Nasser sembra seguire l'esempio di Castro e fare dell'Egitto il primo Stato arabo socialista di Francesco Rosso

Nasser sembra seguire l'esempio di Castro e fare dell'Egitto il primo Stato arabo socialista LA CARESTIA E LA PERDITA DELLA SIRIA HANNO AFFRETTATO LA RIVOLUZIONE Nasser sembra seguire l'esempio di Castro e fare dell'Egitto il primo Stato arabo socialista I « faraoni », le celebri seicento famiglie che potevano farsi arrivare cibi e vini in aereo da « Chez Maxim's », hanno perduto ogni forza politica ed i patrimoni non espatriati in tempo - Terre e fabbriche sono state distribuite ai lavoratori: i beneficati del regime esaltano. alla televisione i vantaggi ottenuti - Le masse miserabili dei contadini e dei disoccupati li guardano avidamente sugli apparecchi, che il governo ha fatto installare sulle piazze Uno slancio rivoluzionario esiste; è ancora dubbio se il dittatore voglia soltanto rafforzare il suo potere o fare del Cairo la capitale di un contagioso e travolgente socialismo arabo - Intanto fioriscono le storielle - « Dammi un visto d'uscita », avrebbe detto la Sfinge a Nasser rompendo un millenario silenzio (Dal nostro Inviato speciale) . Il Cairo, dicembre. Ampliata dalla sonora vastità del deserto, la voce della Sfinge aveva echi disumani. Quella sera, lo spettacolo era in versione araba e la lingua a me sconosciuta, enfatizzata dal ritmo delle consonanti che rimbalzavano nel buio come sfere metalliche sul marmo, creava una suggestione indefinibile. Un amico mi traduceva il testo, alquanto banale, ma lo pregai di tacere; guarda¬ re mi era sufficiente. L'in canto nasceva non dalle parole, ma dal mistero delle cose, dal volto conturbante della Sfinge proteso a fiutare l'insondabile col naso mutilato, le labbra spaccate, le orecchie mozze, le occhiaie sfrangiate; nasceva dalla rigorosa geometria pietrificata delle Piramidi, testimonianza di una civiltà raffinata e crudele. Se avessero spento i riflettori, l'emozione sarebbe aumentata: sotto il plenilunio che inteneriva il cupo cristallo del cielo e indorava le dune gialle, Sfinge e Piramidi avrebbero acquistato ombre e rilievi che nessuna illuminazione artificiale, per quanto disposta con sapienza, può imitare. Me ne resi conto alla fine dello spettacolo, quando le luci si spensero, la voce tacque, il pubblico sfollò e mi ritrovai solo con l'amico dinanzi ai mostri di pietra che irridevano anche alla luna piena; rabbrividivo, e non saprei dire se per angosciato timore o per le bordate di vento gelido che spazzavano il deserto. Nella fredda luce lunare, la Piramide di Cheope ritrovava la sua dimensione disumana e pensavo ai centomila schiavi che avevano impiegato oltre venfanni a erigerla, sollevando due milioni e mezzo di blocchi ciclopici. Forse, con la sabbia che il vento portava, respiravo anche un po' della loro polvere di uomini senza nome e senza volto, passati sulla terra soltanto per fare splendida la memoria funebre di un monarca. Giunta a quel limite, l'immaginazione urtava contro la realtà attuale, rappresentata da alcuni beduini in sudicia gellaba che chiedevano il bacscis, elemosina e mancia, e mi domandavo se quegli uomini ancora vivi potevano essere saldati con un filo ideale a quelli che mil. lenni prima avevano costruito le Piramidi, ha risposta non è facile, le apparenze possono indurre a giudizi sommari e sbagliati. Se le condizioni materiali degli egiziani odierni non sono molto dissimili da quelle in cui vissero i loro predecessori sotto i Faraoni, i primi possono però sostenere, come affermano i loro orgogliosi gerarchi, di essere sog¬ getto e non oggetto di - storia. Dopo avere parlato di socialismo per alcuni anni, Nasser ha impresso ora un ritmo