Siamo stati in caserma dalla recluta che piange

Siamo stati in caserma dalla recluta che piange Il soldatino triste che ha scritto a " Specchio dei !» Siamo stati in caserma dalla recluta che piange L'incontro a Genova dove è stato trasferito da Asti - Non è un debole : soffre per il suo piccolo mondo lontano - In 24 giorni ha perso sette chilogrammi di peso - Figlio di contadini, si è trasferito a Torino con i genitori, quattro fratelli e quattro sorelle • Per lui la felicità era composta da piccole cose : l'affetto dei suoi cari, il lavoro, la passione per il pianoforte - Come militare è disciplinatissimo - Ma solo a casa era veramente felice (Mostro servizio particolare) Genova, 30 novembre. Visita, in una caserma genovese, alla recluta che piange, al soldatino torinese che sfoga la sua malinconia su Specchio dei tempi, avendo risposte contrastanti: c'è chi lo condanna come una donnicciòla, indignandosi per tanta debolezza e fragilità, c'è chi lo comprende e cerca di confortarlo. Quel misterioso epigono del romanticismo più struggente e malato è riuscito a irritare ed impietosire, restando nascosto, sema nome né volto, quasi improbabile. Nella realtà il soldatino trista è preoccupante. La sua depressione è gravissima: in tk giorni di vita militare (ha indossato la divisa il 6 novembre) ha perduto sette chilogrammi di peso. Ha niiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii le guance infossate e pallide; soltanto le grandi orecchie sono accese, sanguigne, evidentemente per l'emozione causata dal descrivere il suo stato d'animo a un estraneo. Non ne diciamo il nome per non aggiungere alla sua tristezza la probabile derisione dei compagni, reclute allegre, piene di vita, impegnati in ferocissimi scherzi facilmente immaginabili da chi abbia passato qualche tempo in una caserma. E' un ragazzo di statura modesta, magrisslmo. sperduto nella divisa troppo larga, appena imbottita da un farsetto a maglia verde oliva, non ha ancora dato il giuramento, non è dunque un vero soldato ma un coscritto. Ha rapidamente appreso i modi della vita militare: scatta sull'attenti, iniiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiD ad ogni domanda porta le mani sui fianchi anche s'è seduto. Ha i capelli neri, cortissimi, gli occhi neri * fondi, un po' esitanti e anche pazienti, come contadini piemontesi. Ed è infatti figlio di contadini: suo padre, che ha ora 69 anni, ha lasciato il lavoro dei campi da poco tempo, trasferendosi a Torino con la moglie, con i quattro fratelli e le quattro sorelle del soldatino triste, più grandi di lui. « Era una vita felice, troppo felice », ripete il ragazzo con forte accento torinese. La sua felicità era composta da modestissime parti: il lavoro come meccanico a undicimila lire la settimana, i pasti con la mamma, il papà ed i tre fratelli rimasti in famiglia (gli altri sono sposati), le serate in casa a veder la televisione, a leggere e a scrivere, le domeniche a suonare il pianoforte. Ecco quel che colpisce nel ragazzo: la straordinaria capacità di amare genitori, fratelli, lavoro, vita di casa. E' disperato soltanto per il distacco dal suo piccolo mondo, che ad altri potrebbe sembrare mortificante. Ripete: €Non è la vita militare che mi opprime, è la lontananza da casa ». Ed ecco la rivelazione: il soldatino triste, quand'era a Torino, scriveva e suonava. Aggiungiamo, senza sospetto: scriveva poesie ed eseguiva al pianoforte sue composizioni musicali. Gli chiedo di recitarmi qualche verso; le orecchie si fanno di porpora, mentre il viso resta pallidissimo. Il'soldatino rifiuta: « Scrivo per me, quando sono solo nella mia stanzetta». Soggiunge: *Bo fatto soltanto la V elementare ». Gli domando quale strumento suoni: il pianoforte. «E' suo/» Gli occhi neri mostrano grandis sima stupore, quasi smarrimento: € No, no, costa troppo caro, ne avevo preso uno a no>leggio ». Immagino i commenti. Il senso comune condanna il ragazzo. Tutti diranno: « Bisogna scuoterlo, farne un uomo, la vita di caserma lo metterà a posto ». E ancora: < E' ridicolo, è vittima del mammismo, è un esibizionista perché comunica le sue pene a un giornate ». / più pietosi diranno: < E' un malato di nervi, lo curino i medici ». SI può escludere, però, che sia una femminuccia o un ragazzo viziato. E' disciplinatissimo, è sempre pronto fra i primi, esegue gli ordini. Ha l'abitudine al lavoro e alla vita dura: a casa si alzava ogni mattina alle sei, lavorava fino a sera per arrotondare il guadagno con lo straordinario. Non si lamenta affatto della vita di caserma. Il suo tenente, un ragazzo biondo altissimo, gonfio di salute, lo guarda con apprensione. Gli promette permessi per farlo andare a Torino, lo interroga per sapere se in caserma soffre per qualche disagio particolare. Sfa il soldatino triste scrolla 'e ore"' \e rosse: « No, no, non è la vita di soldato che mi pesa, non è la caserma, non *sono i compagni, non è il vit¬ ailiiiiiifiiiiiiiiitiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiisiito ». E sembra implorare uno sforzo per comprenderlo: < E' la lontananza». Da Genova a Torino, poco più di due ore ai treno. Ma sarebbe ugualmente triste a Chivasso, a Chieri. Era già disperato agli inizi della vita militare ad Asti. La sofferenza viene dall'aver lasciato la vita di tutti i giorni, la sua stanzetta, la solitudine calma e serena che si riempiva di poesia, forse infantile. < Continuano a domandarmi se ho sofferto qualche grossa delusione, se ho avuto gravi malattie. Perché queste domande t Io qui sono triste sino a desiderare di morire soltanto perché a casa ero veramente felice ». La frase potrebbe essere illuminante. Ma continuiamo a scavare: viene fuori un ritratto degno di meditazione. Il ragazzo torinese non beve, non fuma, neppure una sigaretta: risparmiava i quattrini per pagare il noleggio del pianoforte, dovendo contribuire con buona parte della paga di meccanico al mantenimento della famiglia. Gli piace assistere alle partite di calcio: ma rinunciauà a frequentare lo stadio torinese sempre per risparmiare. E' religioso ma non bigotto: c Ho l'abitudine di rivolgere un pensiero a Dio ogni sera, prima di dormire ». E' un ragazzo sano, normale; ha la fidanzata, che gli scrive spesso. Come può dunque quest'uomo di vent'anni disperarsi tanto, fino a preoccupare visibilmente i suoi ufficiali, non certo inclini a considerare con indulgenza tali debolezze t Ma è veramente un debolet < Molti si mostrano forti recitando nella vita con la voce grossa», dice Marc'Aurelio. Potrebbe essere un saggio: non si preoccupa di esser giudicato, né di esser disonorato seguendo i suoi sentimenti e la sua coscienza. Forse, più modesto, è un ragazzo a disagio nella vita. Gli abbiamo detto che anche ai sensitivi, agli eccezionali l'esistenza richiede adattamento e sopportazione, in nome del dovere verso la società. Superato con l'aiuto della filosofia il periodo di ambientamento, la vita militare, lontano da casa, potrà giovargli. Serviranno riflessioni e consigli, più che la rudezza, per fare della recluta triste un uomo consapevole. Mario Fazio

Persone citate: Mario Fazio