Portava con sé la bambina di tre mesi ogni notte nel suo triste peregrinare

Portava con sé la bambina di tre mesi ogni notte nel suo triste peregrinare Al Valentino: uno dei più sconcertanti episodi di follia Portava con sé la bambina di tre mesi ogni notte nel suo triste peregrinare In corso Massimo d'Azeglio : la sventurata affidava la bimba ad una collega; questa, all'occorrenza, là passava ad un'altra • La notte scorsa una delle dònne scopre che la piccina ha la febbre e la porta nella sua pensione - La madre la cerca disperata e quando la trova impazzisce - Vagava nella gelida nebbia con la sua creatura tra le braccia e urlava : « Me l'hanno avvelenata » - La donna in manicomio, la bimba in ospedale Nel cuore di Torino — una città seria, ordinata, socialmente all'avanguardia fra le città italiane — accadono talvolta fatti sconcertanti. Tre settimane fa una giovane madre, Caterina Perotto di 26 anni, ha deciso di uccidersi. Era avvilita, nauseata della vita di abbrutimento a cui si era ridotta. Aveva una figlia, Franca di 7 anni, che amava d'un affetto morboso, e l'ha trascinata con sé nella tomba, . L'episodio odierno ha alcune affinità con quello. La protagonista è una donna che con Caterina Perotto ha in comune l'ambiente nel quale ha vissuto Ano adesso, l'affetto morboso per la figlia e un fondo di pazzia. Questa sventurata, Dionisia Albertini di 27 anni, abitante in via Barbaresco 22, al Lingottò, è arrivata al punto di vivere la sua squallida vita notturna per le strade della città portando con sé, nella carrozzina, la bimba, Lucrezia, di appena tre mesi. Uno spettacolo incredibile. In corso Massimo d'Azeglio, nel freddo nebbioso della notte, donne sventurate vagano da un fascio di luce all'altro, da un albero all'altro; quando s'incontrano ripetendo lo stesso andirivieni, si fermano a scambiare qualche parola; a tratti ridono rumorosamente oppure canticchiano per attirare l'attenzione. Qua e là si accostano e si fermano delle auto Fra le frequentatrici di corso Massimo d'Azeglio c'è anche l'Albertini. Ma lei non è sola: spinge, nel suo passeggiare notturno, la carrozzella con dentro Lucrezia. Di tanto in tanto la piccina si sveglia, strilla, forse ha freddo, ha fame. La madre si china, le fa tintinnare un gioco, la riad dormenta. Sempre così, quasi tutte le sere, da quando Lucrezia è nata. Anche l'Albertini, come le altre, si. avvicina alle macchine, si china al finestrino, parla con gli uomini. A volte chiama un'amica poco distante, le affida la carrozzella con la bambina e se ne va con i conoscenti improvvi sati. Ma se la giovane che ha preso in consegna la bimba deve a sua volta andarsene, lascia Lucrezia a un'altra. La carrozzella passa di mano in mano Ano a quando non torna la madre che la va a cercare lungo il marciapiede, di ragazza in ragazza. Anche giovedì notte le cose 111 n ii i m 1111 iu i ii i n 11 in ni i li il ii iituii 11 11 nini sono andate in questo modo. Era la mezza quando l'Albertini ha affidato la figlia a una amica. E' tornata all'una e un quarto.. La carrozzina non c'era più. La donna che l'aveva ricevuta faveva consegnata ad un'altra e questa a una terza: questa era sparita e non si sapeva dove avesse messo Lucrezia. La madre, dopo avere cercato affannosamente per 11 corso, è scoppiata in urla, sconvolta da una crisi isterica. < Me l'hanno ammazzata — diceva, — mi hanno ammazzato la mia bambina». Aveva gli occhi stravolti, sì strappava i capelli. Le altre donne si sono raccolte intorno a lei, hanno cercato di calmarla. Gli automobilisti rallentavano incuriositi, poi proseguivano. E' continuata