vertiginoso alla sua politica interna chiamando alla ribalta della vita sociale le affamate masse dei contadini, dei disoccupati, dei miserabili condannati all'inedia che reclamano una fetta, anche esigua, della ricchezza nazionale. TI reddito medio è calcolato sulle trentaduemila lire l'anno a persona: è una somma irrisoria, ma per nulla indicativa se è vero, come ha detto Nasser nel suo recente discorso, che vi erano egiziani con ottocento milioni di reddito l'anno, i quali facevano giungere in aereo i pranzi ordinati da ■: Chez Maxim » a Parigi, mentre in patria milioni di esseri non avevano la quotidiana razione di fave. Dallo scorso luglio, queste differenze sociali non dovrebbero più esistere, nel senso che nessun egiziano è oggi in condizione di telegrafare a Parigi per una particolare terrine de paté, un vino di Borgogna stravecchio e .champagne di una certa annata. Ciò non significa tuttavia che nelle pentole dei milioni di mangiatori di fave sia automaticamente entrato un pezzo di montone ogni venerdì,, giorno sacro ad Allah. TI socialismo proclamato da Nasser ha il sapore di un collettivismo statale privo delle aride astrazioni ateistiche del marxismo, più vicino alle teorie di Fidel Castro che a quelle moscovite. Dopo aver nazionalizzato le proprietà inglesi e francesi, la scure del socialismo nasseriano si è abbattuta sui « faraoni », le seicento famiglie che possedevano praticamente l'Egitto, e su un certo numero di imprenditori stranieri, ai quali è srata sequestrata ogni cosa, anche l'argenteria di casa. E' evidente che i « farao-. ni » hanno trovato modo di' trasferire all'estero parte def loro patrimonio e, in alcuni casi, anche mogli e figli. Al Cairo è rimasto il capo famiglia, sempre sotto l'incubo dell'arresto ' che ha già colpito molti; gli altri membri piangono la forzata separazione sulle nevi di SaintMoritz, o nei tepori di Nizza, aspettando che il babbo li E o o i e a . o raggiunga. E' una speranza che ha scarse possibilità di realizzarsi, gli egiziani che possono uscire dal paese sono passati al filtro delle benemerenze rivoluzionarie, e tra costoro non ci sono i <faraoni». Mentre la Sfinge recitava il suo prologo (« Sono la Sfinge — diceva la voce maschile che si era accollata la responsabilità di evocare la morte —. Rivolta a Oriente ho veduto tante volte sorgere il sole, e per millenni ho taciuto. Ora sono dinanzi a voi e parlo») l'amico che fungeva da interprete trovò modo di raccontarmi una storiella. Al termine del primo spettacolo, Nasser si sarebbe accostato alla Sfinge e le avrebbe detto: «Sono cosi potente da rompere anche il millenario incantesimo del tuo mutismo ». E la Sfinge: « Poiché mi hai dato la voce, voglio chiederti un favore: dammi un visto d'uscita». Che l'Egitto sia tutto una prigione come affermano i nemici del regime nasseriano, non direi; lo è per coloro che dopo la secessione siriana hanno tentato di ripetere Voperazione sulle sponde del Nilo approfittando di condizioni drammatiche, come la devastatrice inondazione del gran fiume che ha distrutto le colture di riso e arachidi, ed il verme del cotone che ha danneggiato oltre metà del raccolto. L'alluvione e la conseguente carestia hanno generato un diffuso malessere tra le classi più misere, ed i nemici di Nasser hanno tentato di sfruttarlo per abbattere il regime. Ma non avevano più forza politica ed i molti milioni spesi per corrompere funzionari e militari non hanno aperto nemmeno una breccia. Subito dopo la secessione siriana, il regime si trovò in serie difficoltà, il prestigio di Nasser sembrò scosso dalla facilità [■ con cui I.siriani avevano riottenuto l'indipendenza; ma i giorni passarono ed il <Rais» ebbe tempo di