però è possibile che per il giudice istruttore non siano sufficienti a concretare una sicura colpa. Gli avvocati difensori hanno dichiarato che è facile dare una spiegazione a tutti i fatti sui quali poggia l'accusa. e. e. ta signora Danika, a sinistra, moglie del prof. Mario La Loggia, e Leila Motta vedova del commissario Tandoj M11111111 [ 1111111 ] IM111M1111M11M E111 ri 11 ! IM MI f 1111J11L ] ! 111M11 II 111111111M111111 ! I ! 11J II ! 1111111111 :

Luoghi citati: Agrigento, Favara, La Loggia, Palermo