così per una decina di minuti-, e le smanie dell'Albertini aumentavano. Finalmente s'è fermata una macchina, ne. è scesa la donna che per ultima aveva avuto in consegna la bambina. Ha spiegato come erano andate le cose: < Lucrezia piangeva, la sua fronte scottava, allora l'ho portata nella mia pensione». «Dove, dove?» ha chiesto gridando, ormai fuori di sé la madre. L'hanno accompagnata in vìa Tiziano, nella pensione. La bambina si era assopita, al caldo. La donna s'è avventata sulla carrozzella, ha preso Lucrezia, se l'è stretta fra le braccia « Me l'hanno avvelenata — urlava — come faccio, adesso, che me l'hanno avvelenata! ». Poi ha rimesso la bambina ormai ' spaurita nella carrozzella, l'ha portata in strada, s'è avviata verso 11 centro gridando, di tanto in tanto, che le avevano avvelenata la bambina. Verso le due e trenta è entrata nel bar Musso di piazza Castello. Erano presenti un gruppo di orchestrali della Rai, hanno osservato con stupore quella donna dallo sguardo fisso, hanno osservato 'a carrozzella e la bambina. La loro prima impressione è stata quella di avere davanti una pazza. Quasi subito la giovane ha ripreso le sue smanie, le grida, le accuse contro gli avvelenatori. Gli orchestrali hanno telefonato alla questu ra. Sono accorsi due sottufficiali, che hanno portato madre e bambina alla Guardia Medica. Il prof. Amasio ha visitato la donna, l'ha trovata affetta ninni muri li 11 n iiiiiiinii il n nini ti i ti i liuti da mania di persecuzione e pericolosa a sé e agii altri, l'ha fatta internare nell'ospedale psichiatrico di via Giulio. Il brigadiere Rizzo ha portato la piccola Lucrezia alla clinica pediatrica, dove il medico di guardia le ha riscontrato uno stato febbrile con un principio di bronchite. Lucrezia si rimetterà presto perché è sana Pesa oltre cinque chili, ha occhi scuri e vivaci. Ieri è stata oggetto delle amorevoli cure delle suore e delle infermiere. Il personale la conósceva: un mese fa l'Albertini l'aveva fatta ricoverare ritenendola, già allora, avvelenata da mano misteriosa. Rimase alcuni giorni in a u i li 11 111111 j 1111111111:11111 ì ii ■ 11111 ì ■ i ii 1111 osservazione, poi fu dimessa. La desolante vicenda di Dionisia Albertini ebbe inizio circa quattro anni fa Viveva con i genitori e il fratello che ora fa il perito chimico e una sorella, Margherita. Quando il padre morì, lei uscì di casa per seguire un amico. Incominciò la squallida vita quasi subito. Quando era in attesa della bambina visse per cinque mesi in un albergo di via S. Francesco d'Assisi. Sperava che ella piccola Lucrezia accudisse, nelle ore notturne, l'amico, ma quello non, ne volle sapere, e lei la portò con sé. Non si fidava delle balie, perché aveva, paura che gliela avvelenassero. Erano i primi ■ i il li tinti! w 111 : i 11111111111111111111 sintomi della pazzia. Un ma» se fa l'Albertini prese in affitto l'alloggio di via Barbaresco. « Non per me — diceva alle amiche — ma per la mia bimba, - per quando sarà grande ». Nel manicomio di via Giulio, l'infelice ha trovato sua, sorella, anch'essa ricoverata, per un grave esaurimento. Non sì vedevano da due anni. Si sono abbracciate. Dionisia le ha raccontato piangendo che misteriosi individui hanno avvelenato la sua bambina. La sorella ha accennato'alle sue «visioni». Piangevano e parevano persone normali, afflitte entrambe da un grande dolore. l 111 < i iiimiiiiiiiiiimiiiiimiiiiiiiiiB I segni della follia sul volto di Dionista Alberimi, 27 anni. La sua bimba, Lucrezia, è stata affidata alle cure della clinica pediatrica

Luoghi citati: Assisi, Torino