riassestarsi in sella; la visita di Tito e Nehru al Cairo fu un valido puntello al suo prestigio sul piano internazionale. La secessione siriana gli servì poi come pretesto per abbandonare una politica seguita per anni senza alcun frutto; giunto al potere egli aveva vagheggiato di riunire tutti i popoli arabi sotto la bandiera dell'Islam, cioè dell'Egitto, e la fusione con la Siria era stato il prologo alla grande operazione, che risultò poi costruita sulla sabbia. Svanito il sogno di un impero islamico realizzato con la forza, Nasser ha ripiegato sulla rivoluzione sociale interna presentando l'Egitto come il primo paese arabo che attua il socialismo integrale. Abbattendo i privilegi, annientando i feudatari latifondisti ed i ricchi oziosi, egli intende provocare in tutti gli Stati arabi un violento trauma sociale e indurre le masse islamiche, ovunque miserabili e affamate, a guardare al Cairo come i comunisti di tutto il mondo guardano a Mosca e molti sud-americani all'Avana. La televisione si è rivelata uno strumento di propaganda esplosiva su una popolazione che ha concetti assai iiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiia vaghi del progresso sociale. Poiché gli egiziani sono troppo poveri per comperare un televisore, il governo ha fatto installare alcuni apparecchi nei rioni più popolari del Cairo, file di panche sono state infisse nel terreno e la sera le folle assistono al cinema gratuito. Spettacoli di danze orientali si alternano a film acquistati in America e soprattutto, ad interventi di uomini che fino a ieri non avevano nome, né voce, non diversamente dagli schiavi dei Faraoni. « Il mio padrone — dice un operaio inquadrato sul video —■ era un aguzzino; ora gli hanno sequestrato la fabbrica ed io ho un salario giusto ». « TI mio padrone — dice un contadino — mi costringeva a lavorare diciotto ore al giorno per un pugno di fave; ora gli hanno sequestrato le terre ed un campo lo hanno dato a me ». Spiegata con questa propaganda spicciola, la rivoluzione socialista di Nasser esercita un fascino irresistibile sulle masse derelitte che si nutrono di miseria, ed acquista un crisma umano, se non legale. Fino a questo momento, Vazione del sorridente dittatore egiziano è nella fase del Fidel Castro prima maniera, nazionalizzazioni e sequestri non escludono la vita gaia nei molti night clubs del Cairo e nel Casinò di Mokattam. « Roulette» e rivoluzione sono fatalmente antitetiche; ma i molti turisti che svernano in Egitto, e spendono valuta pregiata, hanno diritto ai loro svaghi, e- non importa se a loro si accoda la nuova borghesia egiziana dei burocrati statali, dei gerarchi della rivoluzione. Come dicevo, non è possibile prevedere se la rivoluzione socialista di Nasser si limiterà a decapitare i ricohi nemici del regime per privarli della loro unica forza, il denaro, o se intende realizzare un collettivismo di marca castrista, o sovietica, che po- larizzi attorno all'Egitto i milioni di arabi sparsi fra l'Africa Settentrionale e il Medio Oriente, e gli consenta di realizzare con rivoluzioni interne negli altri paesi il sogno panislamico che non gli è riuscito con le armi « la propaganda fideistica. TI gioco è scaltro, le diseguaglianze sociali in tutti i paesi arabi sono così stridenti che ogni ipotesi è possibile: anche pensare ad una repubblica popolare in Marocco, persino nell'Arabia Saudita, gonfia di petrolio. Tuttavia, affermare che il Cairo diventerà la Mosca di tutto il mondo arabo comunistizzante potrebbe essere azzardato. Nemmeno la Sfinge, sapiente in enigmi, potrebbe dirlo. B' però sintomatico che, sia pure sotto il velo scherzevole di una storiella, abbia chiesto anche lei un visto d'uscita. Francesco Rosso